Jacopone da Todi
Jacopo dei Benedetti (1230/36-1306) nasce a Todi, studia diritto e fa il procuratore legale conducendo una vita gaudente. La svolta arriva con la morte della moglie durante il crollo di un pavimento a una festa. Sotto i suoi vestiti eleganti scopre un cilicio (strumento di penitenza) - lei viveva già in povertà spirituale.
Questo shock lo porta a farsi monaco francescano e schierarsi con gli "spirituali". Entra in conflitto diretto con la Chiesa, accusando il clero di corruzione e vendita delle indulgenze. Bonifacio VIII lo scomunica e condanna al carcere a vita.
Esce di prigione nel 1303 con il nuovo papa Benedetto XI e muore nel 1306 nel convento di Collazzone.
La visione di Jacopone è profondamente pessimista. Insiste sull'infelicità umana con immagini forti che richiamano il "contemptus mundi" (disprezzo del mondo). Sceglie sistematicamente gli aspetti negativi: sofferenze fisiche, vizi, peccati, morte.
Rifiuta la vita sociale (dominata da egoismo e ambizione) e ogni forma di cultura intellettuale. Da questo rifiuto totale scaturisce il percorso ascetico verso la purificazione dell'anima.
Le sue Laude seguono un percorso dal rifiuto della realtà terrena alla conquista di quella celeste. Il tema centrale è l'amore divino che crea una "sproporzione incolmabile" tra piano umano e divino.
"Donna de Paradiso" è una lauda drammatica con dialoghi tra Madonna, Cristo, popolo e Nunzio sul Calvario. Jacopone rifiuta il volgare "illustre" raffinato e usa il dialetto umbro per essere più diretto ed efficace.
Contrasto: Mentre la società comunale celebra la ricchezza, Jacopone la rifiuta totalmente riscoprendo la povertà evangelica.