Il secondo capitolo: paura, inganni e verità
Don Abbondio passa una notte insonne, tormentato dal pensiero dei bravi e di come evitare il matrimonio. Manzoni fa un paragone ironico con il principe di Condé che dorme tranquillo prima di una battaglia - questo contrasto mette in luce la viltà del parroco.
Il mattino dopo arriva Renzo, e qui Manzoni inserisce una delle sue critiche sociali più taglienti. Fa notare ironicamente come il nome dell'umile Lorenzo venga accorciato, mentre i nobili hanno nomi lunghissimi e pomposi. È un modo per denunciare le differenze di classe.
Don Abbondio mette in atto il suo piano: inventa false difficoltà burocratiche e parla in latino per confondere Renzo. Riesce a ottenere una settimana di tempo, ma Renzo inizia a insospettirsi per i discorsi confusi del parroco.
💡 Nota bene: Il latino che usa Don Abbondio rappresenta il potere della cultura come strumento di oppressione - chi non lo capisce viene facilmente ingannato.
La svolta arriva quando Renzo interroga Perpetua, la pettegola domestica del don. Lei lascia capire che il parroco agisce sotto pressione di qualcuno. Con questa conferma, Renzo torna da Don Abbondio e con modi minacciosi lo costringe a confessare: il colpevole è Don Rodrigo.
Furioso, Renzo lascia la canonica pensando addirittura di uccidere Don Rodrigo per vendetta. Ma appena pensa a Lucia, questi pensieri violenti svaniscono - l'amore ha un potere purificatore. Arrivato a casa della fidanzata, organizza un incontro segretamente e le rivela tutto. Lucia è costretta a inventare una scusa (il malanno del parroco) per congedare le amiche che la stavano preparando per le nozze.