La riflessione filosofica
Nella seconda parte, Leopardi passa dalla descrizione alla riflessione filosofica, rivelando il suo pessimismo con sottile ironia. Il piacere, ci dice il poeta, è semplicemente "figlio d'affanno" - nasce cioè dal dolore che è appena terminato.
La gioia provata dagli abitanti del borgo è solo un'illusione temporanea che deriva dalla cessazione della paura. Durante la tempesta, le persone hanno tremato, sono impallidite e hanno temuto la morte, vedendo fulmini, nubi e vento scagliarsi contro di loro.
Leopardi si rivolge alla natura chiamandola ironicamente "cortese", sottolineando come i suoi presunti doni siano in realtà sofferenze distribuite "a larga mano". Il piacere è così raro che quando appare, anche se piccolo, sembra un grande guadagno.
🔍 Rifletti: la teoria del piacere di Leopardi sostiene che l'unica gioia possibile è l'assenza del dolore. Ti sembra una visione realistica o troppo pessimistica?
Il poeta conclude con amara ironia, definendo gli uomini "felici" se possono respirare dopo un dolore, e "beati" se la morte li libera da ogni sofferenza. Il pessimismo leopardiano raggiunge qui il suo culmine: la vera felicità si troverebbe solo nella fine definitiva di ogni dolore, cioè nella morte.