"Canto notturno di un pastore errante dell'Asia"
Leopardi si ispira a un articolo sui pastori nomadi del Medio Oriente che di notte inventavano canzoni per tenersi compagnia. La metrica è irregolare, funzionale al ritmo del discorso.
Prima strofa: Molte domande alla luna, paragonando la sua vita sempre uguale a quella del pastore. Non ti sei stancata di ripetere le stesse orbite eterne?
Seconda strofa: La vita umana come un vecchietto carico che viaggia faticosamente tra montagne e intemperie, finché arriva alla meta: "un abisso orrido, immenso" dove "precipitando, il tutto obblia" - la morte.
Terza strofa: Perché mettere al mondo un bambino che subito piange e deve essere consolato di essere vivo?
Differenza con Petrarca: Leopardi riprende l'immagine del vecchietto pellegrino, ma in negativo - non c'è meta salvifica, solo il nulla.
Quarta-quinta strofa: Forse la luna, eterna e solitaria, conosce il senso di tutto. Il pastore usa tre volte "forse" per i suoi dubbi, ma è "certo" che qualcuno la risposta la sa. Il gregge è beato perché si accontenta, mentre l'uomo è tormentato dal tedio.