La vita e la formazione
Giacomo Leopardi nasce nel 1798 a Recanati, nelle Marche, in una famiglia aristocratica. La sua infanzia è segnata da un ambiente familiare rigido e freddo, con un padre colto ma mal amministratore e una madre molto religiosa e severa. Questo isolamento lo spinge a rifugiarsi nei libri della biblioteca paterna.
Durante gli anni che lui stesso definisce di "studio matto e disperatissimo", Leopardi impara da autodidatta diverse lingue, tra cui greco ed ebraico, acquisendo una cultura vastissima. Questo studio intenso, però, compromette gravemente la sua salute: la vista si indebolisce e sviluppa una grave scoliosi.
A 19 anni avvia un'importante amicizia epistolare con Pietro Giordani, intellettuale liberale che lo aiuta ad ampliare i suoi orizzonti culturali e a maturare un distacco dalle idee conservatrici del padre. Nel 1819 tenta una fuga da Recanati, ma viene scoperto, rendendo ancora più oppressivo il controllo paterno.
Curiosità: Leopardi descrive sua madre nello Zibaldone come una donna che "invidiava i genitori che perdevano i figli" perché questi erano "volati in paradiso" e i genitori si erano liberati dal mantenerli!
Gli anni seguenti sono caratterizzati da frequenti spostamenti: Roma (1822), Milano (1825), Firenze (1830) e infine Napoli (1833), dove si trasferisce con l'amico Antonio Ranieri. Questi viaggi sono intervallati da ritorni a Recanati, che Leopardi detesta ma dove compone alcune delle sue opere più importanti. Muore a Napoli nel 1837.
La teoria del piacere
Il pensiero filosofico di Leopardi ruota attorno al concetto di infelicità come condizione universale dell'essere umano. Questo pensiero si sviluppa sistematicamente a partire dal 1818 e trova la sua testimonianza più completa nello Zibaldone, raccolta di appunti e riflessioni scritti tra il 1817 e il 1832.
Secondo Leopardi, ogni essere vivente è spinto naturalmente da un desiderio infinito di piacere che non può mai essere soddisfatto dalla realtà, che offre solo piaceri limitati e temporanei. Questo contrasto tra l'infinità del desiderio e la finitezza del mondo reale è all'origine dell'infelicità umana.
Il suo pensiero evolve dal pessimismo storico (la storia come decadenza dalla felicità naturale primitiva) al pessimismo cosmico (la natura stessa come causa dell'infelicità). Negli antichi, l'immaginazione generava illusioni che permettevano una forma di felicità, mentre nell'uomo moderno la ragione ha rivelato l'inconsistenza di queste illusioni.