Giacomo Leopardi: Il Poeta Pessimista
Nato a Recanati nel 1798 in una famiglia nobile, Giacomo Leopardi ricevette un'educazione estremamente rigida. Trascorse gran parte della sua giovinezza nella biblioteca paterna, dedicandosi a quello che lui stesso definì uno studio "matto e disperato", che compromise gravemente la sua salute. Insofferente verso i luoghi natali, dopo alcuni viaggi attraverso l'Italia si stabilì infine a Napoli, dove morì nel 1837.
Le opere principali di Leopardi comprendono Lo Zibaldone, una raccolta di pensieri sulla vita e sulla filosofia scritta tra il 1817 e il 1832, e I Canti, una collezione di poesie pubblicata nel 1831 divisa in Piccoli Idilli e Grandi Idilli. Altre opere significative includono l'Epistolario (raccolta di lettere) e le Operette Morali, 24 prose principalmente in forma di dialoghi tra personaggi reali o immaginari.
Il pensiero di Leopardi è caratterizzato da un'evoluzione del suo pessimismo. Inizialmente esprime un "Pessimismo Individuale", credendo di essere l'unico infelice mentre gli altri vivono spensierati. Successivamente sviluppa un "Pessimismo Universale", riconoscendo l'infelicità come condizione comune a tutti gli esseri umani. Infine giunge al "Pessimismo Cosmico", estendendo la sofferenza a tutti gli esseri viventi.
Nota importante: Per Leopardi, la causa dell'infelicità umana è la natura, che lui descrive come una "matrigna cattiva" che crea nell'uomo speranze e illusioni per poi deluderle. Nonostante questa visione cupa, Leopardi suggerisce che l'uomo possa trovare rifugio dall'infelicità attraverso la poesia.