Riforme e Guerra di Libia
Giolitti realizza riforme importanti: industrializzazione di Napoli, modernizzazione agricola in Basilicata, acquedotto in Puglia. Nel 1905 nazionalizza le ferrovie creando le Ferrovie dello Stato, e nel 1912 approva il suffragio universale maschile.
La riforma elettorale è rivoluzionaria: possono votare tutti i maschi alfabetizzati sopra i 21 anni, gli analfabeti che hanno fatto il servizio militare, e tutti gli analfabeti sopra i 30 anni. Gli elettori passano dal 9,5% al 25,5% della popolazione.
Nel 1911, però, Giolitti cede alle pressioni coloniali. Nazionalisti, industriali e finanza cattolica (Banco di Roma) spingono per occupare la Libia. Dopo aver ottenuto il via libera dalle potenze europee, il 3 ottobre 1911 l'Italia invade Tripolitania e Cirenaica.
La guerra di Libia si rivela un'impresa costosa e deludente. Il territorio è "uno scatolone di sabbia" senza valore economico, e le popolazioni locali oppongono resistenza fino al 1931. Gli equilibri politici si incrinano: i nazionalisti restano insoddisfatti, i socialisti radicalizzano le posizioni.
La direzione dell'"Avanti!" passa al giovane Benito Mussolini, che introduce uno stile comunicativo diretto e aggressivo.
Conseguenza imprevista: La guerra di Libia, pensata per rafforzare Giolitti, finisce per indebolire tutto il suo sistema politico.