L'Analitica Trascendentale
Nell'Analitica trascendentale, Kant analizza l'intelletto e le sue forme a priori. Il processo conoscitivo iniziato nella sensibilità trova il suo completamento nell'intelletto, che ordina i dati sensibili attraverso le categorie, concetti puri che permettono di pensare ciò che percepiamo.
Le categorie non sono più, come per Aristotele, i modi d'essere della realtà, ma i modi propri del soggetto di conoscere la realtà. Kant ne identifica dodici, organizzate in quattro gruppi (quantità, qualità, relazione, modalità), derivandole dalle forme possibili di giudizio.
La deduzione trascendentale affronta un problema cruciale: come giustificare l'applicazione delle categorie ai fenomeni? Come possono i nostri concetti corrispondere alla realtà? Kant risolve questo problema attraverso una nuova formulazione della sua rivoluzione copernicana: noi conosciamo gli oggetti in quanto li sottoponiamo alle nostre categorie, quindi è impossibile che queste non si applichino ai fenomeni.
Riflettiamo insieme: Se fossero gli oggetti a determinare la nostra conoscenza e non viceversa, come potremmo essere sicuri di conoscere universalmente?
L'io penso o "appercezione trascendentale" è il principio supremo di unificazione che rende possibile la conoscenza. È la condizione a priori che permette di riconoscere come proprie le intuizioni empiriche e i concetti, un'attività spontanea e ordinatrice che è uguale in tutti gli esseri umani.
Per risolvere il problema di come applicare le categorie ai fenomeni, Kant introduce lo schematismo trascendentale: l'immaginazione produttiva crea degli schemi che fungono da mediatori tra categorie e fenomeni. Il tempo è lo schema trascendentale fondamentale, poiché è omogeneo sia ai fenomeni (che tutti si danno nel tempo) sia alle categorie (in quanto forma a priori).