GIOVANNI PASCOLI
LA VITA
Giovanni Pascoli nacque a San Mauro di Romagna nel 1855 da una famiglia di piccola borghesia rurale. Dopo una formazione classica nel collegio degli Scolopi ad Urbino, dovette lasciare il collegio a causa delle scarse condizioni economiche della famiglia a seguito della morte del padre, ucciso nel 1867. Seguirono la morte della madre e di alcuni suoi fratelli, aggiungendo tragedia alla sua vita.
Grazie alla vittoria di una borsa di studio, si iscrisse all'Università di Bologna, dove frequentò la Facoltà di Lettere e si avvicinò alla ideologia socialista. Successivamente, iniziò la carriera di insegnante e chiamò a vivere con sé le due sorelle Ida e Mariù, ricostruendo il "nido" familiare, un tema fondamentale delle sue opere. Questo attaccamento morboso alla famiglia non gli permise di relazionarsi con gli altri in modo profondo.
Dopo il matrimonio, Pascoli prese in affitto una casa a Castelvecchio di Barga, dove andò a vivere con la sorella Mariù e poté stare a contatto con la campagna. Morì nel 1912 a causa di un cancro allo stomaco.
IL PENSIERO
Pascoli, in piena sintonia con la crisi del Positivismo di fine secolo, manifesta una forte sfiducia nella scienza come mezzo di conoscenza del mondo. Nutre anche una sfiducia nella religione (poiché è agnostico) e concepisce l'uomo in una condizione di precarietà e sofferenza, con un mondo frantumato. Da questa visione del mondo nasce la sua poetica, espressa nel saggio "IL FANCIULLINO", pubblicato sul "Marzocco" nel 1897.
Secondo Pascoli, il fanciullino è una voce interiore che solo il poeta riesce ad ascoltare. Vede tutte le cose come se fosse la prima volta con stupore e meraviglia. Il fanciullino è definito "l'Adamo che dà il nome a tutte le cose" in modo intuitivo e irrazionale. Solo attraverso il fanciullino il poeta può arrivare alla conoscenza e cogliere l'essenza delle cose.
Pascoli vede la poesia come un anziano cieco (il poeta Omero) accompagnato da un bambino, con una concezione di "poesia pura", senza scopi civili, morali o pedagogici, ma con valore in sé stessa, indirizzando implicitamente tutti gli uomini alla fratellanza e alla mansuetudine, come consolazione al male di vivere.
La poesia è per Pascoli anche nelle piccole cose, celebrando il piccolo proprietario rurale, che vive in armonia con i propri simili e la natura.
LA VISIONE POLITICA
Durante la gioventù aderisce al socialismo fino a quando viene incarcerato e, una volta uscito, decide di abbandonare la carriera politica. Si discosta dal pensiero di Marx e inclina allo scontro violento, ma vuole solidarietà e fratellanza. Era contrario alla lotta di classe, esaltando la classe dei piccoli proprietari terrieri.
Per il suo pensiero sulla politica del nazionalismo, confronta il nido con la patria: per il singolo, il nido rappresenta la casa e ugualmente per un popolo la patria è casa. Esistono due tipi di nazioni: quelle ricche e quelle proletarie come l'Italia. Per questo, si schiera a favore della guerra in Libia. Nel 1911, con "La grande proletaria si è mossa", afferma che il colonialismo non è per affermare la propria superiorità ma per ricostruire un nido per gli italiani che hanno perso la casa.
LO STILE
Il pensiero di Pascoli si riflette anche sul suo modo di scrivere. Le opere di Pascoli sono caratterizzate da forme pregrammaticali e da un linguaggio analogico. Le forme pregrammaticali sono espressioni che imitano l'oggetto a cui si riferiscono, mentre il linguaggio analogico è la sostituzione di parole o espressioni con altre simili.