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vita e opere di Alessandro Manzoni e tutta la storia riassunta de “I Promessi Sposi”

16/9/2022

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ALESSANDRO MANZONI
LA VITA
Alessandro Manzoni nasce a Milano nel 1785, da Giulia Beccaria (figlia di Cesa-
re Beccaria, autore "dei delitti

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ALESSANDRO MANZONI LA VITA Alessandro Manzoni nasce a Milano nel 1785, da Giulia Beccaria (figlia di Cesa- re Beccaria, autore "dei delitti e delle pene") e Pietro Manzoni. Quando il figlio era ancora piccolo, i due si lasciarono, segnandogli profondamente l'infanzia: fu costretto ad andare da un collegio all'altro, e, proprio per l'insegnamento duro di questi, decise di abbandonare la fede cattolica. Nel 1805 andò a Parigi dalla madre, dove trascorrerà cinque anni decisivi per la sua formazione politica e culturale. Nel 1808 sposò Enrichetta Blondel, che dalla fede calvinista, si convertì al cattolicesimo. Grazie a lei, anche il poeta tornò a professare la religione cattolica. Dopo il 1810, tornò a Milano, dove ebbe molte idee per le sue opere. Dal 1833 vede morire 6 figli, Enrichetta, la madre e la seconda moglie. Nel 1861 viene nominato senatore del Regno d'Italia dal re Vittorio Emanuele II, e Manzoni morì a Milano nel 1873. È considerato il "2º padre della lingua italiana". LE OPERE • Le tragedie: composto da 2 tragedie: Adelchi: (si ispira alla fine della dominazione longobarda); o Il Conte di Carmagnola. • Gli Inni Sacri: sono 5 componimenti poetici che celebrano le ricorrenze religiose: o La Resurrezione, Il nome di Maria, Il Natale, La Passione, La Pentecoste. • Le odi: sono 2 componimenti civili, nella quale riflette su eventi storici...

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Didascalia alternativa:

del suo tempo: Marzo 1621; Cinque Maggio*: morte di Napoleone. • I Promessi Sposi*: é un romanzo storico. Fece 3 stesure. Affina da sé la lingua. *IL CINQUE MAGGIO "Il Cinque Maggio" fu composto da Manzoni in soli tre giorni dopo aver saputo della morte di Napole- one, avvenuta nell'isola di Sant'Elena nel 1821. Di Napoleone, dice Manzoni, non è mai stato nè un sostenitore nè un una persona che lo ha denigra- to, ma resterà sempre un personaggio importante. Il poeta ricorda le spedizioni militari che ha fat- to, e poi se lo immagina sulla scrivania, con occhi bassi e braccia conserte che voleva scrivere sulle sue imprese, ma era stato ormai sconfitto. *I PROMESSI SPOSI "I promessi sposi" è un romanzo storico (un romanzo con vicende storiche che si mescolano con per- sonaggi inventati, in cui si raccontano le condizioni di vita del tempo, i vestiti, le usanze...), diviso in 38 capitoli. La lavorazione è stata dal 1821 al 1823, con diverse modifiche (all'inizio si chiamava "Fermo e Lu- cia" e, dopo delle revisioni, fu pubblicato nel 1827 con il nome "I promessi sposi"). Nel 1840 (qua- rantana) uscì la versione definitiva, con un cambio di lingua. Ha "sciacquato i panni in arno" (cioè, ha tolto le robe che non gli piacevano, cambiando anche alcune parole, e togliendo il france- sismo [parole in francese]). Usò la finzione letteraria (cioè racconta di aver trovato un manoscritto del '600 e di averlo giu- dicato interessante). Per Manzoni, la letteratura deve avere: il vero per soggetto (in cui le cose raccontate devono essere vere), l'utile per scopo (deve servire a qualcosa), e l'interessante per mezzo (deve essere interessante anche per attirare attenzione). La storia è ambientata in Lombardia nel '600 (precisamente, dal 1628 al 1631) durante guerra, fame e peste (portata dagli lanzichenecchi). Al centro del romanzo Manzoni mise il popolo (perché la gente comune è più brava ad accogliere il messaggio cristiano), e i protagonisti sono due semplici popolani. C'è l'intervento costante della Provvidenza (cioè, ciò che ci accade è deciso da Dio e, anche se noi non capiamo, Lui ha un progetto, e noi dobbiamo solo avere Fede. 1 LA VITA: Manzoni nasce a Milano nel 1785. Dopo la separazione dei suoi genitori, e lo spostamento tra i vari severi collegi, abban- donò la fede cattolica. Va a Parigi dove sposa Enrichet- ta Blondel, e dal 1810 compose diverse opere. Dopo la morte di alcuni familiari stretti, muore nel 1873. Alcuni anni prima era stato nominato senatore del Regno d'Italia. LE OPERE: 1. le tragedie: 2 2. gli Inni sacri: 5 3. le Odi: 2 4. I Promessi Sposi IL CINQUE MAGGIO: Fu composto da Manzoni alla scoperta della morte del Gene- rale francese. In questa opera, ricorda quello che ha fatto. I PROMESSI SPOSI: È un romanzo storico diviso in 38 capitoli. Dopo diverse revisioni, la ver- sione definitiva de "I promessi sposi" uscì nel 1840, dove, ris- petto alle versioni precedenti, sciacquó i panni in arno. È ambientato in Lombardia dal 1628 al 1631, e parla di due semplici popolani. C'è l'inter- vento della Provvidenza. I PROMESSI SPOSI (1) di Alessandro Manzoni I protagonisti Renzo Tramaglino e Lucia Mondella vogliono sposarsi, e chiedono a don Abbondio se fosse pos- sibile farlo, ma dopo l'incontro del parroco con due bravi, al servizio del signorotto della città, don Rodrigo, cambierà idea. Su consiglio di Agnese, Lorenzo andò dall'avvocato Azzeccagarbugli, che però si rifiutò di aiu- tarli. Allora fra Cristoforo provò ad andare da don Rodrigo, per chiedergli se potesse smetterla di infastidirli, ma si rifiutò. Così i due innamorati cercarono di sposarsi in un modo alternativo, ma non riuscirono. Poi fra Cristoforo consigliò ai due di dividersi: Lucia andò in un convento a Monza, mentre Renzo a Milano, do- ve trovò la città sottosopra. Da lì, andò al fiume Adda, per arrivare poi alla Repubblica di Venezia. Il romanzo inizia con una tecnica "cinematografica", in cui Man- zoni descrive prima le due catene di monti del Resegone, tra il lago di Como. E poi, dopo le terre, alla città di Lecco (in cui dice che in quel tempo c'erano un comandante e dei soldati spa-gnoli, che importunavano le donne del paese, e picchiavano i mariti che gli andavano contro; e rubavano ai contadini i loro prodotti = ironia di Manzoni). Poi il poeta inizia a "restringere il campo" par-lando delle stradine della città, dicendo che potevano essere più o meno ripide. In una di queste strade, la sera del 7 novembre 1628, si trovava il parroco don Abbondio che stava tornando a casa sua, camminando. Intanto pregava e, a volte, chiudeva il suo brevario tenendo il se- gno con l'indice, e ripeteva, guardando a terra. Se c'erano sassi un po' più grandi per lui, li spostava con i piedi. Ad un certo punto, il curato si trovò la strada che si divideva in altre due stradine (a ipsilon). Tra le due, si accorse, c'erano due bravi, uno in piedi e l'altro appoggiato al muro. Quando lo videro, si misero "composti". I loro capelli, che cadevano sulla spalla, erano racchiusi in una retina verde (usate per coprirsi in caso di alcune rapine) e avevano due lunghi baffi. Il corpo era ricoperto di armi: sulla cintura due pistole, sul petto appeso un corno con della polvere, nei calzoni un coltellaccio, e una spada. All'inizio don Abbondio pensò a cosa avesse mai fatto di male, poi guardò indietro, fingendo di doversi sistemare il colletto, per vedere se qualcuno potesse aiutarlo in quel momento, ma dato che non c'era nessuno nei paraggi, decise di affrettare il passo verso i malviventi. Una volta da loro, gli chiese cosa volessero da lui e gli risposero che "questo matrimonio non s'ha da fare nè domani, nè mai". Inizialmente il parroco non volle, ma dopo che i due gli dissero che erano stati mandati da don Rodrigo, decise di promettere di non celebrare le nozze. Dopo questo brutto incontro, i bravi se ne andarono, e don Abbondio potè finalmente tornare a casa sua, impaurito. Quando arrivò, anche se non volendo, raccontò tutto alla domestica Perpetua. Renzo si presentò il giorno dopo da don Abbondio tutto elegante, per sapere l'ora in cui si sarebbe svolta la cerimonia. Il prete si diede malato per non celebrarla, per poi dirgli che avrebbe dovuto aspettare qualche giorno. Quando il ragazzo uscì dal la casa del parroco, incontrò Perpetua, che gli fece intendere che sotto quella storia c'era un "prepotente" che non voleva che i due si sposassero. Allora Renzo rientrò a parlare con il curato, e quest'ultimo, dopo varie minacce dello sposo, gli raccontò tutto. Il ragazzo, allora, corse a riferire tutto a Lucia. Una volta nel cortile chiese a una bambina se po- tesse andare a chiamare la compagna. Lucia era ancora sotto le mani della madre e delle amiche: i capelli neri erano raccolti in trecce, che trapassavano gli spilli dei raggi dell""aureola", nel collo aveva una collana di pietre, il busto era ornato da fiori, le maniche erano separate, la gonna e le calze rosse erano di seta. Lucia scese da Renzo, e lui le spiegò tutto. La ragazza però sapeva già chi era don Rodrigo, perché lui la importunava. Mandarono a casa le amiche e spiegarono tutto ad Agnese, la madre di Lucia, che propose di andare dall'avvocato Azzeccagarbugli. Così Renzo ci andò, portandogli dei capponi. Inizialmente l'avvocato pensava che Renzo era il colpe- vole, ma quando gli disse che lui era la vittima e che era don Rodrigo il prepotente, lo cacciò essendo un amico del signorotto. Il promesso sposo, allora, andò da fra Cristoforo, che decise di andare lui di persona a parlare a Rodrigo. Gli chiese di smetterla di infastidire Lucia, e dopo che il cattivo propose di portarla da lui per proteggerla, il frate si arrabbiò, dicendo che "verrà un giorno..." 2 I PROMESSI SPOSI: Renzo e Lucia vogliono sposarsi, ma Rodrigo non glielo permette. Così provano a parlarci, ad an- dare da un avvocato o di sposarsi in un altro modo, ma fallendo in tutti i casi, si dividono. La sera del 7/11/1628 don Ab- bondio camminava verso casa, pregando, quando ad un certo punto incontrò due bravi di don Rodrigo che gli dissero che "questo matrimonio non s'ha da fare nè domani, nè mai". Se lo avesse celebrato, lo avrebbero ucciso. Dopo l'avvertimento, i bravi se ne andarono, e il par- roco corse a casa, dove rac- contò tutto a Perpetua. Renzo scoprì che non potè più sposarsi solo grazie a Perpe- tua, siccome all'inizio il parroco non glielo volle dire. Andò a riferire tutto a Lucia che si stava preparando, ma lei sapeva già tutto. La madre pro- pose andare da Azzeccagar- bugli, ma era amico di Rodrigo, e non li aiutò. Allora fra Cristo- foro andò di persona a parlare con il signorotto. I PROMESSI SPOSI (2) di Alessandro Manzoni Non mollarono: la madre propose ai due di provare a sposarsi in un metodo alternativo, e bisognava avere solo la presenza di un prete e di due testimoni. Renzo, allora, li cercò. Sfruttò il debito di un amico, Tonio, che aveva con il curato, dandogli i soldi in cambio della presenza su e di suo fratello, Gervaso. La sera stessa andarono a casa del curato. Agnese distrasse Perpetua e i testimoni, seguiti dagli sposi, entrarono. Di soppiatto i due recitarono il rito, ma don Abbondio lanciò una tovaglia in faccia a Lucia, non permettendole di finire la frase, e scappò, suonando poi le campane. Solo dopo si scoprì che don Rodrigo aveva mandato dei bravi a rapire Lucia, ma erano scappati al suono delle campane. Agnese, Lucia e Renzo allora andarono da fra Cristoforo, che propose di dividersi: Lucia e la madre andranno al convento di Monza, mentre Renzo dovrà andare a Milano. Già la mattina dopo partirono. I tre restarono con gli sguardi sul paesaggio: guardarono i monti e la città, distinguendo case e capanne. Lucia vide anche casa sua e il suo giardino, assieme alla finestra di camera sua. Poi disse addio ai monti (del Resegone), alle acque, al cielo, alla casa e alla chiesa che non vedrà per molto tempo... Arrivati a Monza, proseguirono per il convento. Poi, Renzo partì per Milano. Il padre le presentò a Gertrude, la monaca, che stava vicino alla grata. Sembrava una ragazza di venticinque anni, bella, ma stanca. Aveva un velo nero con sotto una benda di lino bianca che la avvolgeva, dalla quale uscivano delle ciocche di capelli neri, visibili dalla fronte pallida. Le sopracciglia erano nere, come gli occhi che a volte guardavano il viso delle persone, ma che poi scendevano in fretta. La tonaca era attillata alla vita. Ormai le altre suore e il padre guardiano erano abituati a vedere le stranezze della signora; le altre due donne invece non se ne resero conto, non avendo mai visto una monaca. Gertrude, così, chiese la storia di Lucia, e quest'ultima divenne rossa, abbassando poi la testa. Quando Renzo arrivò a Milano, trovò la città in un momento difficile. Il popolo aveva fame, non a- vendo cibo. Così i popolani decisero di andare a protestare: in massa arrivarono al Forno delle Gruc- ce, gridando che volevano pane e cercando di entrare dalle porte ormai chiuse. Poco dopo arrivò il capitano di giustizia con dei soldati, che cercarono di farsi spazio tra la folla per entrare. Una volta che furono dentro, andarono al piano superiore per cercare di calmarli dalla finestra, ma niente: il popolo continuò a protestare, ignorandolo. Dopo che un popolano gli lanciò una pietra in faccia, il capitano si alterò, e cominciarono a fare lo stesso: lanciarli cose. Però la folla riuscì ad accedere dentro il forno, ignorando i fornai che erano andati a rifugiarsi sui tetti, e rubarono tutto il pane e la farina. Quando questa protesta arrivò al termine, si era già fatta sera, e Renzo, che era riuscito a prende- re solo due pagnotte per strada, cercò un'osteria. La trovò grazie a un soldato spagnolo. Si sedet- tero, e Renzo, che aveva bevuto un po', raccontò tutto. Il soldato pensò che quello era uno tra i capi dell'assalto, e quindi avvertì il proprietario. Renzo, ubriaco, restò a dormire all'osteria. La mattina dopo, quando si svegliò, lo presero per portarlo dal capitano di giustizia, ma riuscì, con l'aiuto del popolo di Milano, a scappare: vide che i capi che avevano assaltato per primi il forno, erano stati impiccati. Arrivò all'Adda, per poi, attraversando il fiume, arrivare alla Repubblica di Venezia. Intanto, don Rodrigo chiese all'Innominato se potesse aiutarlo a catturare la ragazza. Accettò. Dopo che scoprì che si trovava al convento di Monza, l'Innominato chiese a Egidio se, aiutato dalla monaca, sarebbe riuscito nell'impresa. La sera stessa, l'amante di Gertrude le chiese di aiutarlo, ma, siccome inizialmente era contraria, la minacciò di andare in giro a dire dell'assassinio di una suora che aveva ucciso. La monaca non ebbe così altre alternative: la mattina dopo chiese a Lucia di andarle a chiamare il padre guardiano, e quando uscì dal convento, il Nibbio la catturò. Lucia per tutto il viaggiò lo pregò di lasciarla andare, ma senza successo. Prima che arrivassero, l'Innominato pensava di mandarla direttamente da Rodrigo, ma una "voce" dentro di lui gli disse di no, così, quando Lucia arrivò, la fece alloggiare nella stanza di una sua serva. I PROMESSI SPOSI: 3 Gli sposi decisero di sposarsi in un altro modo, così di sera, as- sieme ai testimoni, andarono da don Abbondio. Provarono a dire il rito, ma il parroco tirò la to- vaglia in faccia a Lucia, e non riuscì a finire la frase. Fra Cri- stoforo propose di dividersi e andare in posti diversi. Lucia e la madre furono pre- sentate alla monaca di Monza, Gertrude, che volle subito sa- pere storia della promessa sposa. Renzo, arrivato a Milano, assi- stì all'assalto al Forno delle Grucce: il popolo aveva fame. Lì arrivò persino il capitano della giustizia, che però non fece granché. Dopo essere entrati, i popolani derubarono tutto. Fatta sera, Lorenzo trovò un o- steria grazie a un soldato spa- gnolo. Ubriaco, gli raccontò la storia, e l'altro capì che Renzo era uno tra i capi dell'assalto. Il giorno dopo fu arrestato, ma riuscì a scappare, andando all' Adda e poi alla Repubblica di Venezia. Dopo che don Rodrigo chiese all'Innominato di rapire Lucia, quest'ultimo la trovò e la fece catturare grazie all'inganno della monaca. I PROMESSI SPOSI (3) di Alessandro Manzoni Quando Lucia fu rapita dal Nibbio, fu portata al castello dell'Innominato. Dopo il loro incontro, per la paura, la ragazza fece un voto di castità. La mattina dopo, dopo che l'Innominato aveva tentato il suicidio, quest'ultimo andò dal cardinale Borromeo, che riuscì a fargli cambiare vita, e così liberò Lucia, mandandola poi da una famiglia ospitante. Quando la ragazza prese la peste fu mandata al lazzaretto. Qui incontrò anche Renzo, che ne aveva passate tante. Grazie a Fra Cristoforo sciolsero il voto e si sposarono. Intanto il Nibbio andò dal suo padrone, e gli disse che avrebbe preferito avere l'ordine di spararle un colpo alla schiena: Lucia gli aveva fatto compassione. Al che l'Innominato si arrabbiò con lui, siccome di compassione, il più bravo tra i bravi, cosa ne poteva sapere. Dopo averci pensato su, il signore andò a parlare con Lucia. Quando entrò nella stanza in cui si trovava, la vide rannicchiata in un angolo. Così le ordinò di alzarsi, e lei lo fece solo dopo che l'altro le urlò. La ragazza gli chiese che cosa avesse mai fatto di male a lui, finendo la frase con "in nome di Dio...". L'Innominato, allora, le rispose con "Dio, Dio, sempre Dio: coloro che non possono difendersi da sé, che non hanno la forza, sempre han questo Dio da mettere in campo", e lei disse che "Dio perdona tante cose, per un'opera di misericordia". Poi chiese quando poteva liberarla, e lui disse "domattina", ma in realtà intendeva che la mattina dopo sarebbe andata da don Rodrigo. Così, dato il fraintendimento, lei chiese se potesse farla uscire già quella sera, ma non acconsentì. Da quel momento, quando l'uomo uscì, la ragazza pregò la Madonna. Poi, data la disperazione fece un voto di castità, che comprendeva nel non sposarsi. Intanto, quella stessa notte, l'Innominato pensò a tutte le cose spietate che aveva fatto durante la sua vita, e tentò quasi il suicidio. Fattasi mattina, però, sentì le campane che annunciavano festa: era arrivato il cardinale Federico Borromeo in visita alla città. Montò a cavallo, e si presentò da lui. Tra gli sguardi impauriti dei presenti, richiese di entrare a parlargli. Al cardinale fu consigliato di non farlo, ma non li ascoltò, e accolse gentilmente l'uomo. Durante il loro incontro, l'Innominato si sfogò con il Pastore, raccontandogli tutto il male che aveva commesso, finendo dicendo quello che stava succenendo a Lucia. Federico gli disse di liberarla e portarla prima da lui per capire la sua storia, e successivamente da una nobile famiglia milanese. Quando tornò al suo castello, l'Innominato convertito chiese ai suoi servi e ai suoi bravi chi volesse restare ancora con lui, senza fare mai più bravate. Il suo fidato Nibbio lo abbandonò. Intanto gli lanzichenecchi avevano portato la peste bubbonica a Milano, e presto si ammalarono e morirono migliaia di persone. Tra queste, il cugino di don Rodrigo. La sera in cui quest'ultimo "festeg-giò" la morte di Attilio, bevve tanto, che la notte stessa si sentì male. All'inizio pensava infatti che era a causa del troppo vino bevuto, ma poi si accorse che anche lui aveva contratto la malattia. Così chiamò il Griso, dicendogli di andare a chiamare il dottore, e di non dire a nessuno che aveva la peste. Ma, quando uscì, andò a chiamare i monatti. Questi, assieme al bravo, rubarono tutto l'oro dalla sua camera, per poi portarlo al lazzaretto. Poco prima di uscire, il Griso rubò qualche moneta dai vestiti del padrone (prendendo la peste). Anche Lucia aveva preso la malattia dalla sua famiglia ospitante, così fu mandata anche lei al lazzaretto. Intanto Renzo tornò a Milano dopo essere guarito dalla forma lieve della peste che aveva contratto. Poi andò a cercare la sua compagna, e, quando andò a chiedere a casa della famiglia in cui si trovava la promessa sposa, lo accusarono di essere un untore, data la sua fermezza nel voler entrare dentro, dopo che scoprì che Lucia si trovava al lazzaretto. Le persone presenti gli andarono contro per prenderlo, ma lui riuscì a scappare grazie a un carretto che trasportava i morti di peste. Una volta arrivato alla sua destinazione, incontrò Fra Cristoforo. Renzo gli disse che stava cercando Lucia, e che se fosse morta, sarebbe andato a vendicarsi da Rodrigo, siccome grazie a lui non erano riusciti a sposarsi. Il Frate si arrabbiò con lui, e lo portò dal signorotto, anche lui lì. Renzo, vedendolo in quelle condizioni, lo perdonò. Continuando il tragitto, finalmente trovò la sua amata. Lei però non voleva più averne a che fare, dato il voto che aveva fatto. Siccome Renzo voleva sposarsi però, andò a chiamare fra Cristoforo. Esso disse loro che, siccome il voto che aveva pronunciato comprendeva anche Renzo, poteva essere sciolto se la persona che lo aveva fatto voleva. E così fu. Il voto di castità fu sciolto, e i due sposi, succesivamente, si poterono finalmente sposare. La primogenita dei due la chiamarono Maria per ringraziare la Madonna. I PROMESSI SPOSI L'innominato si convrti anche grazie al Cardinale. Poi liberò Lucia, che poi però prese la peste. Al lazzaretto incontrò Renzo, e poi si sposarono. Il Nibbio disse all'Innominato che Lucia gli aveva fatto compassione. Non credendoci, le andò a parlare. La notte stessa, Lucia fece un voto di castità, e l'Innominato si suicidò se non fosse che, oltre a ricordarsi delle parole di Lucia, sentì le campane che annun- ciavano l'arrivo del cardinale Federico Borromeo. Andò da lui, e gli raccontò tutto, compresa la "prigionia" di Lucia. Il cardinale allora gli disse di portarla da lui. Così fece. Dopo averci parlato, mandò Lucia da una famiglia milanese. L'Innominato tornato al castello disse che aveva cambiato vita, e molti lo abbandonarono, tra cui il Nibbio La peste colpì molti, tra cui don Rodrigo, che, dopo aver chiesto al Griso di chiamare un dottore, lui lo tradì chiamando i monatti e derubandolo. Anche Lucia prese la peste, e andò al lazzaretto. Renzo, non sapendolo, cercò la sua amata a Milano, ma fu scambiato per untore dopo che voleva altre informazioni sul perché Lucia fosse là. Poi ci andò. Qui incontrò fra Cristoforo che gli fece vedere le condizioni di Rodrigo. Infine trovò Lucia. Dopo che chiamarono il frate a sciogliere il voto, (dopo) si sposarono. I PROMESSI SPOSI I PERSONAGGI 1. LORENZO TRAMAGLINO e LUCIA MONDELLA: inventati Sono i protagonisti, i promessi sposi. Hanno vent'anni. Renzo è un filatore di seta, ed è benestante, anche se orfano. Entrambi contrarranno la peste in forma lieve, salvandosi. frase famosa di Lucia: «Dio perdona tante cose, per un'opera di misericordia>>. 2. DON ABBONDIO: inventato Don Abbondio è il parroco che deve sposare Renzo e Lucia, ma che non gli è concesso dal signorotto don Rodrigo. È un fifone: ha scelto di fare il curato solo per non fare delle cose, ad esempio non andare in guerra. È "un animale senza artigli e senza zanne" o "un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro". frase famosa: «Uno il coraggio non se lo può dare». 3. DON RODRIGO: inventato É il signorotto della città che non vuole che Renzo e Lucia si sposino: si è invaghito di lei, solo perché ha fatto una scommessa con suo cugino, che gli ha detto che non lo avrebbe mai avuta. Proverà a rovinare le nozze in ogni modo, e cercherà anche di rapirla. Ha degli aiutanti, i bravi, che sono uomini che vogliono commettere crimini. Il loro capo è il Griso. Don Rodrigo muore con la peste. 4. FRA CRISTOFORO: inventato Il suo carattere è vivace, ma si controlla. È coraggioso e non sopporta l'arroganza e la prepotenza. Il suo nome deriva dallo schiavo che si è sacrificato per lui, quando un nobile voleva ucciderlo. Dopo lo uccise con le sue mani, e si rifugiò in chiesa, dove decise di diventare frate. Chiese anche scusa alla famiglia del nobile per averlo ucciso. Muore grazie alla peste, restando nel lazzaretto con le persone malate. Frase famosa: «Verrà un giorno...». 5. LA MONACA DI MONZA, GERTRUDE: reale Gertrude è la monaca che accolse Lucia nel convento di Monza, ma che la diede in mano all'Innominato. Ha una storia triste: sin da piccola, i suoi genitori nobili le fecero un lavaggio del cervello: da grande avrebbe dovuto fare la monaca. Così, una volta cresciuta, la mandarono in convento. Parlando con le compagne, tutte, una volta fuori, si sarebbero sposate, così capì che era meglio avere una famiglia, piuttosto di restare lì. Una volta tornata a casa, litigò con i suoi genitori perché non voleva fare quella vita, però non la ascoltarono, e fu obbligata a tornarci. Qui conobbe un signore, Egidio, la cui finestra si affacciava sul giardino interno del monastero. Si innamorò di lui, e, quando un altra suora lo scoprì, dopo una litigata, la minacciò di dirlo a tutti: quella suora scomparse nel nulla... 6. L'INNOMINATO: reale L'innominato è colui che riuscirà a catturare Lucia dal convento di Monza, e successivamente alla prigionia, liberarla (grazie alla conversione). Inizialmente era una persona malvagia, non credente e non ava rimpianti, ma grazie a Lucia, penserà a tutto ciò che ha fatto nella sua vita, e si convertirà, divenendo una persona di Fede, perdendo però così molti bravi che non volevano seguirlo nella sua strada. Tra cui il Nibbio, il capo dei suoi bravi. Frase famosa: <<Dio, Dio, sempre Dio: coloro che non possono difendersi da sé, che non hanno la forza, sempre han questo Dio da mettere in campo»>. 5 7. CARDINALE FEDERICO BORROMEO: reale BULL