La dottrina pitagorica dell'anima
I pitagorici svilupparono la dottrina della metempsicosi (dal greco metà = oltre e psyché = anima), che sosteneva l'immortalità e la reincarnazione dell'anima.
Secondo questa concezione, il corpo era considerato la prigione dell'anima, che veniva "sporcata" dall'esperienza sensibile. Per questo i pitagorici praticavano riti di purificazione per liberare l'anima dalle contaminazioni corporee.
Quando il corpo moriva, l'anima viaggiava in dimensioni soprasensibili. Dopo aver raggiunto un certo grado di purificazione, poteva reincarnarsi in altri esseri umani, animali o altri enti. Per i pitagorici, ogni essere vivente possedeva un'anima.
Questa dottrina fu ripresa dall'orfismo, un movimento religioso del VI secolo a.C. diffuso in Grecia. Gli orfici credevano che l'anima si reincarnasse fino all'espiazione delle colpe, ma che questo ciclo potesse essere interrotto attraverso pratiche di purificazione.
I pitagorici cercavano di raggiungere l'equilibrio tra l'anima purificata e l'armonia dei numeri che governavano l'universo. Vedevano un profondo legame tra purezza spirituale e comprensione matematica della realtà.
Questa visione dualistica dell'essere umano (anima immortale vs corpo mortale) influenzò profondamente la filosofia successiva, in particolare il pensiero di Platone, che riprese molti elementi della metempsicosi nella sua teoria dell'anima.