Il lamento finale: l'addio più straziante
"Figlio, l'alma t'è 'scita" - Maria constata la morte del figlio. Parla di sé in terza persona ("figlio de la smarrita"), come se il dolore l'avesse alienata da se stessa. È il momento di massimo smarrimento.
Le descrizioni fisiche di Gesù diventano un inno alla sua bellezza perduta: "Figlio bianco e vermiglio", "Figlio bianco e biondo", "figlio volto iocondo". Sono i ricordi di una madre che rivede il figlio com'era prima delle torture.
L'ingiustizia del trattamento ricevuto emerge con forza: "figlio, perché t'à el mondo, figlio, cusi sprezzato?" È la domanda di ogni genitore che vede il proprio figlio vittima di cattiveria gratuita.
💡 Linguaggio del dolore: I cromatismi (bianco, vermiglio, biondo) creano un contrasto stridente tra la bellezza di Cristo e la brutalità della sua morte.
Il profeta Simeone aveva predetto questo dolore: "Ora sento 'l coltello che fo profitizzato". La metonimia del coltello per il dolore rende tangibile la sofferenza spirituale di Maria.
L'opera si conclude con l'immagine di madre e figlio uniti nella morte: "Che moga figlio e mate d'una morte afferrate". È l'ultimo desiderio di Maria: morire insieme a Gesù per non essere separata da lui nemmeno nella morte.