Riforme fiscali e successione di Diocleziano
La riforma fiscale di Diocleziano introduce un censimento delle attività commerciali e un catasto delle terre coltivabili. Le imposte vengono calcolate sulla base dell'estensione delle proprietà, cercando di non impoverire troppo i piccoli proprietari. Tuttavia, poiché ogni provincia deve versare un importo fisso, le autorità locali iniziano a costringere anche i coloni a contribuire, aumentando ulteriormente la pressione fiscale.
Per contrastare l'inflazione, Diocleziano emana l'Editto dei prezzi che impone un prezzo massimo sui prodotti, con pena di morte per i trasgressori. Questa misura fallisce e porta allo sviluppo di un mercato nero.
L'Editto dell'ereditarietà dei mestieri obbliga i figli a seguire la professione dei genitori, nel tentativo di evitare che le persone abbandonassero il lavoro per sfuggire alle tasse. Questa misura, però, crea una situazione socialmente statica.
Nel 305 Diocleziano abdica e costringe anche Massimiano a ritirarsi. I due Cesari, Costanzo Cloro e Galerio, salgono al trono. Il meccanismo di successione, però, dura solo un anno: alla morte di Costanzo Cloro, i suoi soldati proclamano imperatore il figlio Costantino, ritornando così al principio dinastico.
💡 Nonostante le intenzioni di Diocleziano, il suo sistema di successione fallì rapidamente. Questo dimostra quanto fosse difficile riformare un impero ormai in profonda crisi strutturale.
Dopo vari scontri, nel 324 Costantino sconfigge Licinio e diventa unico imperatore, dando inizio a un nuovo capitolo della storia romana che durerà fino alla sua morte nel 337.