L'Esilio e le Elegie del Dolore
Quando Ovidio viene esiliato a Tomi, la sua poesia cambia completamente registro. Dalle opere giocose e raffinate passa a un lamento elegiaco che esprime tutto il dolore della lontananza da Roma. Nascono così i Tristia (cinque libri) e le Epistulae ex Ponto (quattro libri).
Il primo libro dei Tristia include elegie scritte durante il viaggio verso l'esilio, con la toccante descrizione dell'ultima notte a Roma. Il secondo libro è una lunga supplica ad Augusto per ottenere clemenza, dove Ovidio cerca di difendere la sua opera amorosa citando altri poeti che non furono puniti.
Particolarmente importante è l'elegia autobiografica (Tristia IV, 10) dove il poeta riflette sulla propria vita e carriera, definendosi "giocoso poeta dell'amore" e mostrando piena consapevolezza della propria fama letteraria.
Documento umano: Queste elegie rappresentano un documento unico del dramma di un intellettuale costretto all'esilio, che cerca nella poesia l'unico conforto possibile.
Nonostante la loro fluidità tecnica, queste opere mostrano inevitabile monotonia per la ripetitività dei temi legati alla sofferenza dell'esilio. L'autocommiserazione e la retorica talvolta appesantiscono la lettura, ma restano testimonianza preziosa di come un grande poeta abbia trasformato il proprio dolore in arte.
Le elegie dell'esilio completano il ritratto di un Ovidio maturo che, pur mantenendo la sua maestria tecnica, scopre nella sofferenza una dimensione più profondamente umana della sua poesia.