Il dibattito sull'intervento italiano
Dopo la dichiarazione di neutralità, in Italia si aprì un acceso dibattito sulla possibilità di entrare in guerra. La questione delle terre irredente di Trento e Trieste, ancora sotto dominio austriaco, divideva l'opinione pubblica tra due schieramenti: interventisti e neutralisti.
I neutralisti, maggioritari ma meno influenti, includevano Giolitti, la Chiesa e gran parte della popolazione. Papa Benedetto XV condannò ripetutamente il conflitto, definendolo un'"inutile strage" e un'"orrenda carneficina che disonora l'Europa", invitando i governi a trovare accordi pacifici.
Gli interventisti, pur essendo in minoranza, erano molto più attivi e rumorosi. Si dividevano tra destra (nazionalisti, irredentisti, grandi industriali e il Re) e sinistra (rappresentata da democratici, repubblicani e alcuni socialisti come Bissolati).
🔍 Il dibattito mostrò una profonda spaccatura nel paese: mentre la maggioranza della popolazione desiderava la pace, le élite politiche e culturali spingevano per la guerra.
La propaganda interventista trovò voce in figure influenti come Gabriele D'Annunzio e Benito Mussolini. Quest'ultimo, inizialmente direttore dell'Avanti! (giornale socialista neutralista), cambiò posizione e fu espulso dal partito, fondando "Il Popolo d'Italia" per sostenere l'intervento.