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5/10/2022
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CAPITOLO 1 Alessandro Manzoni apre il suo romanzo presentando i luoghi che faranno da sfondo alle vicende principali dei Promessi Sposi: il lago di Lecco, i monti che lo circondano, i campi e le stradine, il fiume Adda, la città di Lecco ed i paesini circostanti. La città di Lecco dà subito all'autore lo spunto per accennare con ironia alla dominazione spagnola e ai soldati stranieri che insegnavano la modestia alle fanciulle e alle donne del paese; e, sul finir dell'estate, non mancavano mai di spandersi nelle vigne, per alleggerire a contadini le fatiche della vendemmia, intendendo chiaramente gli stupri, le violenze, i furti ed i soprusi commessi da loro. Lungo una di quelle stradine, il giorno 7 Novembre dell'anno 1628, Don Abbondio, al termine della sua passeggiata quotidiana, sta tornando verso casa leggendo il breviario. Ad un certo punto, il curato vede fermi due uomini e dai loro comportamenti capisce subito che sono li per lui. L'aspetto dei due uomini indica chiaramente che si tratta di 'bravi': hanno capelli lunghi raccolti in una reticella, dalla quale esce solo un grande ciuffo che ricade loro sulla fronte, e sono equipaggiati con spadone, coltelli e pistole. I due malviventi si incamminano verso Don Abbondio, che prima valuta possibili vie di fuga, poi cerca di ricordare...
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eventuali torti fatti a uomini potenti, infine accelera il passo correndo quasi loro incontro, perché non potendo evitare il pericolo cerca almeno di ridurre l'angosciante attesa. I bravi non nascondono loro missione: obbligare con minacce Don Abbondio a non celebrare il matrimonio tra Renzo Tramaglino e Lucia Mondella. Il curato è terrorizzato dai due uomini, ad incutere in lui una paura ancora maggiore è il nome del loro mandante: Don Rodrigo. Don Abbondio per sua natura non può quindi che dichiararsi disposto all'obbedienza. Cerca però almeno di farsi dare suggerimenti su come agire, ma i due bravi hanno però ormai svolto la loro missione, salutano il curato e lo lasciano solo con la sua disperazione. Vivendo in una società spietata ed essendosi reso subito conto d'essere, in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro, non essendo nato nobile, né ricco e né tantomeno coraggioso, Don Abbondio aveva da giovane ubbidito di buon grado ai parenti, che lo volevano prete. La sua non era stata pertanto una vocazione, ma solo la necessità di entrare. a far parte di una classe forte e riverita. Durante tutta la sua vita aveva quindi cercato di tenersi fuori da ogni contesa, di cedere in quelle che doveva inevitabilmente affrontare, di non prendere mai posizione, se non al limite, quella del più forte, senza però esporsi troppo. Si può quindi ben capire quale fosse la disperazione e lo sconforto di Don Abbondio in quel momento, inveisce prima contro Renzo e poi contro Don Rodrigo. Giunto infine a casa, il curato non riesce a nascondere il proprio stato d'animo alla sua serva, Perpetua, che subito cerca in ogni modo di conoscere il suo segreto (i bravi l'hanno minacciato anche di non dir niente a nessuno). La volontà di trovare conforto in una persona fidata è troppo grande nel curato anche la volontà di Perpetua di conoscere gli avvenimenti lo altrettanto, dopo aver più volte fatto giurare la donna di non dire niente a nessuno, Don Abbondio finisce quindi per confessarle tutto. Perpetua suggerisce al suo padrone di chiedere l'intervento dell'arcivescovo. Don Abbondio non accetta il consiglio, temendo sempre più che il suo segreto diventi di dominio pubblico. Lascia la sua donna e si rifugia nella sua camera da letto, non prima di aver chiesto ancora una volta alla serva di mantenere il silenzio.