Il Palazzo di Atlante: Una Prigione di Illusioni
Immagina un palazzo che ti attira mostrandoti esattamente quello che più desideri, ma che una volta dentro sparisce completamente. È questo l'incantesimo del mago Atlante: ogni cavaliere vede la sua ossessione (Orlando vede Angelica, altri vedono gloria o tesori) entrare nel palazzo e li segue.
Il meccanismo è perfetto e crudele. Dentro il palazzo i cavalieri non si riconoscono a causa della magia e non trovano mai quello che cercano. Quando escono frustrati, vedono subito una nuova illusione e rientrano, in un ciclo infinito di ricerca e delusione.
Solo Angelica riesce a giocare con le regole: grazie al suo anello magico può rendersi invisibile e manipolare la situazione. Libera Sacripante per farselo scortare, sapendo già che lo "liquiderà" quando non le servirà più.
💡 Curiosità: Ariosto usa espressioni ripetitive come "cercare", "invano", "di sù di giù" per sottolineare l'ossessiva inutilità di questa ricerca.
Il palazzo rappresenta il mondo stesso: un luogo dove gli uomini inseguono vanamente oggetti che sfuggono sempre. È una metafora potente dell'alienazione umana - perdiamo noi stessi e la capacità di comunicare con gli altri quando siamo ossessionati dai nostri desideri.
Ariosto però non è solo pessimista. Contrappone alla follia maschile il realismo femminile: Angelica è adorabile ma anche una "fredda calcolatrice", e persino Ferraù, quando non trova Angelica, si accontenta pragmaticamente dell'elmo di Orlando. L'ironia diventa lo strumento principale con cui il poeta ci fa riflettere sulla vanità delle nostre ossessioni.