Nel capitolo 9 de "I promessi sposi", Manzoni ci presenta la tragica storia della monaca di Monza, Gertrude, una figura complessa e tormentata.
La giovane Gertrude, figlia di un principe potente, viene costretta fin dall'infanzia a intraprendere la vita monastica contro la sua volontà. Il padre, determinato a preservare il patrimonio familiare per il figlio primogenito, manipola psicologicamente la figlia, creando un ambiente dove ogni sua scelta viene indirizzata verso il convento. Questa pressione costante plasma la personalità di Gertrude, generando in lei un profondo conflitto interiore tra il desiderio di libertà e l'impossibilità di sfuggire al suo destino.
I tormenti di Gertrude si manifestano anche dopo la sua entrata in convento, dove diventa la Signora di Monza. Nonostante il suo ruolo di prestigio, il suo animo rimane inquieto e vulnerabile. Questo la porta a intrecciare una relazione con Egidio, un giovane nobile corrotto che vive vicino al monastero. Questa relazione proibita rappresenta per Gertrude sia una forma di ribellione contro la vita monastica impostale, sia l'inizio di una spirale discendente che la porterà a compiere azioni sempre più gravi. La storia di Gertrude diventa così un esempio potente di come le imposizioni familiari e sociali possano corrompere un'anima, trasformando una vittima in carnefice. Manzoni utilizza questa figura per criticare il sistema sociale dell'epoca che permetteva simili abusi e per esplorare le conseguenze psicologiche di scelte forzate sulla personalità umana.