Cesare, il secondo triumvirato e la fine della Repubblica
Giulio Cesare, divenuto console nel 59 a.C., ottenne il comando delle Gallie dove condusse brillanti campagne militari, conquistando territori e sconfiggendo popolazioni come Elvezi, Germani, Belgi e infine i Galli guidati da Vercingetorige ad Alessia (52 a.C.).
Dopo la morte di Crasso contro i Parti (53 a.C.), i rapporti tra Cesare e Pompeo si deteriorarono. Quando il senato ordinò a Cesare di congedare l'esercito, egli attraversò il fiume Rubicone pronunciando "alea iacta est" (il dado è tratto), dando inizio alla guerra civile. Pompeo fu sconfitto a Farsalo (48 a.C.) e poi ucciso in Egitto.
Cesare, divenuto padrone di Roma, accumulò poteri straordinari: fu console quattro volte, dittatore a vita, pontefice massimo e ottenne l'inviolabilità tribunizia. Promosse importanti riforme sociali, ma fu assassinato alle idi di marzo del 44 a.C. da una congiura guidata da Bruto e Cassio.
Dopo la sua morte, il figlio adottivo Ottaviano formò con Marco Antonio e Lepido il secondo triumvirato. Gradualmente, Ottaviano mise da parte Lepido e, dopo aver sconfitto Antonio e Cleopatra nella battaglia di Azio (32 a.C.), divenne l'unico padrone di Roma, segnando la fine definitiva della Repubblica.
Punto chiave: La morte di Cesare non salvò la Repubblica come speravano i congiurati. Al contrario, aprì la strada all'ascesa di Ottaviano che, pur mantenendo formalmente le istituzioni repubblicane, fondò di fatto un nuovo sistema di governo: il Principato.