Giovanni Verga: vita e poetica
Nato a Catania nel 1840 in una famiglia benestante di idee liberali, Giovanni Verga si avvicinò alla letteratura realista francese e si interessò al dibattito sulla questione meridionale. Morirà nel 1922 dopo aver lasciato un'impronta indelebile nella letteratura italiana.
Per Verga, il progresso agisce negativamente sui ceti più bassi, portandoli alla sconfitta. La "lotta per la vita" diventa il movente fondamentale della storia umana, e l'unica salvezza per i personaggi è accettare la propria condizione sociale.
La poetica di Verga si basa sul principio dell'impersonalità: l'autore evita di esprimere opinioni o giudizi personali. Utilizza un narratore anonimo e popolare, interno ai fatti narrati (procedimento di "regressione"), e adotta spesso un punto di vista collettivo/corale. Le sue opere sono caratterizzate dall'assenza di profonde analisi psicologiche e dall'uso del discorso indiretto libero.
💡 Il "Ciclo dei Vinti" doveva essere un progetto di cinque romanzi che avrebbe mostrato la sconfitta di persone di diverse classi sociali. Verga completò solo i primi due: "I Malavoglia" e "Mastro-don Gesualdo".
I temi principali della sua opera sono il contrasto tra modernità e tradizione, dove prevalgono l'interesse egoistico e la sopraffazione, un profondo pessimismo e fatalismo, e "l'ideale dell'ostrica", secondo cui ogni persona ha un ruolo fisso nella gerarchia sociale da cui non dovrebbe allontanarsi.