Il fronte interventista e le promesse di guerra
Il fronte interventista era variegato e potente. Oltre agli irredentisti e ai futuristi, comprendeva:
I nazionalisti, guidati da figure come Corradini, Papini e D'Annunzio, credevano nel "darwinismo sociale" - l'idea che i più forti avessero diritto a sottomettere i più deboli. Per loro, la guerra era un'occasione per dimostrare la forza della nazione.
L'industria pesante sosteneva l'intervento poiché avrebbe tratto profitto dalla vendita di armi, abbigliamento e altri materiali bellici. Anche le alte gerarchie militari e il re erano favorevoli.
Benito Mussolini, ex socialista, passò sorprendentemente al fronte interventista, segnando una svolta nella sua carriera politica.
La propaganda interventista utilizzava toni patriottici ed emotivi, con manifesti che invitavano all'arruolamento e dipingevano la guerra come un dovere nazionale.
Dall'altro lato, i neutralisti diffondevano messaggi come:
"Rifiutiamo le armi! Non è per l'orrore dell'uccisione che il proletario si rifiuta di impugnare il fucile che gli offre la borghesia, ma perché egli non vuole servirsene per accrescere il potere della borghesia medesima."
Osservazione importante: La propaganda di guerra rappresentò il primo esempio moderno di comunicazione di massa finalizzata a mobilitare l'opinione pubblica verso un obiettivo politico-militare.
La battaglia tra interventisti e neutralisti non riguardava solo la partecipazione alla guerra, ma rifletteva visioni contrapposte della società e del futuro dell'Italia, anticipando le divisioni che avrebbero caratterizzato il dopoguerra.