Natalia Ginzburg: gli anni della guerra e dell'impegno politico
Nel 1938 Natalia sposò Leone Ginzburg, prendendone il cognome, ed ebbe da lui tre figli. Allo scoppio della guerra, Leone, che aveva perso la cittadinanza italiana a causa delle leggi razziali, fu internato a Pizzoli. Dopo il crollo del regime di Mussolini, Leone riprese l'attività editoriale e politica a Roma, ma con l'occupazione nazista fu arrestato e morì in carcere nel febbraio 1944 in seguito a torture.
Dopo la morte del marito, Natalia si nascose in un convento di Orsoline, poi si riparò a Firenze dalla zia. Tornò a Roma per lavorare e tentò il suicidio a causa della lontananza dei figli e dei genitori. Nel 1945 tornò a Torino, andò ad abitare dai genitori e divenne redattrice dell'Einaudi insieme a Pavese.
💡 Nelle sue opere, Ginzburg trasforma la memoria personale in letteratura universale: partendo da esperienze autobiografiche, crea storie in cui ogni lettore può riconoscersi.
Nel 1950 sposò Gabriele Baldini, da cui ebbe altri due figli. Continuò la sua attività letteraria e editoriale, collaborando con vari giornali come "La Stampa" e il "Corriere della Sera". Nel 1983 entrò in politica, candidandosi alla Camera dei Deputati come indipendente nelle liste del PCI. Visitò spesso le carceri italiane e si oppose fermamente al cambio di nome del partito.
Negli ultimi anni si dedicò a una ricerca su Manzoni che si concretizzò in "La famiglia Manzoni", con cui vinse il premio Bagutta. Morì nella sua casa a Roma il 7 ottobre 1991, dopo aver lavorato fino a due giorni prima della morte.
Le opere di Natalia Ginzburg
Natalia Ginzburg scrisse molte riflessioni e memorie sulle fantasticherie, malinconie e paure dell'infanzia. I suoi scritti si staccano dalla persona che li firma, diventando specchi nei quali ciascun lettore può riconoscersi. Gli scrittori da lei più amati furono i russi come Čechov, Dostoevskij e Tolstoj.
Il suo primo romanzo fu "La strada che va in città" (1942), pubblicato da Einaudi sotto lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte a causa delle leggi razziali. È un breve romanzo in cui dominano i personaggi femminili e un senso di dispersione dei rapporti umani.
"Lessico famigliare" (1963) è considerato il suo capolavoro: racconta la storia di una famiglia ebrea torinese durante il fascismo fino ai primi anni cinquanta, un'autobiografia comunitaria ricostruita a partire dal gergo quotidiano dei Levi. Vinse il premio Strega ed è un romanzo di cose vere, ma senza date e con qualche reticenza.
Nel corso della sua carriera, Natalia scrisse anche numerose commedie teatrali, iniziando con "Ti ho sposato per allegria". Con gli anni, i suoi personaggi mutarono: i personaggi maschili assunsero ruoli più importanti e i rapporti familiari divennero più penosi. L'ultima commedia, "L'intervista" (1988), coglie il senso profondo dei mutamenti che hanno stravolto l'Italia.