Schopenhauer e Kierkegaard: ribelli contro Hegel
Schopenhauer parte da Kant ma stravolge tutto: dietro il mondo dei fenomeni non c'è una cosa in sé neutra, ma la Volontà di vivere - un impulso cieco e irrazionale che ci spinge continuamente. È come essere in preda a una fame che non si sazia mai.
La nostra vita oscilla tra dolore (quando desideriamo qualcosa), noia (quando non abbiamo stimoli) e piacere (che è solo l'assenza temporanea del dolore). Il "velo di Maya" ci inganna facendoci credere di essere individui separati, ma in realtà siamo tutti manifestazioni della stessa Volontà universale.
Fortunatamente Schopenhauer ci offre tre vie di liberazione: l'arte (che ci fa dimenticare temporaneamente i nostri bisogni), la morale (basata sulla compassione per gli altri), e l'ascesi (il distacco completo dal mondo). Solo quest'ultima è la soluzione definitiva.
Kierkegaard invece mette al centro l'esistenza concreta dell'individuo. Di fronte alle infinite possibilità della vita, dobbiamo scegliere - e questo genera angoscia. Non è paura di qualcosa di specifico, ma il vertiginoso senso del vuoto davanti alle nostre scelte.
💡 Ricorda: Per Schopenhauer il problema è la Volontà che ci domina; per Kierkegaard è l'angoscia di dover scegliere chi essere.
La disperazione nasce dal rapporto conflittuale dell'uomo con se stesso, consapevole della propria finitudine. Kierkegaard identifica tre stadi dell'esistenza: quello estetico (vita superficiale di Don Giovanni), quello etico (vita responsabile dell'assessore Guglielmo), e quello religioso (il salto nella fede di Abramo). Solo la fede - irrazionale e paradossale - ci permette di superare la contraddizione tra finito e infinito.