I romanzi del superuomo
D'Annunzio coglie alcuni aspetti del pensiero di Nietzsche, contrapponendosi alla supremazia della razionalità scientifica e alla mediocrità borghese. Esalta lo "spirito dionisiaco" degli antichi greci, uno slancio vitale che travolge i limiti consueti dell'individuo e potenzia le sue facoltà.
Secondo Nietzsche, l'uomo moderno è imprigionato dallo "spirito apollineo", che impone un rigido controllo razionale. La morale della rinuncia prevale sul piacere e sul vitalismo di un eros libero. Di ciò è responsabile soprattutto il cristianesimo, che ha reso gli uomini schiavi. Nietzsche propone quindi l'idea di un "oltreuomo" (superuomo), un nuovo tipo di essere umano che, al di là della morale tradizionale, sviluppa pienamente la propria individualità.
Per D'Annunzio, il superuomo è un esteta con un'ideologia nazionalista e antidemocratica. Secondo lui, è necessaria un'oligarchia, un'élite che governi, poiché le masse sono incapaci di farlo. Il motivo nietzschiano è interpretato come il diritto di pochi esseri eccezionali ad affermarsi, spezzando le leggi comuni.
💡 Il superuomo dannunziano non nega l'esteta, ma lo ingloba dandogli una funzione diversa: l'artista diventa "vate", guida nella realtà sociale e politica.
Uno dei romanzi più rappresentativi è "Le vergini delle rocce". Il protagonista, Claudio Cantelmo, sdegnoso della realtà borghese, vuole generare il superuomo che guiderà l'Italia a destini imperiali. Il romanzo si concentra sulla scelta della donna che dovrà generare questo superuomo tra le tre figlie del principe Montaga, in uno scenario di decadenza.
Alla fine, Cantelmo non riesce a scegliere tra le tre principesse e il romanzo si chiude con la sua perplessità. Nonostante le ambizioni eroiche, anche i protagonisti dannunziani rimangono deboli e sconfitti, incapaci di tradurre le loro aspirazioni in azione.