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Giacomo Leopardi

11/11/2022

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Leopards
- LA VITA
Leopardi nasce nel 1798 a Recanati da una nobile famiglia di rigide tradizioni
conservatrici.
Il padre, il Conte Montaldo

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Leopards - LA VITA Leopardi nasce nel 1798 a Recanati da una nobile famiglia di rigide tradizioni conservatrici. Il padre, il Conte Montaldo Leopardi, era un uomo molto erudita che obbliga i figli a vivere una vita di studi nella biblioteca di famiglia impedendo loro di uscire di casa (se non accompagnati da parenti o servitori) e di incontrare altri ragazzi. La madre era una donna dura e severa con i suoi figli e si occupa dell'amministrazione economica della famiglia. Leopardi lega in modo particolare con i fratelli Carlo e Paolina, ma si distingue presto da loro in quanto impiega negli studi una passione smodata e dimostrando un talento straordinario. Tra il 1809 e il 1816 sono gli anni che lui definisce di studio matto e disperatissimo che recarono gravi danni alla sua salute già precaria. A diciannove anni Leopardi entra in corrispondenza con il letterato Pietro Giordani (scrittore e critico di idee liberali) che ha ventiquattro anni più di lui e diventa presto un riferimento intellettuale e affettivo fondamentale. Leopardi a lui confida progetti e emozioni, invia versi e note e si lamenta della sua vita a Recanati. Nel 1819 Leopardi tenta la fuga ma viene scoperto e ciò peggiora il rapporto già difficile con il padre. Egli infatti prova un amore possessivo e geloso nei confronti del figlio e...

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non vuole separarsi dalla sua compagnia intellettuale opponendosi sempre ai suoi progetti di indipendenza. Leopardi prova avversione per questa possessività paterna ma allo stesso tempo non riesce a scindere definitivamente il suo legame con il padre. Egli continuerà a scrivere al padre per tutta la vita specialmente nei suoi ultimi anni nei quali nascerà tra loro un bel rapporto. Il 30 aprile 1830 Leopardi parte da Recanati per non farvi più ritorno. Si trasferisce a Firenze dove vive una vita meno isolata frequentando le case degli amici, come quella di Antonio Ranieri, letterato napoletano di ventiquattro anni conosciuto due anni prima nella stessa città. Tra loro nell'estate del 1830 inizia uno stretto legame di amicizia: Leopardi è attratto dallo spirito giovane e avventuroso del giovane amico che egli non è riuscito a vivere e sente in lui un affetto autentico. I due si sostengono economicamente in più occasioni e nel 1833 i due si trasferiscono insieme a Napoli. Il 14 giugno 1837 Leopardi muore a Napoli dopo aver dato segni di aggravamento assistito da Ranieri, dalla sorella Paolina e dal medico. - Le FASI DEL PESSIMISMO LEOPARDIANO - PESSIMISMO INDIVIDUALE: L'esperienze vissute in adolescenza e nella prima giovinezza lo spingono a pensare che la vita sia stata spietata con lui ma che gli altri possono comunque essere felici. (es. "La sera del dì di festa") - PESSIMISMO STORICO: Leopardi considera l'uomo come causa della propria infelicità in quanto con l'uso eccessivo della ragione esso si sia allontanato dallo stato naturale, fantasioso. La natura, che è una madre affettuosa e amorevole, dona all'uomo l'immaginazione che gli consente di abbandonarsi alle illusioni per consolarsi e distogliersi dalla realtà. L'uomo può essere felice soltanto nell'infanzia quando l'inconsapevolezza della giovane età gli permette di avere aspettative positive per il domani. (es. "L'Infinito") - PESSIMISMO COSMICO: Il dolore non colpisce più solo l'uomo ma tutti gli esseri viventi. La natura non è più una figura positiva ma diventa una matrigna insensibile per le sue creature. La natura ha instillato nell'uomo un desiderio di infinito senza dargli i mezzi per conseguirlo generando un dolore perpetuo. (es. "Dialogo della natura di un islandese") - PESSIMISMO EROICO: Leopardi in questa fase rivaluta la ragione che diventa l'unico bene rimasto agli uomini che consente loro di unirsi in fraterna solidarietà (social catena). Gli uomini devono infatti unirsi l'uno all'altro rafforzando i legami sociali per costruire una catena sociale con cui affrontare il destino inevitabile che la natura ha imposto all'uomo. (es. "La Ginestra") - LO ZIBALDONE Lo "Zibaldone" è un insieme di riflessioni filosofiche e letterario annotate da Leopardi su fogli sparsi a partire dal 1817. Questa raccolta, pubblicata postuma alla sua morte, consente di seguire l'evoluzione del pensiero leopardiano. Uno dei principali temi delle riflessioni di Leopardi è la “teoria del piacere": ogni uomo nel suo agire mira alla felicità; questa tendenza al piacere non conosce limiti mentre i mezzi attraverso i quali l'uomo cerca di soddisfarla sono limitati. Vi è quindi una distanza incolmabile tra desiderio del piacere e la possibilità di soddisfarlo. L'uomo anche se sempre insoddisfatto nella propria aspirazione al piacere ha una via di uscita, ossia l'immaginazione (vedi pessimismo storico). Alla teoria del piacere si collegano alcune dichiarazioni di poetica nelle quali il vago e l'indefinito vengono indicati come elementi capaci di generare effetti piacevoli in quanto immergono l'anima in pensieri illimitati. Sono tre l'esperienze che hanno la capacità di evocare il piacere del vago e dell'indefinito: gli spazi vasti e quelli delimitati da ostacoli e cornici oltre i quali la mente può immaginarsi orizzonti invisibili, i suoni in quanto spingono la mente a spaziare oltre quell'unica percezione e la vaghezza legata al ricordo, ossia la rimembranza. - I CANTI I "Canti" è una raccolta di componimenti poetici pubblicata per la prima volta nel 1831 e successivamente ampliata e riveduta. Il titolo indica la concezione della poesia come espressione libera dell'animo dell'uomo e l'adesione al genere lirico. Si è soliti dividere l'opera in cinque gruppi di testi successivi non sempre in ordine cronologico ma spesso in ordine tematico. - LE CANZONI: nascono da un forte desiderio di azione civile e nelle quali deplora la decadenza dell'Italia invitando i cittadini ad imitare le virtù degli antichi. La concezione del passato inizia ad incrinarsi nelle "canzoni del suicidio" dove i protagonisti scelgono il suicidio come protesta contro una natura che li obbliga a soffrire. (es. "Ultimo canto di Saffo") - GLI IDILLI: componimenti più brevi e soggettivi nei quali Leopardi scava in profondità nella propria anima mettendo se stesso in rapporto con gli elementi del paesaggio. Sono scritti in endecasillabi sciolti, con un linguaggio più semplice e un lessico riconducibile alla poetica del vago e dell'indefinito. Temi ricorrenti sono il senso dell'infelicità dell'esistere, il crollo delle illusioni, l'angoscia per la fine e la forza creatrice dell'immaginazione. (es. "La sera del dì di festa") - CANTI PISANO-RECANATESI: l'indifferenza della natura e l'universalità del dolore sono temi ricorrenti di questi canti nei quali il poeta ritorna con la memoria su persone e affetti scomparsi e su esperienze personali per trarne conclusioni generali. Egli utilizza la cosiddetta "canzone libera" ossia una forma di canzone in cui endecasillabi e settenari si succedono liberamente senza un metro fisso e senza vincoli di rima. (es. "A Silvia") - CANTI FIORENTINI O CICLO DI ASPASIA: poesie che hanno come nucleo tematico l'amore non corrisposto per Fanny Targioni Tozzetti (= Aspasia, la cortigiana amata da Pericle) – GLI ULTIMI CANTI: sono canti di contenuto filosofico in cui Leopardi polemizza contro quegli intellettuali che manifestano una solida fiducia nel progresso. (es. "La ginestra") - OPERETTE MORALI Le "Operette Morali" sono testi in prosa di forma varia composti nel 1824 e successivamente rivisti e incrementati. Il titolo fa riferimento alla loro breve estensione e al loro contenuto filosofico-morale. I temi principali delle operette riflettono quelli delle riflessioni di Leopardi sull'uomo e sulla realtà (piacere, dolore, natura, ragione, immaginazione, false credenze, ecc.). I testi sono accomunati da uno stile ironico e dalla scrittura curata ed elevata che combina diversi registri e sfrutta diverse potenzialità della lingua italiana.