Nicola Cusano: tra finito e infinito
Nicola Cusano, filosofo e teologo di origine tedesca, fu una figura centrale nel dibattito filosofico rinascimentale. Nella sua opera principale, "La dotta ignoranza", egli affronta un apparente paradosso: da un lato l'uomo desidera naturalmente conoscere, dall'altro sembra impossibile raggiungere una conoscenza perfetta.
Secondo Cusano, ogni forma di conoscenza si configura come un rapporto o proporzione tra ciò che già sappiamo e ciò che vogliamo conoscere. Quando si tratta di grandezze finite, possiamo ottenere una conoscenza precisa, ma quando affrontiamo l'infinito, la verità si presenta come un processo senza fine. Qui Cusano riprende l'insegnamento socratico del "sapere di non sapere", che diventa la sua paradossale dotta ignoranza.
Il filosofo sostiene che la mente umana, essendo finita, non potrà mai comprendere pienamente Dio, che è infinito. Per questo adotta la teologia negativa, secondo cui del principio supremo si può dire solo ciò che non è, non ciò che è. Tuttavia, nell'opera "Le congetture", Cusano sviluppa l'aspetto positivo della conoscenza: attraverso la matematica e l'intuizione, l'uomo può avvicinarsi alla comprensione di Dio.
🔍 Cusano utilizza la metafora del cerchio e del poligono: per quanto aumentiamo i lati di un poligono, questo si avvicinerà sempre più al cerchio senza mai coincidere perfettamente con esso, proprio come la nostra conoscenza si avvicina alla verità senza mai raggiungerla completamente.
Per Cusano, Dio è la coincidentia oppositorum, l'essere infinito in cui gli opposti coincidono. Mentre la ragione opera secondo il principio di non contraddizione, l'intelletto può andare oltre attraverso l'intuizione, cogliendo verità che appaiono razionalmente contraddittorie. Dio è il massimo assoluto, di cui non si può pensare nulla di maggiore, e nell'infinito il grande e il piccolo finiscono per coincidere.