A Silvia
"Silvia, rimembri ancora / Quel tempo della tua vita mortale" - con queste parole Leopardi si rivolge a Teresa Fattorini, la figlia del cocchiere di casa, morta giovanissima di tubercolosi nel 1818. La chiama Silvia come la ninfa dell'Aminta di Tasso, trasformandola nel simbolo di tutti i sogni giovanili infranti.
Teresa e Giacomo hanno destini paralleli ma opposti: lei vive nel mondo reale come semplice popolana, lui è rinchiuso nella casa paterna come nobile. Eppure condividono la stessa voglia di vivere e la stessa esuberanza giovanile - lei cantando mentre lavora, lui studiando e osservandola dalla finestra.
Leopardi si rivolge a diversi interlocutori: prima a Silvia chiedendole se ricorda la sua giovinezza, poi alla Natura che viene accusata di ingannare gli uomini con false speranze, infine alla sua stessa giovinezza perduta. La Natura matrigna illude le sue creature e poi le tradisce quando sviluppano la ragione.
La poesia esprime tutto il rimorso del poeta per una giovinezza sprecata nello studio invece che nella gioia, ma anche la rabbia per l'ingiustizia della morte prematura. Silvia muore prima di poter vivere davvero, e questo diventa il simbolo dell'infelicità universale che colpisce tutti, innocenti e colpevoli.
Attenzione: Silvia rappresenta sia una persona reale (Teresa) sia un simbolo universale (la speranza tradita dalla vita).