La Prima Satira: Il Rifiuto dell'Ungheria
Ariosto inizia con tre domande provocatorie rivolte ai destinatari, ironizzando sull'adulazione tipica delle corti rinascimentali. Descrive come tutti riempiano di complimenti eccessivi i potenti, anche quando questi dicono assurdità evidenti.
Il poeta elenca le sue ragioni per rimanere a Ferrara invece di seguire Ippolito: non sopporta il freddo ungherese, le stufe lo farebbero ammalare, dovrebbe vivere in una sola stanza facendo tutto lì dentro. Inoltre, il vino speziato e i cibi con troppe spezie gli sono vietati dal medico.
La parte centrale della satira rivela la delusione di Ariosto verso il rapporto con il mecenate. Ippolito gli dava solo 25 scudi ogni quattro mesi, spesso in ritardo, e apprezzava più le missioni diplomatiche che la poesia dell'Orlando Furioso.
Metafora chiave: L'apologo dell'asino nel granaio rappresenta perfettamente la situazione di Ariosto - come l'asino che deve vomitare per uscire dalla trappola, così il poeta deve "sputare il rospo" e liberarsi dalla servitù dorata della corte.