Il De Vulgari Eloquentia: La Rivoluzione Linguistica di Dante
Immagina di voler convincere tutti che la tua lingua parlata può diventare "alta" quanto il latino! Questo è esattamente quello che fa Dante con il De vulgari eloquentia, scritto in latino per raggiungere gli intellettuali dell'epoca.
Il problema era concreto: nel 1300 non esisteva ancora un volgare codificato con regole precise per la letteratura. Dante propone quindi agli intellettuali di tutta Italia di collaborare per creare questa nuova lingua "illustre". Le caratteristiche che deve avere sono quattro: cardinale (termini base fondamentali), illustre (luminosa e capace di dare prestigio), regale (elegante) e curiale (degna delle corti).
Il primo libro dimostra la superiorità del volgare sul latino. Per Dante il volgare è una lingua naturale (imparata dalla nascita), mentre il latino è artificiale. Nell'Europa medievale esistevano tre grandi lingue: la lingua d'oil, la lingua d'oc e la lingua del sì parlata dagli italiani.
Il secondo libro funziona come un manuale di retorica: stabilisce che solo i poeti colti possono usare il volgare illustre, e solo per temi elevati (amore, politica, morale). La forma poetica più adatta è la canzone con lessico sublime.
💡 Curiosità: L'opera si interrompe bruscamente! Probabilmente Dante aveva previsto altri due libri dedicati alla prosa e allo stile comico.
Nella pratica, Dante usa il plurilinguismo: verticale (la lingua si eleva progressivamente) e orizzontale (linguaggio basso che può elevarsi in certe situazioni), creando quel mix linguistico che rende unica la Divina Commedia.