Giuseppe Ungaretti è nato ad Alessandria d'Egitto nel 1888. I suoi genitori erano di origini Lucchesi e si erano sposati lì perché il padre lavorava come operaio per un canale. Purtroppo, il padre morì quando Giuseppe era ancora piccolo a causa di una malattia contratta sul cantiere. Dopo la morte del padre, sua madre prese in mano le redini della famiglia aprendo un piccolo forno. Nonostante le difficoltà, la sua infanzia fu serena e tranquilla. A 17 anni riuscì a frequentare un prestigioso liceo ad Alessandria.
Studi in Europa e prima guerra mondiale
Una volta conclusi gli studi liceali, si spostò in Europa, soprattutto a Parigi, dove arrivò nel 1912 a 24 anni. Qui frequentò i corsi della Sorbona, soprattutto conosciuta per gli studi letterari, con la guida anche di Henri Bergson. Durante il suo periodo a Parigi, venne a contatto con autori della poesia decadente di fine secolo e conobbe anche gli artisti più importanti dell'epoca, come Modigliani, Apollinaire, De Chirico e Picasso. Iniziò a scrivere le prime poesie nel 1915, anno in cui, dopo essere rientrato in Italia un anno prima, partì anche come volontario per la prima guerra mondiale.
Matrimonio, fascismo e opere successive
Durante la guerra, si spostò in diverse località, tra cui Parigi, e si innamorò di una ragazza francese che poi sposò, da cui ebbe due figli, un maschio e una femmina. Dopo la guerra, si trasferì a Roma e decise di aderire al fascismo, credendo che un potere forte potesse riorganizzare al meglio la nazione post guerra. Iniziò a lavorare come ministro degli esteri, scrisse saggi e lavorò come giornalista. Nel 1933 pubblicò un'altra raccolta, "Il sentimento del tempo", in cui è evidente la sua adesione all'ermetismo. Nel 1947 pubblicò "Il dolore", una raccolta in cui confluiscono i suoi sentimenti maturati anche di fronte alla seconda guerra mondiale. Seguirono altre raccolte, che confluiranno tutte in un'unica raccolta pubblicata nel 1969, intitolata "Vita di un uomo".
La poesia di Ungaretti è fortemente autogiografica, rappresentando una sorta di diario esistenziale che il poeta scrisse nell'arco di tutta la sua vita. La raccolta mostra l'evoluzione dello stile della poetica dell'artista nel corso del tempo, partendo da poesie più regolari e tradizionali verso testi sempre più sintetici, contraddistinti da una grande concentrazione lessicale. Fondamentale per lui è l'utilizzo delle figure di trasferimento, in particolare l'analogia, che ha il compito di mostrare l'intuizione del senso profondo della realtà.
Ungaretti credeva che si dovesse fare un salto irrazionale per comprendere il segreto e il senso della realtà, ma il suo atteggiamento era più pessimistico rispetto a D'Annunzio. Lui non credeva di poter comprendere a pieno la verità e poterla svelare agli altri. Il poeta infatti pensava che la verità potesse essere soltanto fugacemente intuita, percepita per un istante, ma non trasferita agli altri. Le sue poesie diventano quindi sempre più enigmatiche, con le parole che alludono al senso profondo delle cose, lasciando al lettore la sfida di interpretarle.
A causa della sua visione unica e del suo stile distintivo, le poesie di Ungaretti hanno lasciato un'impronta indelebile sulla letteratura italiana.