La Marcia su Roma e la fine dell'Italia liberale
Davanti alla debolezza del governo Facta, i fascisti intensificano le violenze. Il Partito Socialista, diviso dalle scissioni (nasce il Partito Socialista Unitario di Matteotti), non riesce a opporre resistenza efficace.
Nell'ottobre 1922 Mussolini vede l'occasione per il colpo decisivo: la Marcia su Roma. La notte tra il 27 e 28 ottobre poco più di 25.000 camicie nere convergono sulla capitale.
Facta si prepara a resistere con l'esercito, ma Vittorio Emanuele III commette l'errore decisivo: rifiuta di firmare lo stato d'assedio. Il re, forse per paura o calcolo politico, apre la strada al fascismo.
Facta si dimette, Mussolini (che era rimasto prudentemente a Milano) negozia e ottiene l'incarico di formare il governo. Il 29 ottobre il re glielo conferisce ufficialmente.
Il 30 ottobre 1922 il "Duce" arriva a Roma e presenta un governo di coalizione: non solo fascisti, ma anche liberali, popolari, democratici e militari. Promette di rispettare le libertà dello Statuto albertino.
Fine di un'epoca: L'Italia liberale muore non per una rivoluzione, ma per la debolezza delle istituzioni.