La guerra di Libia e la crisi del sistema giolittiano
Nel 1911 l'Italia decise di conquistare la Libia, sostenuta da liberali, nazionalisti, industriali e persino cattolici che la vedevano come una "crociata civilizzatrice". L'opinione pubblica fu manipolata dalla stampa favorevole all'impresa.
La guerra italo-turca si limitò alle coste (Tripoli, Cirenaica, Rodi, Dodecaneso) e si concluse nel 1912 con il trattato di Ouchy. Costò molti morti e denaro, ma ebbe conseguenze politiche devastanti.
All'interno, il nazionalismo si rafforzò mentre il Partito socialista entrò in crisi. Nel congresso di Reggio Emilia (1912) furono espulsi i moderati Bonomi e Bissolati, mentre emergeva un nuovo leader rivoluzionario: Mussolini. Le elezioni del 1913 furono le prime a suffragio universale maschile.
Per evitare una svolta a sinistra, Giolitti firmò il patto Gentiloni con i cattolici, vincendo le elezioni. Tuttavia, nel 1914, vedendo il sistema in crisi, si dimise. Il suo successore Salandra dovette affrontare la "settimana rossa", una fase di violenti conflitti sociali.
🎯 Punto chiave: La guerra di Libia segnò la fine dell'equilibrio giolittiano, radicalizzando socialisti e nazionalisti e aprendo la strada all'intervento nella Prima Guerra Mondiale.