La morte di Clorinda: sacrificio e redenzione
Nel Canto XII Tasso racconta la storia di Clorinda e la sua impresa finale. Per incendiare la torre mobile cristiana deve indossare un'armatura rugginosa che non rifletta la luce, rinunciando alla sua identità visiva consueta.
Arsete, l'eunuco che l'ha allevata, racconta la sua vera origine: figlia della regina d'Etiopia, nata bianca dopo le preghiere a San Giorgio, affidata ad Arsete per paura del re. Il parallelo è evidente: San Giorgio libera la fanciulla dal drago, Clorinda salva Olindo e Sofronia dalle fiamme.
Durante l'infanzia, una tigre l'allatta quando Arsete fugge spaventato - da qui il cimiero della tigre sul suo elmo. Arsete non la battezza mai, nonostante l'apparizione di San Giorgio in sogno.
L'incendio della torre riesce, ma Clorinda resta chiusa fuori dalle mura. Tancredi la sfida a duello senza riconoscerla. Combattono fino allo sfinimento, corpo a corpo. All'alba Clorinda si rivela "donna dalla femminilità calda", non più "Virgo militans".
Prima di morire chiede il battesimo e perdona Tancredi. Lui le toglie l'elmo, la riconosce e resta pietrificato, ma trova la forza di battezzarla: "le dà vita con l'acqua" al contrario del ferro che causa morte.
Simbolismo profondo: La morte di Clorinda è redenzione - conciliazione con la sua vera natura femminile e cristiana.