Le Novelle rusticane e Mastro-don Gesualdo
"Le Novelle rusticane" allarga lo sguardo a diverse classi sociali, dalla campagna alla città. Tutti i personaggi sono accomunati dal vivere in una società di violenza e sopraffazione. Il pessimismo si estende all'intera collettività.
"La roba" è la novella più significativa della raccolta. Mazzarò, da povero bracciante, diventa ricco proprietario sottraendo i beni al suo ex padrone. La sua avarizia è totale: vive in povertà per non sprecare, allontana tutti per paura che gli rubino. Quando capisce di non poter portare la "roba" nell'aldilà, impazzisce e vaga per i campi gridando "Roba mia, vientene con me!"
"Mastro-don Gesualdo" è il secondo romanzo del Ciclo dei Vinti. Gesualdo Motta, da semplice muratore, accumula fortuna sposando Bianca Trao, nobile decaduta. Il suo nome stesso rivela la contraddizione: "mastro" indica le origini umili, "don" l'aspirazione aristocratica.
L'aristocrazia lo disprezza, la figlia Isabella si vergogna di lui. Quando la ragazza scappa con il cugino, Gesualdo la dà in moglie al duca di Leyra. Le spese del genero portano alla confisca dei beni familiari.
💡 Struttura a parabola: dalla condizione umile di muratore, Gesualdo sale all'apice sociale per poi precipitare nella decadenza e morte.
Gesualdo si ammala di cancro "per tutti i bocconi amari che ha dovuto mandare giù" e muore solo, abbandonato da tutti. La fiumana del progresso ha distrutto anche lui: nel tentativo di migliorare la sua condizione, l'ha solo peggiorata.
La narrazione polifonica riflette l'elevazione sociale rispetto ai Malavoglia, con un linguaggio più raffinato che si adatta alle diverse classi rappresentate.