Italo Svevo e il romanzo psicologico
Italo Svevo (1861-1928), pseudonimo di Ettore Schmitz, nasce a Trieste in una famiglia ebraica benestante. La città multiculturale lo mette in contatto con la cultura tedesca e mitteleuropea, influenzando profondamente la sua formazione letteraria.
Dopo studi commerciali in Germania, lavora nella banca paterna e poi nell'industria del suocero, scrivendo nel tempo libero. I primi due romanzi ("Una vita" 1892 e "Senilità" 1898) passano inosservati, spingendolo ad abbandonare temporaneamente la scrittura.
L'incontro con James Joyce nel 1907 (che insegnava inglese a Trieste) cambia tutto. Joyce incoraggia Svevo a riprendere a scrivere e diventa suo grande sostenitore, contribuendo al successo del capolavoro "La coscienza di Zeno" (1923).
La poetica sveviana ruota attorno alla figura dell'"inetto": un personaggio debole e inadeguato che non riesce ad adattarsi alle convenzioni borghesi. L'inetto vive in costante disagio e fallimento, sentendosi estraneo alla società che lo circonda.
💡 Innovazione narrativa: Svevo introduce in Italia il romanzo psicoanalitico, esplorando l'inconscio dei personaggi con tecniche innovative.
Fortemente influenzato da Freud, Svevo esplora la complessità dell'inconscio attraverso introspezioni dettagliate, monologhi interiori e narrazione in prima persona. I suoi personaggi si confrontano continuamente con malattia, vecchiaia e morte, riflettendo sulla fragilità della condizione umana.