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Alessandro Manzoni e i promessi sposi

20/9/2022

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Stancesco Tommes Autou
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L'illuminismo è un movimento culturale che si sviluppa prima in Inghilterra nel Settecento e poi in

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Stancesco Tommes Autou ALESSANDROMANZONI L'illuminismo è un movimento culturale che si sviluppa prima in Inghilterra nel Settecento e poi in Francia e nel resto d'Europa. Questo movimento cerca di imporre la ragione umana sull'ignoranza, la superstizione e sui pregiudizi del vecchio mondo, per raggiungere la verità con le sole forze umane. L'obiettivo è quello di creare una società illuminata, più giusta e diretta dalle regole della ragione. Tra i pensatori più illustri dell'Illuminismo ricordiamo Diderot e D'Alembert che realizzarono l'Enciclopedia, per fornire al pubblico le conoscenze sui principali settori del sapere. Jean Jacques Rousseau nel Contratto sociale afferma che lo stato non deriva da Dio, ma nasce da un contratto, con cui ogni individuo rinuncia a una libertà illimitata per leggi comuni che garantiscono il benessere collettivo. In Italia l'ambiente illuminista milanese fu molto importante perché in esso si formò Manzoni. Nel 1714 la Lombardia era passata nelle mani dell'Austria e Maria Teresa chiese aiuto a vari intellettuali per attuare alcune riforme. Fra questi ricordiamo Pietro e Alessandro Verri, e Cesare Beccaria. Pietro Verri aveva fondato il giornale "Il Caffe" in cui parlava di economia e problemi sociali. Manzoni fu influenzato dall'Illuminismo soprattutto per l'uso della razionalità umana che può mettere ordine nella società, così come anche la letteratura: con la sua funzione civile e educativa...

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Didascalia alternativa:

può cambiare il corso delle cose. Ma da sola la razionalità non assicura la felicità piena. Il Romanticismo E' una corrente culturale che si sviluppa in Europa dalla fine del Settecento alla prima metà dell'Ottocento. Questo termine fu usato per la prima volta dallo studioso tedesco Schlegel per indicare una letteratura piena di sentimento e passione, definita da lui moderna rispetto a quell'antica dei classici. Difronte al fallimento della società illuminista e egualitaria, l'intellettuale romantico si rifugia nel proprio mondo, esaltando la solitudine e l'interiorità. Altri lottano per la libertà e la giustizia, come in Italia dove i romantici sostengono la necessità del riscatto dei popoli oppressi e ciò sarà alla base del nostro moto risorgimentale. Questa corrente riprende le tradizioni antiche, i miti, le leggende, favorendo la nascita di una coscienza nazionale. Quindi anche l'arte diviene nazionale ed esprime le energie e le risorse del popolo che le ha create. La storia diviene molto importante e quindi si rivalutano le epoche passate, in particolare il Medioevo. Di conseguenza l'opera d'arte deve essere moderna, cioè rispondente alle esigenze dei tempi> nazionale, che rifletta le aspirazioni del popolo; popolare, rivolta ad un pubblico borghese; originale, che rifiuti i modelli precostituiti. In Italia il movimento cerca di portare l'Italia al livello degli altri paesi europei: per i romantici battaglia culturale e lotta politica sono legati; avevano come scopo quello di realizzare una cultura moderna, rivolta alla borghesia, in una lingua semplice e più vicina al parlato, per avere uno scopo educativo e utilitaristico. 1785-1873 VITA Torx fele light Nasce a Milano nel 1785 da Giulia Beccaria, figlia di Cesare Beccaria e Pietro Manzoni. Fu rinchiuso in vari collegi religiosi ma intanto i genitori si separarono. Per la rigida educazione si proclamò ateo. Per breve tempo visse a casa del padre, dove incontrò alcuni intellettuali del tempo come Vincenzo Monti e Giuseppe Parini. Nel 1805 raggiunse la madre a Parigi, dove aveva iniziato una relazione con Carlo Imbonati. In Francia trascorse cinque anni, con continui ritorni in Italia dove strinse amicizia con alcuni intellettuali francesi, tra cui Claude Fauriel, di formazione illuminista ma aperto alle nuove idee romantiche. Ebbe grande influenza sul pensiero politico e letterario di Manzoni. Continuava a scrivere opere di stampo neoclassico che poi rinnegherà: infatti si avvicinava il momento di svolta verso una letteratura aderente al vero storico e socialmente impegnata, senza dimenticare la sua conversione religiosa che avrebbe poi segnato la riflessione sulla vita, sulla politica e la letteratura. A tal proposito decisivo fu il rapporto con Enrichetta Blondel, di fede calvinista che Manzoni sposò nel 1808 a Milano. La coppia si trasferì a Parigi dove nacque la prima figlia Giulia, a cui fu impartito il battesimo cattolico. Nel 1810 la coppia si risposa con rito cattolico, dopo che Enrichetta aveva abiurato al calvinismo. Nello stesso anno anche Manzoni ritornò alla fede cristiana (viene riportato spesso dai biografi l'aneddoto secondo cui lo scrittore sarebbe stato folgorato nella chiesa di san Rocco a Parigi, dopo che aveva perso la moglie nella folla durante i festeggiamenti per il matrimonio di Napoleone e Maria Luisa d'Austria), ma si tratta di una maturazione durata anni e influenzata dalla frequentazione degli ambienti giansenisti, ossia risente della convinzione che l'uomo sia destinato al male, che la grazia divina sia indispensabile per raggiungere la salvezza e che gli uomini siano divisi tra eletti e reprobi (malvagi). Nel 1810 Manzoni e la moglie ritornano a Milano, dove inizia una fervente attività letteraria: scrive gli Inni sacri, il Conte di Carmagnola, le Odi, l'Adelchi e Lettera sul Romanticismo. Tra il 1821-23 inizia a scrivere un romanzo storico, Fermo e Lucia ma solo nel 1827 lo portò a termine con il titolo definitivo di Promessi sposi. Lavorò a una nuova stesura del romanzo correggendone la lingua nel senso del fiorentino parlato. Ripubblicò i Promessi sposi nel 1840-42, con la Storia della colonna infame in appendice quale importante esempio di trattato storiografico in cui la realtà e non la finzione è oggetto della narrazione. Negli anni precedenti subì moltissimi lutti nel 1833 la moglie, poi la primogenita Giulia, la madre e l'amico e dispiaceri, in quanto mo Fauriel, Nel 1837 sposò in seconde nozze Teresa Borri, che sarebbe morta nel 1861 nel 1860 fu nominato senatore a vita del Regno d'Italia e divenne presidente di una commissione parlamentare nel 1868, voluta dal ministro dell'istruzione per discutere sul problema della lingua nell'Italia unificata e Manzoni produsse la relazione "Dell'Unità della lingua e dei mezzi di diffonderia", in cui sosteneva la necessità che la lingua nazionale fosse il fiorentino e auspicava che scolastico ne promuovesse l'uso e la conoscenza. Negli ultimi anni aumentarono i suoi disturbi nervosi come l'agorafobia. Mori a Milano nel 1873 dopo una brutta caduta riportata all'uscita da sistema una chiesa. La poetica manzoniana Nella lettera Sul Romanticismo, indirizzata al marchese Cesare d'Azeglio, lo scrittore afferma che la letteratura deve proporsi il vero per oggetto, l'utile per iscopo e l'interessante per mezzo. Il vero è il vero storico, il cammino degli uomini nel mondo, mettendone in risalto la psicologia e analizzandone sentimenti e passioni. Esso deve essere utile ossia educativo e quindi lo scrittore deve accrescere nel pubblico la forza morale per controllare l'emotività. Deve inoltre trasmettere contenuti attraverso (per mezzo) argomenti che suscitano l'interesse del lettore. Quindi da una parte la storia deve fornire un'analisi degli avvenimenti nella loro successione cronologica, la letteratura esprime i sentimenti che hanno accompagnato le decisioni, i progetti, i successi e gli insuccessi, i discorsi degli uomini. Per Manzoni bisogna aggiungere ai dati storici circostanze che non si trovano nella realtà, per rendere più drammatica e più interessante l'azione. Lo scrittore non può dar libero sfogo alla fantasia ma può aggiungere fatti secondari. Le opere principali di Manzoni K Dopo la conversione Manzoni progetta un ciclo di dodici Inni Sacri, dedicati alle varie festività dell'anno liturgico. Ne scriverà solo cinque: La Resurrezione, Il Nome di Maria, il Natale, La Passione e La Pentecoste. Gli Inni vogliono sottolineare come il messaggio evangelico abbia la forza di trasformare le coscienze, soprattutto degli umili. Usa un linguaggio vicino alle forme della devozione religiosa e sceglie metri brevi e regolari. Manzoni compone le due odi politiche nel 1821, anno importante per la causa risorgimentale e per la morte di Napoleone Bonaparte. L'ode Marzo 1821 fu composta quando si riteneva imminente l'attraversamento del Ticino da parte delle truppe piemontesi. L'autore immagina che i soldati piemontesi attraversino il Ticino per affrontare gli austriaci, dopo aver giurato di non permettere allo straniero di rendere schiavo il popolo italiano. Nel finale si ribadisce che tale guerra è santa, benedetta dal Signore e che coloro che non vi parteciperanno saranno umiliati per sempre. Il Cinque Maggio fu scritto appena Manzoni seppe della morte di Napoleone. Dopo aver ricordato le sue imprese, il poeta si concentra sulla vicenda interiore di un uomo che, relegato in esilio, vive in modo drammatico la sconfitta e la sofferenza purifica e lo rende degno del perdono divino. Tra il 1816 e il 1822 Manzoni scrisse due tragedie: Il Conte di Carmagnola Adelchi. Nella Prefazione al Conte di Carmagnola, lo scrittore spiega che non vi è il rispetto delle unità di tempo e di spazio (in 24 ore si dovevano svolgere le vicend nello stesso luogo, senza mutamenti di scena). Inoltre propone di affrontare il te dell'immoralità della tragedia, introducendo un coro, con la funzione di interromp lo svolgimento degli eventi per esprimere le sue considerazioni. La tragedia Il Conte di Carmagnola", in 5 atti, prende spunto dalla vita di Frances di Bussone, conte di Carmagnola, condottiero al servizio del duca di Milano e poi soldo della Repubblica di Venezia, che lo accusa di tradimento e ne decreta condanna a morte. La storia del Carmagnola e la sua tragica conclusione permettono di comprendere la natura crudele della società, in cui ogni azic generosa è destinata al fallimento e l'ingiustizia trionfa. Manzoni compone l'Adelchi tra il 1820 e il 1823, è ambientata nell'VIII secolo, tempo della conquista del regno longobardo da parte di Carlo Magno e tra i v personaggi spicca appunto il nobile Adelchi. Quest'ultimo è spinto dal padre intraprendere contro il papa una guerra che il giovane considera ingiusta. Condo dalle circostanze a essere un oppressore, la morte gli permette di riconoscersi vittima innocente, che contempla con rassegnazione le vicende terrene e si sente contempo proiettata verso l'eternità. I Promessi sposi Nel 1821 Manzoni interrompe la stesura dell'Adelchi per dedicarsi alla composizione dei primi capitoli di Fermo e Lucia. Si rende conto che solo il romanzo storico gli consente di manifestare il suo desiderio di rappresentare il "vero" Può così descrivere un'epoca, non solo mettendo in risalto gli avvenimenti storico-politici ma anche le riflessioni e le opinioni che quei fatti potevano esercitare sulle vite degli uomini. La verità storica doveva essere integrata con l'invenzione, ma sempre rimanendo fedele alla realtà. Manzoni riconosce di essere stato influenzato dalle opere di Walter Scott, che riempiva i suoi romanzi di storie complicate e ricche di colpi di scena per sollecitare il gusto del pubblico. Invece Manzoni punta a una rigorosa ricostruzione storica e a un'approfondita analisi psicologica dei personaggi. Nel 1821 Manzoni progetta un romanzo ambientato Milano nel Seicento: i Promessi sposi, con il titolo provvisorio di Fermo e Lucia. Questo romanzo verrà stampato nel 1827 ma l'autore non è soddisfatto dell'opera e quindi inizia un lavoro di revisione, di aggiustamento e rielaborazione che si conclude con l'edizione del 1840. La scelta del periodo storico è suggerito a Manzoni da alcune lettere sulle vicende milanesi del 1630 di Giuseppe Ripamonti, "la Storia patria" e "Economia e statistica e il commercio" di Melchiorre Gioia. Oltre a contenere documenti di vario genere, presentavano vari spunti di interesse per il romanzo, come una monacazione forzata e la conversione di un nobile. La scelta del Seicento rimanda anche all'intento di indagare le origini della decadenza italiana, dopo la dominazione spagnola. Manzoni comincia la stesura nel 1821, componendo i primi due capitoli e un abbozzo dell'introduzione. Poi interrompe l'opera per completare l'Adelchi e la riprende nel 1822. Dopo un periodo di correzione viene stampato nel 1821, con il titolo di "I Promessi sposi Storia milanese del secolo XVII scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni". Quando inizia la stesura del romanzo Manzoni si pone il problema di usare una lingua in grado di raggiungere un pubblico vasto e di cultura media. Prima dell'unificazione la lingua degli intellettuali era il fiorentino, nell'uso comune rimanevano i dialetti. Quindi nasceva l'esigenza di una lingua che colmasse la distanza tra lingua parlata e lingua scritta. Nella stesura del Fermo e Lucia ricorre a una lingua di base toscano-letteraria, arricchita da termini della lingua parlata dalle persone colte e dal francese. Nella successiva revisione sostituisce vocaboli e espressioni, rifacendosi al fiorentino parlato dalle persone colte. Questa soluzione del problema della lingua è molto importante perché conduce alla creazione di una lingua letteraria, ma vicina al parlato, e perché si rivela influente sulla formazione linguistica degli italiani. Nell'Introduzione al romanzo Manzoni dichiara di essersi imbattuto in un manoscritto seicentesco, di autore anonimo, e di avere voluto riscrivere la storia in uno stile più accessibile al pubblico. Nel capitolo XXXIII osserva che Renzo aveva forse raccontato la storia all'anonimo seicentesco e così il romanzo si avvale di tre voci narranti<. Renzo che racconta; l'anonimo che trascrive e Manzoni che rielabora. Ma soprattutto quest'ultimo che i lettori percepiscono perché interviene a commentare i fatti con giudizi morali, sottolineando quanto sia difficile conoscere veramente il cuore umano. Vari sono i punti di vista del narratore: interno quando si riportano i pensieri dei personaggi; esterno quando i dialoghi sono riferiti come fossero registrati e zero quando il narratore è onnisciente. Trama dei Promessi sposi Capitoli I-VIII Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, due giovani che vivono in un villaggio della zona di Lecco, stanno per sposarsi. La sera del 7 novembre 1628, a don Abbondio viene dato l'ordine dai bravi di don Rodrigo di non celebrare queste nozze, Renzo viene a sapere il nome del rivale che già da tempo infastidisce Lucia ma viene convinto da Agnese, madre della ragazza, a ricorrere all'aiuto dell'avvocato, l'Azzeccagarbugli, che scambia Renzo per un bravo e lo scaccia. Si affidano a fra Cristoforo che si reca da don Rodrigo ma il colloquio tra i due ha esito negativo. Allora Agnese suggerisce di tentare unmatrimonio a sorpresa, che richiede ai due promessi di pronunciare la formula di rito davanti a un sacerdote, senza che questi debba intervenire. Al calar della notte, Renzo e Lucia con due testimoni entrano in casa di Don Abbondio dopo aver distratto Perpetua, ma entativo fallisce e il gruppo si dà alla fuga. I bravi di don Rodrigo cercano d rapire Lucia senza riuscirvi. Fra Cristoforo ospita i fuggiaschi nel convento ma li informa che Renzo andrà a Milano mentre Lucia e Agnese a Monza. Capitoli IX-X Renzo si incammina verso Milano, mentre Lucia si rifugia con la madre nel convento di santa Margherita, dove vive suor Gertrude. In due capitoli Manzoni narra la storia della monaca di Monza: figlia di un principe, fin dall'infanzia era stata destinata ad entrare in convento. Aveva cercato di ribellarsi al padre, ma la reazione della famiglia l'aveva convinta a cambiare idea. Diventata monaca, conduceva una vita tormentata: aveva conosciuto Egidio, con il quale aveva intrecciato una relazione, poi scoperta da una conversa che il malfattore aveva ucciso per non rivelare l'intrigo. Quando Lucia e Agnese giungono al convento, è ormai trascorso un anno dal delitto. itoli XI-XVII Renzo giunge a Milano dove stava avvenendo la rivolta dei fornai, ritenuti responsabili della carestia e del rincaro del prezzo del pane. Stanco e affamato, si ferma all'osteria della luna piena, che gli è stata indicata da uno spadaio. Questi è uno sbirro che scambia Renzo per uno dei capi della rivolta e lo fa arrestare dal notaio criminale. Con l'aiuto di alcuni cittadini, Renzo riesce a scappare e giunge in un territorio bergamasco, che è possesso della Repubblica veneta. Messosi in salvo, raggiunge un paese dove vive il cugino Bortolo, che gli procura un lavoro. Capitoli XVIII-XIX Don Rodrigo non vuole rinunciare a Lucia e, saputo che la giovane si trova a Monza, decide di chiedere aiuto al conte Attilio, ospite e cugino di don Rodrigo, che ha scommesso con lui di avere Lucia. Attilio fa pressioni su uno zio potente di allontanare Fra Cristoforo, che è così costretto ad abbandonare i suoi protetti. Don Rodrigo ricorre anche all'aiuto dell'Innominato, che imponeva a chque la sua volontà e organizzava imprese criminose che avevano consolidato la sua fama di uomo terribile. 4 Capitoli XX-XXIII L'Innominato accetta l'incarico, anche se a malincuore perché sta vivendo una profonda crisi spirituale. Grazie alla complicità di Egidio e della monaca di Monza, Lucia viene rapita e condotta al castello dell'innominato. Lucia fa un voto alla Madonna: se uscirà sana e salva dalla terribile prova, rinuncerà a Renzo. L'Innominato, dopo una notte di dubbi e tormenti, decide di rilasciare la prigioniera. Al mattino viene a sapere che l'arcivescovo di Milano, Federigo Borromeo, è in visita pastorale in quei luoghi e decide di incontrarlo. Il colloquio fra i due si conclude con l'impegno dell'Innominato di cambiare vita e ordina l'immediata liberazione di Lucia. Capitoli XXIV-XXVII Dopo la liberazione, Lucia è ospite del sarto e può riabbracciare la madre. Mentre don Rodrigo abbandona in tutta fretta la città per andare a Milano, una coppia milanese, don Ferrante e donna Prassede si offrono di ospitare Lucia. Il cardinale Borromeo convoca don Abbondio, al quale rimprovera un comportamento non consono ai doveri di un sacerdote. L'Innominato regala ad Agnese 50 seudi d'oro per la dote di Lucia, ma questa rivela alla madre il segreto del voto. Lucia va a Milano con donna Prassede e Renzo intanto si trova sempre nel bergamasco per sottrarsi alla cattura che il governatore di Milano, don Gonzalo Fernandez de Cordova, ha fatto spiccare contro di lui. Il giovane risulta introvabile anche per l'inviato del cardinale. Intanto Renzo e Agnese hanno avviato un'incerta corrispondenza, nel corso del quale il giovane viene a sapere del voto di Lucia: disperato, ribadisce di non voler rinunciare alla sua promessa. Tutto resta invariato per circa un anno. Capitoli XXVIII-XXX Milano è ridotta alla miseria e incomincia a diffondersi l'epidemia. La situazione è aggravata dalla discesa in Italia dei Lanzichenecchi, mercenari dell'esercito imperiale, che si recano all'assedio di Mantova devastando le terre lombarde. Don Abbondio, la serva perpetua e Agnese si rifugiano nel castello dell'Innominato. Rientrati in paese, il cura la serva si ritrovano la casa devastata dai soldati, mentre appaiono limitati i danni a quella di Agnese. Capitoli XXXI-XXXII Il passaggio dei Lanzichenecchi contribuisce alla diffusione della peste. Le autorità non sono disposte ad ammettere l'esistenza del contagio; il governatore Spinola non assume alcun provvedimento e il popolo si rifiuta di prendere coscienza del pericolo. La peste si diffonde a Milano e nel 1630 la mortalità cresce. I governatori milanesi chiedono al cardinale Borromeo di svolgere una processione con le spoglie di san Carlo Borromeo, che aveva protetto la città in occasione dell'epidemia del secolo precedente. L'evento aumenta il numero dei contagiatie risultano drammatiche le condizioni degli appestati nel lazzaretto, nonostante l'impegno dei frati cappuccini, ai quali era stata affidata la direzione di quel luogo. Capitoli XXXIII-XXXIV Don Rodrigo scopre su di sé gli orridi segni della malattia e viene condotto nel lazzaretto. Torna in scena Renzo, che è ancora nel bergamasco e si è ammalato di peste ma ne è guarito. Decide di andare alla ricerca di Lucia e ritorna al paese, dove incontra don Abbondio, convalescente dalla malattia. Da un amico di infanzia viene a sapere che Lucia si trova a Milano. Giunto all'abitazione di don Ferrante, scopre che Lucia è al lazzaretto ma viene scambiato per un untore ed è costretto alla fuga: solo la prontezza di riflessi e l'intervento dei monatti lo salvano. Finalmente giunge al lazzaretto. Capitoli XXXV-XXXVIII Si imbatte in fra Cristoforo che lo conduce in una capanna dove trova don Rodrigo in fin di vita. Il giovane perdona il rivale; va nel reparto femminile, dove per caso ritrova Lucia, guarita ma debole. Fra Cristoforo scioglie il voto della donna e poi si congeda dai suoi protetti. Il giovane ritorna in paese mentre Lucia trascorre la quarantena a casa di un'amica. Don Abbondio, dopo la conferma della morte di don Rodrigo, sposa i due giovani che si trasferiscono nel paese del cugino Bortolo, ma le chiacchiere e i commenti non troppo benevoli della gente sulla bellezza di Lucia spingono la coppia ad andare altrove. Con l'aiuto del cugino, Renzo acquista un filatoio e così la famiglia inizia una nuova vita, allietata nel tempo dalla nascita dei figli, affettuosamente accuditi dalla nonna Agnese.