I Poeti Maledetti e il Simbolismo
Hai mai sentito parlare dei "poeti maledetti"? Sono giovani ribelli francesi come Rimbaud, Verlaine e Mallarmé, precoci, poveri e destinati a morire giovani. Nel 1886 sottoscrivono il manifesto del simbolismo, rivoluzionando non solo i temi ma soprattutto la forma poetica.
Arthur Rimbaud rappresenta l'estremo della rivoluzione simbolista. Nella "Lettera del veggente" dichiara di voler "farsi veggente", vedere ciò che gli altri non sanno vedere. Il suo obiettivo? Esplorare se stesso attraverso l'esperienza cosciente del male, non la purificazione.
Il linguaggio diventa sempre più raffinato e criptico, a volte quasi incomprensibile. Le cose non vengono dette esplicitamente ma evocate attraverso simboli. La poesia si fa irrazionale, usando figure retoriche per portare alla luce un linguaggio pre-logico.
Nel sonetto "Vocali", Rimbaud associa colori alle vocali (A nera, E bianca, I rossa...) attraverso libere associazioni senza significato logico. È poesia pura, fatta di suoni e visioni piuttosto che di concetti.
Paul Verlaine in "Languore" si rappresenta come "l'impero alla fine della decadenza" che guarda passare i barbari. È la metafora perfetta del poeta decadente: osserva il mondo da lontano, senza parteciparvi, componendo "acrostici indolenti" mentre tutto crolla intorno.
Attenzione: Questi poeti anticipano tecniche che ritroveremo in Pascoli (fonosimbolismo) e nell'arte moderna (espressionismo).