La Condanna e l'Abiura: Il Prezzo della Verità
Il 22 giugno 1633 rappresenta una delle date più tristi della storia della scienza: Galileo Galilei, ormai anziano e malato, fu costretto ad abiurare le sue scoperte per evitare pene ancora più severe.
Tutto iniziò con la pubblicazione del "Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo" nel 1632. Papa Urbano VIII, sentendosi offeso dalla figura di Simplicio (che sosteneva posizioni simili alle sue), ordinò immediatamente il blocco del libro e convocò Galilei a Roma.
Durante gli interrogatori del Sant'Uffizio, lo scienziato tentò di difendersi sostenendo di non ricordare il precetto del 1616 e citando il certificato del cardinale Bellarmino. Tuttavia, di fronte alle prove tratte dal Dialogo, fu costretto ad ammettere di aver sostenuto indirettamente il copernicanesimo.
Il tribunale dichiarò la dottrina copernicana "contraria alla Sacra Scrittura" e condannò Galilei alle pene previste per gli eretici. Per evitarle, lo scienziato dovette pronunciare un'umiliante abiura: "Io, Galileo Galilei, abiuro, maledico e detesto i suddetti errori ed eresie...".
La condanna gli permise di evitare pene più gravi, ma fu confinato agli arresti domiciliari per il resto della vita. Paradossalmente, durante questo periodo scrisse i "Discorsi e dimostrazioni matematiche", considerato il suo capolavoro scientifico.
Leggenda o realtà?: Si racconta che dopo l'abiura Galilei abbia mormorato "Eppur si muove!", riferendosi alla Terra.