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paradiso - 1 canto

19/10/2022

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Il Paradiso
La terza cantica introduce elementi di novità, sia di natura strutturale, sia di natura poetica.
Nonostante sia possibile stabil

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Il Paradiso La terza cantica introduce elementi di novità, sia di natura strutturale, sia di natura poetica. Nonostante sia possibile stabilire un parallelismo tra Inferno e Paradiso, accomunati dalla condizione di assoluta eternità - della pena e del premio delle anime, un'antitesi netta emerge nella visione corporale, nella materia (il gradino più basso, cioè più lontano da Dio, dell'esistente) di cui si sostanzia la I cantica, cui si contrappone la rappresentazione di pure realtà intellettuali presenti nel Paradiso, fondato su una programmatica materializzazione della conoscenza sensibile. Visione corporale, da un lato, visione intellettuale, dall'altro, dunque. In questo aspetto risiede altresì l'originalità dantesca: vi è un abisso tra la rappresentazione del regno dei beati nella Commedia e le varie visioni e viaggi ultramondani di età medievale, irrigiditi da una schematicità fatta da stereotipati luoghi di delizie sempre uguali a se stessi. In Dante, invece, alla rappresentazione fisica si sostituisce il tema della luce, che percorre e innerva l'intera cantica, nella quale si compendia la bellezza dei cieli, manifestazione, a sua volta, dell'amore di Dio, che muove e tiene unite tutte le sfere. Altro tema, di squisita suggestione neoplatonica, è quello della musica, suprema armonia del movimento dei cieli. Con il pretesto della propria limitatezza, data la difficoltà dell'argomento, molto opportunamente, Dante gradua la visione: la visione stesa dei beati,...

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Didascalia alternativa:

distribuiti lungo le sfere celesti, costituisce un espediente narrativo che consente di facilitare al lettore la comunicazione e comprensione dell'esperienza del pellegrino che, comunque, nella sua intima essenza rimane inafferrabile e ineffabile. La struttura esterna del regno viene mutuata dalla teoria tolemaica: la sfera del fuoco e poi, in ordine, i sette pianeti: ● ● ● ● ● ● ● Luna che ospita gli spiriti che mancarono i voti; Mercurio che ospita gli spiriti che aspirarono alla gloria terrena; Venere che ospita gli spiriti che si distinsero in carità; Sole che ospita gli spiriti sapienti; Marte che ospita gli spiriti combattenti per la fede; Giove che ospita gli spiriti giusti; Saturno che ospita gli spiriti contemplativi; poi la sfera delle Stelle fisse, dove Dante assiste al trionfo di Cristo e di Maria; la sfera del Primo Mobile - detto anche Cielo Cristallino che abbraccia i cieli sottostanti e trasmette loro il movimento; infine l'Empireo, la sede di Dio. È stato notato che la presenza di Dante- personaggio, imponente nella I cantica, più sfumata nella II, nel Paradiso si assottigli tanto da rendersi quasi impersonale, sguardo incantato della meraviglie celesti, tramite insostituibile, mediatore prezioso per il lettore. La prospettiva di scrittura, orientata ora in senso eminentemente intellettuale, non viene più usata per rappresentare allegorie o sogni che avevano contrappuntato l'itinerario infernale e purgatoriale. Egli si trova di fronte a spiriti che vedono risp chiato in Dio il futuro corso delle vicende umane. Di conseguenza non v'è più bisogno di ricorrere al velo allegorico - ovvero modalità indiretta di rappresentazione per coprire di bella menzogna il vero: questo, il vero, può, ora, manifestarsi in tutto il suo splendore. Modalità tipiche di espressione diventano così la trattazione dottrinale su temi teologici, da un lato, la profezia e l'invettiva, dall'altro. Attraverso l'acquisizione dottrinale si compie la formazione del pellegrino: il compito di elevare Dante ad un livello di conoscenza teologica - si ricordi che la teologia era al vertice del sistema medievale delle scienze spetta principalmente a Beatrice - Virgilio era stato mediatore di precetti relativi alla scientia naturalis - . Un momento-soglia di fondamentale importanza appare l'esame che D. sostiene al cospetto di San Pietro, San Giacomo e San Giovanni, concernente, rispettivamente, la fede, la speranza e la carità, le virtù teologali. Poi avverrà l'incontro con l'ultimo dei personaggi dotati di individualità: Adamo, primo uomo apparso sulla terra. Dal Primo mobile in poi sarà una grandiosa scenografia unitaria, che disdegna il particolare, il dettagli descrittivo, per privilegiare lo spettacolo trionfante della candida rosa. Il profetismo: accantonati i toni apocalittici e il linguaggio criptico e oscuro che avevano connotato i vaticini di Inferno e Purgatorio, nel Paradiso troviamo forme più dirette e veementi - il futuro non ha segreti, ormai, per le anime dei beati – tanto che ad accompagnare le predizioni sono spesso anche le invettive, non più pronunciate da d. ma dai beati appunto. particolarmente frequenti saranno quelle che flagellano la corruzione della Chiesa. Sequenze narrative I CANTO ● vv.1-36: Proemio La memoria, ovvero quanto delle cose viste nel Paradiso il poeta ha potuto trattenere e riportare, sarà argomento dell'opera: compito oltremodo arduo quello di riferire un'esperienza che trascende le capacità umane, ergo la necessità di invocare non le Muse, come nelle cantiche precedenti, ma lo stesso Apollo, nume tutelare della poesia. Col suo sostegno D. potrà aspirare alla gloria poetica e cingersi della corona d'alloro - cosa che oggi gli uomini assai raramente mostrano di desiderare ponendosi in tal modo quale esempio e monito per gli altri. ● vv. 37-81: Ascesa di Dante e Beatrice Dopo aver indicato con una complessa perifrasi astronomica il momento di inizio del viaggio, D. vede Beatrice volgersi a sinistra a guardare intensamente il Sole: anch'egli fa la stessa cosa, riuscendo a sostenere la vista dell'astro oltre le possibilità umane. Vede un gran luce, come se fosse emanata da due soli. Volge quindi lo sguardo nuovamente a Beatrice e si sente trasumanar, ovvero andar oltre i limiti della percezione umana. Tale esperienza, impossibile da descrivere con ul linguaggio umano di per sé limitato, viene accostata per analogia al mito di Glauco, pastore della Beozia, trasformatosi in divinità marina, dopo avere gustato un'erba incantata. A questo punto lo investe un dolcissimo suono e un'intensissima luminosità. ● vv. 82-93: Primo dubbio di Dante L'armonia celeste e la grande luce suscitano in D. il desiderio di conoscerne l'origine: egli crede ancora di trovarsi sulla terra. È così che Beatrice, leggendo direttamente nel pensiero di d. il suo dubbio, senza attendere domanda, gli chiarisce e spiega che in quel momento stanno attraversando la sfera del fuoco verso il cieli della luna, con velocità superiore a quella di un fulmine. ● vv. 94-99: Secondo dubbio di Dante D. è colto allora da un altro dubbio: come possa egli, corpo pesante, attraversare i corpi lievi, ossia le sfere dell'aria e del fuoco. vv. 100-142: Spiegazione di Beatrice: l'ordine dell'Universo Beatrice chiarisce come nell'universo tutte le cose abbiano in ordine preciso e siano dirette ad un proprio fine, verso il quale ciascuna di esse è spinta dall'istinto. E giacché fine ultimo dell'uomo è Dio – anche se l'attrazione dei fallaci beni mondani può, talora, sviarlo è alquanto naturale che D., libero ormai da ogni impedimento terreno, tenda ora a Dio allo stesso modo in cui la fiamma viva tende verso l'alto. Anomalo sarebbe il contrario. ● ● TEMI E MOTIVI Ordine e perfezione del creato: D. si trova a diretto contatto, ormai, con le verità supreme. Tutte le creature hanno origine in Dio - colui che tutto move - e, spinte dal naturale desiderio di ricongiungersi al proprio creatore, tendono a ritornare a Lui. In tal senso il viaggio di D. dalla terra al cielo, dall'Inferno al Paradiso, si configura allegoricamente come un ritorno, un itinerario dell'anima verso Dio. Questa naturale inclinazione si traduce in un volo diretto, consentito dalle sue accresciute facoltà - dopo aver superato l'Inferno e aver raggiunto il Paradiso terrestre, dove è divenuto puro e disposto a salire a le stelle - è ormai fatale che raggiunga infallibilmente la propria meta. L'ultimo lavoro: sin dai primi versi D. ci presenta questa terza Cantica come un'impresa straordinaria, mai tentata in precedenza. Il manifestarsi del supremo splendore di Dio genere quello che sarà il procedimento retorico più ricorrente e quasi l'emblema del Paradiso: la recusatio, il topos dell'ineffabilità. Problema fondamentale di tutta la cantica è infatti quello della memoria, o meglio di come la memoria - ovvero la poesia, figlia appunto della memoria, poiché le Muse, secondo il mito, sarebbero nate da Mnemosyne e Zeus - possa ricomporre quello scenario che ha folgorato la mente del poeta. L'invocazione ad Apollo e coscienza della propria missione poetica: all'innalzamento del tema e del tono corrisponde la necessità di evocare, questa volta, il dio stesso della poesia nonché l'uno e l'altro giogo di Parnaso, ossia la scienza naturale e quella divina, necessarie al compimento della Commedia. Il rischio di chi lancia la sfida al divino, attraverso la parola poetica, è molto alto come simboleggia il mito di Marsia scuoiato vivo. In realtà più che una punizione andrebbe letto, dietro questo concetto, una trasformazione in senso purificatore. Infine, ad innalzare la solennità di tale protasi il tema della gloria poetica e dell'alloro, orgogliosamente rivendicato da D. Il trasumanar di Dante:una poetica del rovesciamento: D. ricorre ad una specularità rappresentativa per descrivere se stesso che vede in Beatrice che a sua volta vede il sole, e non dimentichiamo il lettore che vede tutto ciò. A tal fine ricorre all'esempio della riflessione della luce, e a quella del pelegrin che tornar vuole- d'altro canto il viaggio di D. nel suo esito finale non è forse la prefigurazione del ritorno delle anime allo stato di grazia da cui erano partite?- il raggio riflesso inverte la direzione rispetto a quello incidente. L'inversione, il capovolgimento sono le figure strutturali dell'intera cantica: nella nuova temperie paradisiaca occorre abbandonare, capovolgere addirittura le leggi umane. Anche la scelta del mito di Marsia è emblematica in tal senso e non sembra casuale: Apollo vince la sfida suonando con la lira capovolta, cosa che Marsia col flauto non può ovviamente fare. Inoltre lo punisce mettendolo a testa in giù appeso ad un albero e scuoiandolo vivo - dunque rovesciandolo, capovolgendolo, rivoltandolo-. Il trasumanar viene introdotto attraverso il mito di Glauco. Il termine cruciale è qui rappresentato dal verbo gustar che rimanda in antitesi al gustar del legno di Adamo, quindi al peccato che mette in relazione l'albero della conoscenza del bene e del male con il simbolo della croce, che ha rimediato alla colpa del primo uomo. Quindi nel diletto legno non si cela solo il riferimento alla pianta d'alloro sacra ai poeti, ma quella croce nel cui segno la poesia dantesca rivendica il primato rispetto alla poesia pagana.