Il movimento operaio e il socialismo
Dagli anni '70 si consolida il movimento operaio in opposizione al nazionalismo. Dopo la depressione del 1873, contadini e artigiani diventano operai, formando una vera classe sociale separata dal mondo borghese.
Alla fine dell'800, due terzi di chi lavora nelle grandi città è impiegato nelle industrie. Essere proletari (avere come unica ricchezza la prole) diventa condizione comune a milioni di persone. Nella produzione "a catena" tutti lavorano 10-14 ore al giorno, riposando solo la domenica.
Nascono i sindacati per tutelare diritti e interessi dei lavoratori. L'Inghilterra è il paese dove si sviluppano di più. Gli scioperi diventano strumenti decisivi per la loro crescita.
Fondamentale: Il socialismo diventa l'ideologia in cui la classe operaia si riconosce collettivamente.
I partiti si chiamano "socialisti" o "socialdemocratici". Secondo Karl Marx, il capitalismo produrrà le contraddizioni da cui nascerà una società più giusta ed egualitaria, fondata sulla collettivizzazione dei mezzi di produzione.
Marx non è pacifista: incita alla rivoluzione per eliminare il capitalismo (proprietà privata e profitto) che opprime le masse lavoratrici. Il marxismo si differenzia dall'anarchismo, che pure aspira all'uguaglianza ma rifiuta ogni organizzazione.
Si formano due idee diverse di socialismo: i riformisti vogliono piccole conquiste graduali dentro il capitalismo; i rivoluzionari puntano alla rottura totale del sistema per instaurare il socialismo.
Il positivismo alimenta la fiducia assoluta nella scienza: la conoscenza scientifica può essere applicata allo studio dell'uomo e della società. Questo ottimismo, rafforzato dal lungo periodo di pace 1870-1914 (la "Belle époque"), spinge l'umanità verso modernità e progresso.