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La Prima Guerra Mondiale

6/11/2022

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-1° Guerra Mondiale-
La prima Guerra Mondiale (1914-1918), ebbe cause remote di carattere
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-1° Guerra Mondiale- La prima Guerra Mondiale (1914-1918), ebbe cause remote di carattere politico, economico, militare e socioculturale. cause politiche Riguardavano i contrasti fra gli stati europei e alcuni problemi presenti al loro interno, come: il desiderio di rivincita dei Francesi rispetto alla grave sconfitta data dai Tedeschi nella guerra del 1870-1871, con la conseguente rivendicazione dell'Alsazia e della Lorena; la rivalità tra Austria e Russia per il predominio nell'area dei Balcani; il malcontento delle varie nazionalità presenti all'interno dell'Impero austro-ungarico e in particolare degli Slavi e degli Italiani del Trentino e della Venezia Giulia; la crisi dell'Impero ottomano, acuita dalle guerre balcaniche e dalle decisioni del trattato di Bucarest, che spinsero la Turchia a stringere dei legami molto saldi con l'Austria; la presenza di due schieramenti di Stati contrapposti, come la Triplice Alleanza (Germania, Austria e Italia) e la Triplice Intesa (Gran Bretagna, Francia e Russia). cause economiche Le principali cause economiche furono: la rivalità economica tra la Gran Bretagna e la Germania, provocata dalla rapida crescita industriale di quest'ultima. Sin dall'epoca di Bismarck, i governi tedeschi aspiravano al controllo dell'area centro-europea e perseguivano una politica economica espansionistica. L'accresciuta presenza economica della Germania nell'area balcanica e del Medio Oriente preoccupava non solo gli Inglesi ma anche i Russi, per i loro forti interessi in quelle zone; la necessità per tutte le potenze industriali di espandere il proprio mercato e di...

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Didascalia alternativa:

garantirsi il rifornimento delle materie prime. Così avevano creato grandi imperi coloniali, che occorreva difendere e espandere. Perciò nacquero dei motivi di conflitto dove le zone di influenza non erano ben definite, e dove si delineava la possibilità di incremento delle attività commerciali da parte di un altro Paese. ause militari Le cause militari sono da ricercarsi nella politica militarista delle grandi potenze e nella corsa agli armamenti dei Paesi europei più industrializzati. Fu determinante la spinta dei forti gruppi industriali, soprattutto dei proprietari delle fabbriche di materiale bellico. cause culturali La scelta dei governi di dichiarare la guerra o di entrare nel conflitto già in atto fu facilitata: dal dilagante nazionalismo; dalle tesi razziste sulla necessità di salvaguardare l'identità nazionale; dall'applicazione del darwinismo alle relazioni internazionali, cioè dalla convinzione che la guerra tra gli Stati fosse l'equivalente della lotta per la sopravvivenza in natura; dal fatto che molti giovani vedessero nella guerra l'unica possibilità di cambiamento della situazione sociale e politica, l'occasione che avrebbe consentito loro di realizzarsi. cause occasionali - Il 28 giugno 1914 il nazionalista serbo Gavrilo Princip, uccise a Sarajevo l'erede al trono d'Austria, l'arciduca Francesco Ferdinando, e sua moglie Sophie. L'attentato era stato preparato a Belgrado e il governo serbo, secondo gli Austriaci, non avevano fatto nulla per impedirlo. Il realtà l'Austria approfittò del grave fatto di sangue per motivare un'aggressione militare alla Serbia e risolvere la questione balcanica. Il 23 luglio inviò alla Serbia un ultimatum che richiedeva entro 48 ore: la soppressione delle organizzazione irredentistiche slave; il divieto di ogni forma di propaganda antiaustriaca; l'apertura di un'inchiesta sull'attentato, condotta da una commissione mista serbo-austriaca. Erano richieste umilianti. Il governo serbo non poteva che respingerle, perché accettandole avrebbe rinunciato alla piena sovranità sul proprio territorio. Di conseguenza il 28 luglio l'Austria dichiarò guerra alla Serbia. le prime fasi della guerra Immediatamente scattarono le clausole delle alleanze stabilite negli anni precedenti e si passò a una guerra europea. All'ordine di mobilitazione generale impartito all'esercito il 29 luglio dallo zar di Russia (il quale apparteneva alla Triplice Intesa), rispose la Germania (che invece apparteneva alla Triplice Alleanza), che dichiarò guerra non solo alla Russia, ma anche alla Francia, perché si dava per scontato un suo intervento al fianco della Russia. Le truppe tedesche diedero il via al "piano Schlieffen", il quale prevedeva un attacco massiccio alla Francia aggirando le difese militari mediante l'attraversamento di Belgio e Lussemburgo. L'occupazione di questi paesi neutrali determinò l'immediato intervento della Gran Bretagna a fianco della Francia e della Russia, contro l'Austria e la Germania, il 4 agosto del 1914. Fra gli aderenti ai due schieramenti, solo l'Italia dichiarò la propria neutralità. Sul fronte occidentale, in Francia, l'esercito tedesco avanzava rapidamente ma, arrivato a pochi chilometri da Parigi, fu bloccato dai francesi sul fiume Marna, lungo le cui rive, dal 6 al 12 settembre, si scontrarono 2 milioni di uomini senza aggiudicare alcuna vittoria. guerra di posizione Dall'autunno del 1914, i due eserciti furono costretti a fronteggiarsi su una linea che andava dal Mare del Nord fino alla Svizzera. Come sistemi di difesa, furono predisposte le trincee, dei fossati scavati del terreno che furono poi allargati, dotati di ripari e di reticolati di filo spinato. Si era passati quindi da una guerra di movimento a una guerra di posizione. Sul fronte orientale, tra la fine di agosto e gli inizi di settembre, le truppe tedesche sconfissero i Russi nelle battaglie di Tannenberg e dei Laghi Masuri. Il 31 ottobre entrò in guerra anche la Turchia, in appoggio degli imperi centrali. -L'Italia in guerra Nell'agosto del 1914, il governo presieduto da Antonio Salandra proclamò la neutralità del paese appellandosi alle clausole della Triplice Alleanza, che prevedevano solo guerre difensive. In questo caso l'Austria e la Germania erano gli aggressori, non gli aggrediti. Si aprì un animato dibattito sulla possibilità di un intervento contro l'Austria, che avrebbe consentito di riunire all'Italia Trento e Trieste. Si formarono così 2 schieramenti: neutralisti → era la maggioranza della popolazione e dei parlamentari, e volevano la neutralità dell'Italia; uno dei principali esponenti fu Giovanni Giolitti, che voleva ottenere dall'Austria Trento e Trieste proponendo in cambio la propria neutralità. Oltre ai liberali, si schierarono contro la guerra la maggioranza dei socialisti, i quali ritenevano la guerra come uno scontro fra opposti interessi capitalistici, dal quale i proletari avrebbero avuto solo danni. Anche la maggior parte dei cattolici rifiutavano la guerra, difatti lo stesso papa Benedetto XV invitò i governi a trovare degli accordi per mantenere la pace. interventisti → erano soprattutto irredentisti e nazionalisti, convinti che la guerra fosse un segno di vitalità della nazione. Gabriele D'Annunzio e Giovanni Papini si distinsero. Gli interventisti di destra avevano come obiettivo la liberazione di Trento e Trieste, così da ottenere un prestigio internazionale. Erano favorevoli alla guerra anche gli alti ufficiali dell'esercito e l'ambiente che circondava il re Vittorio Emanuele III, la piccola borghesia e i grandi industriali. Gli interventisti di sinistra erano rappresentati da democratici come Salvemini, Chiesa e De Andreis, e da repubblicani e socialisti come Bissolati e Labriola. L'Italia, secondo loro, doveva schierarsi a fianco dei Paesi democratici dell'Intesa contro i regimi autoritari dell'Austria e della Germania, per contribuire a liberare tutte le nazionalità oppresse. L'organo principale dell'interventismo di sinistra divenne in quotidiano "Il Popolo d'Italia", diretto da Benito Mussolini. Gli interventisti erano una minoranza molto attiva e potevano contare l'appoggio del re e dei giornali. il patto di Londra Il governo italiano agiva per vie diplomatiche. Il tentativo di ottenere dall'Austria il riscatto dei territori italiani ancora sotto la sua sovranità, fu inutile, perché il governo austriaco intendeva attendere la fine del conflitto prima di dare attuazione a qualsiasi fatto. Al contrario fu raggiunto, con le potenze dell'intesa, un accordo basato sulla richiesta di sottrarre territori ai paesi nemici. Il 26 aprile 1915, il ministro degli esteri Sonnino sottoscrisse, a nome del governo, il patto di Londra, un trattato segreto stipulato ignorando completamente la volontà neutralista della maggioranza del Parlamento. Il patto impegnava l'Italia a entrare in guerra nel giro di un mese e le garantiva, in caso di vittoria dell'intesa, Trento e Trieste, il SudTirolo, l'Istria, la Dalmazia, la base di Valona in Albania, la completa sovranità sulle isole del Dodecaneso, bacino carbonifero di Adalia; inoltre fu concordata la possibilità di partecipare all'eventuale spartizione delle colonie tedesche. E' evidente che i compensi territoriali richiesti andavano ben oltre il semplice recupero delle terre irredente. l'Italia in guerra Il 3 maggio l'Italia uscì dalla Triplice Alleanza. Nel frattempo il governo contribuiva a creare artificiosamente un clima di tensione, incoraggiando delle tumultuose manifestazioni di piazza, per portare l'opinione pubblica su posizioni interventiste. In queste dimostrazioni si distinsero, per attivismo e violenza verbale, Benito Mussolini e Gabriele D'Annunzio. Ebbe il sopravvento il volere della piazza, della corte e del governo. Il 24 maggio 1915 l'Italia dichiarò guerra all'Austria-Ungheria. -La grande guerra 1915-1916: gli avvenimenti sul fronte italiano Il 24 maggio 1915 l'esercito italiano non era ancora pronto a sostenere un conflitto, a causa dell'inefficienza organizzativa, delle carenze nell'armamento, dalla scarsa preparazione tecnica e l'imperizia di molti ufficiali. La linea del fronte italo-austriaco, che andava dal passo dello Stelvio alla foce del fiume Isonzo, rendeva difficile la tenuta delle posizioni da parte delle truppe italiane. Lo schieramento presentava un punto debole in direzione dell'Altopiano di Asiago. Qui i nemici, aprendo un piccolo varco, avrebbero potuto cogliere alle spalle la maggior parte dell'esercito italiano, schierato più a est. Come comandante supremo dell'esercito italiano fu nominato il generale Luigi Cadorna. Non si fidava dell'esercito di massa, formato da militari di leva, e ricorse a gravi punizioni per ogni mancanza. I tentativi di diserzione erano puniti con la fucilazione e, in caso di reati collettivi, agli ufficiali era permesso di estrarre a sorte tra gli indiziati alcuni militari e punirli con la pena di morte. Il generale Cadorna, decise di portare un attacco frontale agli austriaci. Fra giugno e dicembre del 1915 si svolsero le prime 4 battaglie dell'Isonzo, che provocarono migliaia di vittime, ma non conseguirono alcun successo. Col nuovo anno, il fronte italo-austriaco conobbe un maggior dinamismo. Nel giugno del 1916 gli Austriaci scatenarono la spedizione punitiva contro l'ex alleato ritenuto colpevole di tradimento. Le truppe austriache riuscirono a penetrare nel nostro territorio, fino ad occupare Asiago. Ma ben presto l'offensiva si arrestò per la resistenza italiana e perché l'esercito austriao dovette affrontare l'attacco dei Russi sull'altro fronte. Le spallate autunnali del Carso (settembre-novembre 1916), consolidarono le posizioni raggiunte e segnarono il ritorno alla guerra di logoramento, nelle trincee. 1915-1916: le vicende sugli altri fronti Nel 1915 i tedeschi riuscirono a occupare importanti zone industriali della Francia e a controllare le attività produttive ed estrattive del Belgio. L'entrata in guerra della Bulgaria favorì il crollo della Serbia. All'inizio del 1916 i tedeschi prepararono contro l'esercito francese un'offensiva che sfociò nella battaglia di Verdun. Gli alleati anglo-francesi risposero con la battaglia delle Somme, che consentì la tenuta del fronte francese. Il 4 giugno, sul fronte austro-russo era entrato in azione l'esercito dello zar che aveva ottenuto un importante successo, facendo arretrare gli avversari e prendendo prigionieri 400.000 soldati. Sin dall'inizio del conflitto, la Gran Bretagna aveva attuato un blocco navale al fine di impedire che ai porti tedeschi giungessero materie prime. Dopo quasi 2 anni di conflitto, ciò iniziò ad avere delle forti ripercussioni sull'economia degli imperi centrali. La flotta della germania affrontò la marina inglese nel Mare del Nord, dove si svolse la battaglia navale dello Jutland. I tedeschi inflissero all'avversario notevoli perdite, ma non riuscirono a sottrarre agli inglesi il dominio dei mari. Gli imperi centrali riuscirono a impadronirsi della Romania, da poco entrata in guerra, ottenendo in questo modo una buona fonte di approvvigionamento militare e petrolifero. Il loro alleato turco era in difficoltà a causa delle rivolte delle tribù arabe, fomentate e sostenute dagli inglesi. Nel novembre del 1916 morì l'imperatore austriaco Francesco Giuseppe e gli successe Carlo I. la svolta del 1917 Sin dal mese di febbraio del 1917, i tedeschi decisero di intensificare la guerra sottomarina per bloccare tutti i rifornimenti ai Paesi nemici e isolare economicamente la Germania. I sottomarini tedeschi affondarono le navi mercantili e per il trasporto dei passeggeri come la "Lusitania" che aveva causato 124 morti statunitensi. Gli Stati Uniti si ribellarono con la forza. La guerra sottomarina, che danneggiava i loro intensi scambi con la Francia, l'Italia e soprattutto l'Inghilterra, spinse gli USA ad entrare nel conflitto a fianco della Triplice Intesa nel 1917, principalmente per interessi economici. Il 1917 fu un anno decisivo per le sorti del conflitto. Nel marzo il regime zarista cadde, al cui posto sorse una repubblica, e il neo governo decise di proseguire la guerra. I tedeschi riuscirono ad entrare in territorio russo a causa di un abbandono del fronte da parte di questi ultimi. La situazione interna della Russia divenne sempre più confusa fino alla rivoluzione dell'ottobre 1917 quando il potere fu assunto dai comunisti con a capo Lenin. Il nuovo governo decise di uscire dalla guerra e avviare con gli imperi centrali le trattative di pace, con l'accordo di Brest-Litovsk (3 marzo 1918). La Russia fu obbligata a pesanti concessioni: la Germania ottenne la Polonia e i Paesi baltici, mentre l'Ucraina divenne indipendente. Caporetto: la disfatta dell'esercito italiano L'Austria e la Germania poterono spostare delle truppe sul fronte occidentale e su quello italiano. Gli Austriaci e i Tedeschi sfondarono le linee italiane a Caporetto il 24 ottobre del 1917. La sconfitta ebbe ripercussioni politiche immediate: fu formato un nuovo governo presieduto da Vittorio Emanuele Orlando. Il generale Cadorna fu sostituito dal generale Armando Diaz, che decise di sistemare una nuova linea di difesa sul fiume Piave dove, il 12 novembre, fu bloccata l'offensiva austriaca. La sconfitta fu dovuta in realtà al fatto che i soldati erano ormai logorati, nel fisico e nello spirito, dalle stragi effettuate e subite e dalla morte sempre incombente. Il rifiuto della guerra si manifestava soprattutto in comportamenti individuali come la diserzione, la fuga, la simulazione di malattie o autolesionismo o addirittura si procuravano volontariamente delle mutilazioni tali da giustificare l'esenzione dal servizio militare. il coinvolgimento dei civili A subire danni e perdite furono gli abitanti delle zone in cui si svolgevano i combattimenti. Coloro che vivevano in un paese straniero potevano trovarsi nella condizione di nemico: venivano quindi sottoposti a una confisca dei beni e a vari gradi di detenzione. Le minoranze etniche furono sottoposte a rigidi controlli perché sospettate di possibile tradimento. Ma anche le popolazioni che vivevano lontane dal fronte subirono le conseguenze del conflitto: pesanti limitazioni della libertà personale, razionamento del cibo, rialzo dei prezzi e aumento dei carichi di lavoro. Tutta la popolazione fu militarizzata, i soldati costituivano il fronte esterno, la popolazione che lavorava nelle fabbriche a sostegno dello sforzo bellico formava il fronte interno. Il peggioramento delle condizioni di vita portò a delle proteste in Francia, Germania e Italia, soprattutto nel 1917 a Torino. il nemico interno e la propaganda Per ottenere il successo finale i governi sottoposero le rispettive popolazioni a uno sforzo di mobilitazione totale. Venne imposta una stretta censura su tutte le voci che rivelavano le difficili situazioni dei fronti o le reali condizioni di vita dei soldati, come pure quelle che richiedevano la fine della guerra, tutte accomunate sotto il nome di "disfattismo". Per mobilitare la popolazione i governi ricorsero massicciamente alla propaganda. Vennero stampati in enormi quantità manifesti e cartoline che esaltavano le doti e le vittorie del proprio esercito, oppure prospettavano disastri e violenze di ogni genere in caso di vittoria nemica. Anche il cinema, nato da poco, venne posto a servizio della causa nazionale. I bambini divennero oggetto peculiare di indottrinamento, a partire dalla scuola fino ad arrivare a libri e giocattoli, tutti di carattere bellico. 1918: la conclusione del conflitto La Germania e l'Austria avvertivano sempre di più che il blocco economico, attuato dall'Intesa, impediva di prolungare ulteriormente lo sforzo bellico. Da qui l'esigenza di passare all'offensiva. Nella primavera del 1918 l'attacco portato dai Tedeschi sul fronte occidentale si arenò contro la reazione delle truppe anglo-francesi, che ebbero la meglio nelle battaglie della Marna e di Amiens (luglio-agosto 1918). Successivamente tutti i fronti degli imperi centrali crollarono. Il 29 settembre la Bulgaria si arrese all'esercito franco-serbo. L'Ungheria, la Cecoslovacchia e la Jugoslavia si dichiararono indipendenti dall'Austria, che dovette subire la controffensiva italiana. Difatti, il 29 ottobre 1918 l'esercito austriaco fu sconfitto nella battaglia di Vittorio Veneto e costretto alla ritirata. Il 3 novembre, a Villa Giusti, nei pressi di Padova, venne siglato l'armistizio che siglava la vittoria dell'Italia. L'11 novembre l'imperatore Carlo I abdicò e abbandonò l'Austria, dove venne proclamata la repubblica. Il 30 ottobre si arrese la Turchia, mentre la Germania si preparava alla resa definitiva. Il 9 novembre l'imperatore Guglielmo II lasciò il trono e anche a Berlino fu proclamata la repubblica. Il nuovo governo, presieduto dal socialdemocratico Ebert, iniziò subito le trattative che portarono alla firma dell'armistizio di Rethondes (11 novembre). Terminava così la 1° Guerra Mondiale.