Augusto e la nascita del Principato
Ottaviano agì con grande astuzia politica. A differenza di Cesare, comprese che i romani vedevano con sospetto il potere concentrato nelle mani di una sola persona. Per questo si presentò come un semplice "restauratore" delle antiche istituzioni repubblicane, rispondendo al desiderio di pace diffuso tra popolo e aristocrazia.
Nel 29 a.C. fece chiudere simbolicamente le porte del tempio di Giano, segnalando la fine delle guerre. Ma la pax augustea non significava assenza di conflitti: nelle sue "Res Gestae", Augusto la definisce "victoriis parta" (figlia delle vittorie) - una pace imposta con la forza militare.
Il genio di Ottaviano fu costruire il suo potere attraverso l'accumulo di cariche tradizionali: ottenne la tribunicia potestas (23 a.C.), divenne pontefice massimo (12 a.C.), princeps senatus, console, e ricevette titoli onorifici come "augusto" (27 a.C.) e pater patriae (2 a.C.). Questa concentrazione di poteri, formalmente legittima, diede vita al Principato.
Nota interessante: Il termine "principe" non indicava un sovrano assoluto ma il "primo cittadino" - tecnicamente Ottaviano non escludeva gli altri dalle decisioni, ma nella pratica deteneva un controllo quasi totale!
Per amministrare l'impero, Augusto divise le province in due categorie: le province senatorie (territori pacificati governati da proconsoli) e le province imperiali (territori instabili che richiedevano truppe, governate da suoi rappresentanti diretti). L'Egitto rappresentava un caso speciale, considerato proprietà privata del principe.
Con il proconsolato maius et infinitum (27 a.C.), Augusto ottenne il diritto di supervisionare tutte le province dell'impero, sia imperiali che senatorie, garantendosi un controllo totale.