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Neoclassicismo, Preromanticismo: Parini, Alfieri

30/11/2022

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Neoclassicismo e Preromanticismo
• Il Neoclassicismo un movimento si sviluppa nel Settecento
come reazione agli eccessi del Barocco e rivalu

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Neoclassicismo e Preromanticismo • Il Neoclassicismo un movimento si sviluppa nel Settecento come reazione agli eccessi del Barocco e rivaluta i valori classici, soprattutto per l'equilibrio e l'armonia. → In Italia la traduzione classicistica nasce con l'Arcadia che riprende il mondo dei Classici, per questo è considerata la promotrice di questo movimento. Gli esponenti più noti sono Parini e Foscolo, con i Sepolcri. Questo desiderio di ritorno alla classicità ha delle radici storiche: o Gli scavi di Pompei ed Ercolano (1738 circa) → La civiltà romana viene idealizzata per ciò che ha prodotto: l'arte romana diventa oggetto di interesse per gli archeologi che iniziano un vero e proprio "Culto dei Classici". (Le opere romane diventano maggiormente conosciute grazie ad artisti che le riproducono.) → Il "Culto dei Classici" comporta inoltre cambiamenti urbanistici: le città si arricchiscono di templi greci e romani o aggiunte opere di artisti di impronta classica: il mondo classico torna a rifiorire in tutti i campi (= Arriva a coinvolgere anche la moda). • Il Neoclassicismo è caratterizzato da un entusiasmo per il mondo antico e la concezione di bellezza dell'epoca classica. o L'archeologo tedesco Johann Joachim Winckelmann scoprì Troia, Pompei ed Ercolano e viene considerato uno fra i massimi teorici del Neoclassicismo. Secondo Winckelmann l'arte classica costituisce un modello di bellezza ideale (→ Nell'età classica si raggiunse la massima perfezione di bellezza). Quando compie questa...

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Didascalia alternativa:

affermazione egli si riferisce alla bellezza delle cose create dall'uomo che, facendo scelte accurate, può arrivare a costruire un'opera d'arte perfetta. Questo ideale di bellezza, però, non si riferisce solo alla forma estetica, ma anche ai valori: è formata in qualche modo, dalle passioni, ma anche dalla compostezza. Gli questi neoclassici manifestano nostalgia per il passato e lo si nota in questa ricerca di misura e armonia che fa capire che questi autori propendono all'infinito. • Nel Settecento si sviluppa anche un altro nuovo movimento che, però, si oppone al Neoclassicismo: il Preromanticismo. Non è uno stacco così netto tra Illuminismo, Neoclassicismo e Preromanticismo: l'idea di bello, di sublime della bellezza soggettiva erano concetti ripresi da tutti i sopracitati movimenti. L'idea della soggettività della bellezza, però, era tipicamente Preromanticista e lo esprimeva attraverso diversi sentimenti come l'ansia e l'inadeguatezza. o Il Preromanticismo nasce in Inghilterra, dalla poesia sepolcrale di Thomas Gray ed Edward Yang. → Scrivono delle opere riguardanti i cimiteri che hanno una certa diffusione e una certa influenza. o Nasce anche l'Ossianesimo, che deriva da "I Canti di Ostian" scritti nel 1765 da James Macpherson che sostiene di aver tradotto dei canti etici dei Bardi (cantori di poesie dell'Irlanda) → Questi sono attribuiti al Bardo Ostian (= Storicamente è stato dimostrato che questo è falso). "I Canti di Ostian" si diffondono molto rapidamente in Europa e molti traggono ispirazione da essi (Esempio: Goete). Inoltre influenzano anche la nascita di un movimento Germanico chiamato "Sturm Und Drang" che era contrario al Neoclassicismo. Questa scuola di pensiero rifiuta il nazionalismo esasperato e ritiene importante la natura, che viene posta al centro della poesia. → Vi è il "sentimento della natura" che viene concepito come qualcosa di incontrollabile e che può anche sconvolgere l'uomo. È molto importante anche l'arte: l'artista è considerato come un genio creatore; ciò si collega al Titanismo (= Atteggiamento caratteristico della spiritualità romantica, nel quale il motivo fondamentale del conflitto fra l'individuo e la natura, o fra l'individuo e la società, si traduce nelle rappresentazioni di un agonismo irrisolto); Quindi l'artista si può ribellare a forze superiori a lui come la natura o il potere. Giuseppe Parini Giuseppe Parini nasce 1729 a Bosisio, un paesino nella Brianza, la sua famiglia appartiene alla piccola borghesia anche se è povero. Parini è l'ultimo di dieci figli e si deve preoccupare sempre di aiutare economicamente i suoi fratelli, solo nel 1740 la sua condizione migliora perché una zia gli lascia in eredità dei soldi. Fin da piccolo studia a Milano dai padri Barnabiti, e questo allontanamento gli crea un danno emotivo. La sua famiglia, quindi, lo segue a ilano, ma la situazione diventa complicata e Giuseppe si deve preoccupare di mantenere la famiglia e ciò toglie tempo al suo studio, ma nonostante ciò li porta a termine. Nel 1744 diventa sacerdote e nel 1752 pubblica una prima raccolta di rime: "Alcune poesie di Ripano Eupilino" e grazie a quest'opera ottiene del successo e viene introdotto nell'aristocrazia riformatrice di Milano e nel 1754 viene a far parte dell'Accademia dei riformati dove dimostra le sue capacità come scrittore e poeta. Entra al servizio della famiglia dei duchi Serbelloni, diventando maestro dei figli del duca, dove si aggiorna sui cambiamenti europei e dove scrive nel 1757 "Il dialogo sopra la nobiltà" e compone le prime odi. Il suo rapporto con la famiglia dei duchi di Serbelloni non è semplice tanto che nel 1762 lascia la città e l'anno dopo va al servizio di Giuseppe Maria Imbonati che gli affida l'educazione del figlio fino al 1768 (→Viene descritta nell'ode intitolata "Educazione" dove paragona questo rapporto a quello tra Chirone e Achille.) Nel 1763 pubblica "Il mattino" e nel 1765 "Il mezzogiorno", grazie ai quali ottiene molta fama a Milano e attira l'attenzione del Governatore che sta attuando delle riforme, così nel 1768 viene nominato poeta del Regio Ducale Teatro e successivamente assume la direzione del La gazzetta di Milano. Nel 1769 gli viene affidata la cattedra di eloquenza nelle scuole palatine, mentre partecipa attivamente al rinnovamento della società lombarda e la sua situazione finanziaria di stabilizza. Egli è talmente occupato sia nel suo lavoro come insegnante sia nel suo lavoro all'interno della politica, che fino agli anni 80 nel 1700 non scrive. Nel 1780 muoiono Maria Teresa D'Austria e il suo protettore, e, grazie alla sua fama, diventa soprintendente dell'Accademia di Brera e nel 1791 pubblica le Odi, mentre nel 1796, quando i Francesi entrano a Milano, viene chiamato per fa parte del nuovo Stato repubblicano, dopo poco però si ritira essendo cagionevole di salute, ma anche perché le sue idee non sono in accordo con quelle francesi. Giuseppe Parini muore nel 1799 dopo il ritorno degli austriaci a Milano. La poetica • Parini lascia la sua terra natale a circa dieci anni, ciò lo traumatizzata, infatti nelle sue opere vi è una nostalgia dei luoghi dell'infanzia e viene idealizzata la vita campestre (→ Ciò è dovuto anche all'Arcadia, alla poesia pastorale greca e latina e alle idee dei fisiocrati che pensavano che il lavoro agricolo fosse utile per far progredire le nazioni): l'amore per la campagna fa sì che proponga un ideale di vita che si contrappone a quello delle città al quale si sente costretto. • Tra le sue opere è importante ricordare "Il giorno", una satira in cui vuole evidenziare i difetti di un mondo in cambiamento (→ Parini è infatti un conservatore illuminato). In quest'opera si parla, quindi, della vita condotta dai nobili: secondo Parini non basta essere nobili di nascita, ma bisogna possedere dei valori tra cui il filantropismo e l'uguaglianza. Il mondo dove Parini vive è differente da quello del popolo e degli aristocratici, infatti, secondo egli, gli intellettuali sono i mediatori tra i due mondi. (→ Parini si schiera da entrambi i lati, ma con la Rivoluzione francese questo mondo va in crisi e Parini ritiene come causa di essa la mancanza di valori degli aristocratici). • Inoltre Parini viene apprezzato dagli autori successivi perché nelle "Odi" è stato in grado di rendere la lingua della poesia vera e concreta: da un lato cercava di fare in modo che la poesia trattasse di argomenti moderni e dall'altro cerca di recuperare le antiche forme greche e latine, ma riadattandole ai suoi tempi. Le Odi La produzione poetica di Parini è molto vasta e trattano di temi vari. Le "Odi" trattano di temi occasionali che nascono da dispute amichevoli, questi testi scritti circolavano tra i suoi amici, ma anche tra i nobili milanesi. Egli, in conclusione, pubblica solo le "Odi" e "Alcune poesie di Ripano Eupilino" nel 1752 (→ Quest'ultime escono in maniera anonima anche se si sapeva che erano state scritte da Parini). Le "Odi" che vengono pubblicate nel 1791 comprendono le poesie composte dal 1757 al 1795, mentre nel 1795 vengono ripubblicate con tre testi aggiuntivi. • L'ordine delle poesie nelle "Odi" seguono una scansione tematica: o Prima parte: Odi civili e sociali, in cui la tematica principale è il rapporto tra natura e il pensiero umano evidenziando anche che egli ha fiducia nel progresso perché ritiene che la medicina e le innovazioni tecniche possano migliorare la vita di tutti. o Seconda parte: Dedicata all'educazione. Vengono ripresi e riformulati alcuni temi civili come l'educazione e la laurea, dove afferma che non si dovessero castrate i giovani che volevano cantare nell'opera, ma vi sono anche argomenti più leggeri come il brindisi. Al centro di queste raccolte vi è "la tempesta" che rappresenta il clima di incertezza che hanno portato de nuove idee del figlio di Maria Teresa. o Terza parte: Parini aderisce ai canoni del Neoclassicismo, usando toni distaccati e controllati anche dove vengono affrontate delle tematiche personali. Inoltre ritiene che il poeta abbia una funzione nobile, anche se non rifiutata le idee illuministiche riguardanti l'impegno civile. Parini si ispira al passato e descrive un mondo dedito alla bellezza che, però può essere fuorviante (= Ad esempio la bellezza femminile per gli anziani può rappresentare un pericolo). → Vengono descritte alcune donne dell'epoca con una sottile malinconia che viene accompagnata da un tono ironico, perché egli è escluso da questo mondo a causa della sua età. Descrivendo queste donne e le loro relazioni possiamo vedere che la nobiltà è rappresentata con una certa superficialità, questo discorso si ricollega al fatto che Parini era di un ceto modesto. Le ultime due poesie della Terza parte sono: ■ "A Silvia" che affronta il tema della moda femminile dell'epoca. Secondo Parini le donne perdono tempo dedicandosi alla moda. ▪ "Alla Musa" che, invece, si fa portatrice di un sistema di valori più elevato sottolineando l'importanza di descrivere la verità: ritiene, infatti, che sia importante esaltare con semplicità il fatto di essere sereni. → Parini è moralista nelle sue opere, difatti, dà indicazioni precise sui veri valori importanti e sui valori della sua società che ritiene inutili. Parini, come un buon pedagogo, deve dare dei consigli basati sul buon senso e, rifacendosi alla saggezza degli antichi, può dare indicazioni sui veri valori e su cosa si può concepire come non valore. . I modelli di ispirazione: o Le odi pindariche o La canzonetta arcadica Parini, però, evita alcuni elementi che vi erano in questi modelli: rifiuta il fatto che alcuni argomenti vengano trattati in modo prevedibile e che vengano usati toni troppo enfatici. Per quanto riguarda i versi, egli predilige i versi brevi (come i settenari), mentre per lo stile nelle prime odi esprime idee con molta forza, ma con l'avanzare degli anni la speranza che nutriva nelle persone viene meno e cambia, di conseguenza, il suo stile che diventa più lineare e semplice non usando più l'aggressività. Il Giorno "Il Giorno" è l'opera più importante di Parini, benché non sia conclusa. Esso è un poemetto didascalico in versi endecasillabi sciolti. "Il Giorno" descrive la giornata di un giovane nobile dal punto di vista del suo precettore che dà indicazioni sul modo migliore e più conveniente di come si deve vivere all'interno della nobiltà. Parini utilizza l'antifrasi (= Espressioni di significato opposto a quello che su intende) usando toni scherzosi e sarcastici. Parini dedica gran parte della sua vita a scrivere quest'opera e compone circa quattromila endecasillabi sciolti suddivisi in: o Il mattino, pubblicata nel 1763 o Il mezzogiorno, pubblicata nel 1765 → Meriggio o Parini voleva mettere anche La sera, però cambia idea e vuole far uscire Il vespro e La notte, che non concluderà mai. Quando pubblica Il mattino e Il mezzogiorno le rivede e le riscrive per rendere l'opera più uniforme. Parini cambierà poi il titolo a Il mezzogiorno in Meriggio, che si conclude poi confluendo nella parte successiva, Il vespro. Il vespro è la parte meno curata, La notte, invece viene rivista più volte, ma rimane incompleta, infatti diversi versi sono sospesi. o La Trama Tutta la giornata si basa sugli insegnamenti del precettore che tenta di far capire al Giovin signore come si debba comportare, però, attraverso l'ironia alla fine il precettore loda soprattutto i vizi del giovane. Successivamente il precettore dice al giovane che egli è un parassita che vive sulle spalle degli altri. "Il Giorno" inizia con il risveglio del giovane che, essendo stato ad una festa il giorno prima, si sveglia tardi. Dopo si parla della colazione che viene rappresentata come un rito perché gli vengono presentati molti cibi che lui, però, rifiuta. Il poco tempo restante della mattinata viene speso in chiacchiere futili con gli insegnanti di francese e ballo. Prima di andare a lavarsi, il Giovin signore deve rispettare il suo ruolo di cicisbeo (→ Ogni giovane era il cavaliere di una donna e si doveva preoccupare per lei). Dopo aver descritto i compiti del cicisbeo, viene spiegato cos'è e a quando risale il cicisbeismo attraverso "la storia di Amore e Imene". Successivamente viene narrato un giro in carrozza del Giovin signore, ciò viene descritto in modo negativo da Parini perché la carrozza rappresenta un pericolo per i passanti. Ne "Il mezzogiorno" la descrizione è più particolareggiata e si moltiplicano i personaggi: il Giovin signore è a pranzo dove parla di scienze, arte, commercio e dell'industria; le persone che vi partecipano cercano di far notare che i loro pensieri sono moderni. Un altro elemento evidenziato da Parini è il fatto che spesso i commensali rifiutano il cibo perché non hanno appetito. Vi è, poi, un'altra digressione in cui viene raccontata una storia che mette in risalto, in chiave ironica, la superiorità della monarchia; Parini mette in risalto che i sovrani abbiano capacità poco realistiche, inoltre vengono descritti con caratteristiche negative, come l'apprezzamento del piacere, in quanto ostentazione. Tra i commensali vi è un vegetariano e una delle donne del banchetto fa riferimento alla Vergine Cuccia, un cane che apparteneva ad una dama che una volta un servo aveva calciato inavvertitamente; la donna continua parlando del servo dicendo che aveva colpito il cane di proposito e si vanta di averlo licenziato facendo finire in miseria un'intera famiglia che dipendeva dallo stipendio del servo. Successivamente si conclude il pranzo e i commensali si spostano perché l'odore del cibo li nauseava e vanno a giocare a Tric e Trac, un gioco diffuso tra la nobiltà perché si narrava che fosse stato inventato da Mercurio cosicché gli amanti potessero parlare da soli senza essere scoperti. Con la conclusione del gioco si conclude anche "Il mezzogiorno" e inizia “Il vespro", qui il giovane e la dama vanno in città per trovare degli amici → Parini si sofferma a raccontare di come i nobili tenessero a sfilate su una via molto importante e descrive il Giovin signore che si intrattiene con le persone che incontra e con altre dame. Nel "La notte" Parini parla della nobiltà che si ritrova in un salotto per parlare affermando che fanno le ore piccole per giocare a carte. Grazie all'ironia, viene sottolineato il concetto che, vista la giornata intensa, anche giocare a carte era difficile. Nelle ultime due parti il ritratto della classe aristocratica è molto dettagliata → La riflessione di Parini è più precisa. In conclusione Parini mette in risalto che per l'aristocrazia di sangue le giornate sono tutte uguali: insignificanti e noiose. o I Personaggi principali I personaggi principali sono il Giovin signore, di cui non abbiamo una particolare descrizione fisica, ma viene caratterizzato in modo minuzioso dal punto di vista psicologico, e il precettore, che educa il giovane ad avere un contegno all'interno della società. → Parini usa l'ironia, quindi, colui che doveva essere un maestro di vita si trasforma in una persona che dà solo informazioni che non sono morali. o Fonti di ispirazione ▪ Le Bruire con la sua opera "Caratteri", dove faceva satira sociale. ▪ Lucchesini, che parla della giornata di un giovane nobile che viene svegliato da un servo che dovrebbe solo servirlo e non disturbarlo mentre dorme. ▪ Carlo Gozzi, che parla di un damerino con caratteristiche analoghe. o Lo Stile: Lo stile, essendo una poesia didascalica, trae ispirazione dalle "Georgiche" di Virgilio. Vittorio Alfrieri Vittorio Alfieri nasce ad Asti il 16 Gennaio 1848. Egli rimase orfano di padre da piccolo, mentre la madre si risposa. Da giovane frequenta l'Accademia di Torino dove resta per dieci anni: Essa preparava a una vita militare, infatti la sua famiglia voleva che egli diventasse un soldato, ma lui non ritiene che questa sia la scelta giusta per lui. Dopo poco, quindi, abbandona la carriera militare e inizia a viaggiare per l'Europa (1766/1772) per poi tornare a Torino: i resoconti dei suoi via vennero riportati nel "La Vita". Successivamente approfondisce le sue nozioni e si interessa alla letteratura concependola come una trasgressione, e nel 1773 circa fonda un'accademia anticonformista. Nel 1773, inoltre, diventa l'amante di una donna e scrive la prima tragedia "Antonio e Cleopatra" che riceve molto successo quando viene rappresentata a Torino nel 1775. Dopodiché si accorge di quanto sia importante per lui scrivere tragedie e dal 1775 scrisse molte opere di questo genere. Riprende a studiare per cercare di sopperire alle sue mancanze sulla letteratura e sulla lingua → Compie dei viaggi in Toscana per approfondire il linguaggio toscano, infatti negli anni successivi vive sia Firenze che a Torino, ma alla fine si trasferisce definitivamente a Firenze perché si innamora della Contessa d'Albani che era, anche lei, spostata; ella poi abbandonerà il marito e Alfieri e la Contessa andranno a vivere insieme a Roma, dove Alfieri nel 1783 comporrà dieci tragedie. → A Roma vi rimangono solo un paio d'anni perché i pettegolezzi su di loro erano molti, e riprendono a viaggiare. Per poco i due si separano ma si rincontrano in per poi andare a Parigi insieme, dove Alfieri continua a scrivere tragedie, ma traduce anche testi di autori classici e contemporanei. Nel 1790 scrive la prima parte del "La vita", opera autobiografica. Nel 1791 i due amanti si trasferiscono a Bruxelles, per poi tornare a Firenze dove vi rimarranno fino alla morte di Alfieri, avvenuta 1'8 ottobre 1803. Prima di morire Alfieri riesce a rivedere le sue vecchie opere e a scrivere sei commedie, una satira contro i francesi (Misogallo), una parte delle rime (→ Raccolta di poesie, già iniziata in precedenza) e buona parte delle satire. I Trattati politici Vittorio Alfieri scrive: o "Trattato della tirannide" Viene pubblicato a sua insaputa nel 1787 ed è diviso in due libri: ▪ Primo libro = Parla della tirannide e della sua evoluzione. Mentre la tirannide passata era palesata, quella attuale si maschera dando una parvenza di essere una repubblica illuminata. Egli ritiene che l'unica soluzione in questa situazione sia il tirannicidio, anche se poi non sempre si può instaurare una repubblica. ■ Secondo libro = Parla di come possa sopravvivere e ribellare alle tirannidi. Alfieri non inserisce questo discorso in un contesto storico facendoli, così, sembrare astratti. Egli vede una contrapposizione tra il tiranno e l'uomo che porta a una lotta senza fine. o "Misogallo" Misogallo = Colui che odia i francesi (letteralmente i Galli). Era infatti contrario alla Rivoluzione francese, solo in un secondo momento, contatta il modo di procedere dei rivoluzionari. o "Del Principe e delle lettere" Opera scritta tra 1778 e il 1876 in tre libri, anche queste pubblicate postume nel 89 senza il suo consenso. In quest'opera cerca una possibile soluzione al problema della tirannide e specifica il ruolo della letteratura in esso, dicendo che essa deve essere antitetica rispetto al potere: il singolo letterato ha, quindi, il compito di contrastare il potere Secondo Alfieri l'intellettuale deve essere autonomo dal potere politico. Successivamente Alfieri parla del rapporto tra cultura e potere, ribadendo quindi che cultura deve combattere il potere. Il modo in cui Alfieri concepisce la monarchia e il contesto storico sono fondamentali in queste opere: Egli vive sotto il governo Savoia. Mentre in altre zone dell'Europa vi era il dispotismo illuminato, il Piemonte era molto arretrato non vi era la libera espressione, ciò influenza la scrittura di Alfieri: si pone in maniera critica nei confronti dell'aristocrazia e della borghesia e difende i privilegi degli intellettuali. Le Rime "Le Rime" è una raccolta di poesie autobiografiche (351 sonetti) pubblicate nel 1789 dove sono affrontate le tematiche: o Dell'autoritratto o Dell'amore → Concezione simile a quella di Petrarca: l'amore è vissuto come sofferenza, m al contrario di Petrarca Alfieri è più duro nei suoi confronti, quindi quando affronta determinate tematiche lo fa senza l'inquietudine che caratterizza, invece, Petrarca. → Dove viene descritto il paesaggio, la natura è descritta come se fosse pericolosa, al contrario Petrarca si rifugia in essa per trovare un equilibrio. Le Tragedie Alfieri compone 19 tragedie. → Le compone nel 1775 e le termina nel 1786: prima le scrive in prosa per poi rielaborarle usando l'endecasillabo sciolto. Sono tutte formate da 5 atti (= Struttura canonica). • I Personaggi I protagonisti sono storici o mitologici: rappresentano la loro coscienza contrastata → Lo si può notare dal comportamento che hanno con gli altri personaggi. (Di solito il protagonista cerca una libertà concreta, ma anche interiore e fa molta fatica a raggiungerla). I personaggi presentano caratteristiche del Preromanticismo e del Romanticismo. → Alfieri si incentra sul fatto che le anime delle persone siano abitate da forze oscure e l'individuo cerca di combattere. • Vi sono diversi cicli riguardanti le tragedie: o Tebano Tragedie che si ispirano ad Edipo che portano in scena aspetti emotivi diversi. Ne fanno parte "Polinice" e "Antigone". Gli atridi sono i discendenti di Atreo, re di Atene. Ne fanno parte "Agamennone" e "Oreste" o Atridi = = o Argomento romano = "Ottavia", "Bruto primo", "Bruto secondo". o Della libertà = Riguardano vicende in cui i personaggi affrontano la morte pur di rimanere liberi. Ne fanno parte "Virgigna", "Timoleone", "la congiura dei pazzi". Il Saul "Il Saul" è stato composto nel 1782 ed è la più conosciuta tra le sue opere. • Trae ispirazione dalla Bibbia e in particolare dal "libro dei re", esso riguarda una vicenda precisa anche se viene affrontato in maniera libera. La Trama "Il Saul" è ambientato durante la guerra tra i filistei e gli ebrei. Saul, re d'Israele, si trova in una situazione critica perché non ha più la fiducia del popolo e nemmeno quella dei familiari. Uno dei profeti, Samuele, dice a Saul che egli si è ribellato al volere divino perché ha risparmiato un nemico, quindi Samuele consacra come nuovo re David. ● David è un abile re, infatti ha comandato più volte l'esercito, ma Saul, che è impazzito, non segue le indicazioni di nessuno e vede David come un usurpatore così lo esilia. Cercano di mediare per David una serie di personaggi: Nicole, figlia di Saul e moglie di David, anche l'altro figlio di Saul, Jonathan, e un generale dell'esercito, Abner. Il problema era che David era il re prescelto da Dio come successore degli ebrei, ma lui non voleva prendere il potere a Saul che ovviamente non gli crede, ed è per questo che David viene mandato in esilio, e il re decide, quindi, di riaffidare il potere ad Abner. Saul si rende conto che senza David inevitabilmente sarà destinato alla sconfitta; infatti quando combatteranno contro i filistei l'esercito si troverà in difficoltà non avendo David come loro guida ed essendo anche molto stanchi; così, quando il campo ebreo viene attaccato, molti di loro vengono uccisi, a questo punto Saul ordina ad Abner di portare in salvo Nicole mentre lui si toglie la vita. • I personaggi principali I personaggi fondamentali sono Saul e David. → Saul si sente minacciato da David rivedendosi in lui, ma ne ha anche paura. → Saul è spaventato ma anche folle e questi sentimenti, provenendo dalla sua anima, non riescono ad essere placati da nessuno. Sogna, addirittura, che ci fossero delle congiure contro di lui: ciò fa sì che alla fine tutti lo abbandonino (anche la figlia) e questo lo porterà ad uccidersi per conservare la sua dignità. • "Il Saul" è diversa dalle altre tragedie, infatti Saul è sia vittima che il tiranno di se stesso (di solito invece vi era un tiranno e una vittima); inoltre questa è una tragedia incentrata sull'analisi psicologica di Saul. Parecchi autori dopo di lui si soffermeranno sull'analisi psicologia di alcuni personaggi, prendendo spunto proprio da Alfieri. La Mirra • "La Mirra" è la seconda tragedia più importante di Alfieri. "La Mirra" fu composta nel 1784 e trae ispirazione da un omonimo testo di Ovidio narrato nelle Metamorfosi, ma vi sono alcune differenze. • La Trama Mirra, la protagonista figlia del re di Cipro, deve sposarsi con Pereo, futuro re dell'Epiro, anche se non lo ama. Per cercare di autoconvincersi a sposarsi decide di avvicinare il più possibile quel giorno. Mirra era stata condannata da Venere ad amare il padre a causa di un oltraggio alla bellezza compiuto dalla madre, Cecri, nei confronti della dea. Anche Pereo si rende conto che Mirra non lo vuole sposare ed è disposto a non sposarla, ma lei non vuole. Ad un certo punto la nutrice della fanciulla, Euriclea, tenta di farsi raccontare cosa stava accadendo, ma lei non aveva mai detto nulla di tutto ciò a nessuno e, infatti, non cede nemmeno questa volta. Gli stessi genitori tentano di non farla sposare ma Mirra insiste perché spera di poter guarire andandosene da Cipro; così la madre confida al marito che questa situazione è nata per causa sua perché aveva fatto infuriare Venere. Mirra e Pereo stanno per sposarsi, ma durante il matrimonio Mirra accusa la madre della sua infelicità e si arrabbia a tal punto che sviene, così la portano nella sua stanza. Vi è, quindi, un lungo colloquio tra padre e figlia che, alla fine, confessa tutto. Nel mentre Pereo si era suicidato perché non era riuscito a reggere gli avvenimenti. Dopo che Mirra viene a conoscenza del suicidio del suo futuro sposo, il padre le dice che probabilmente lui dovrà condurre una guerra contro il re dell'Epiro. Dopo che il padre le chiede chi ami sul serio, ella gli risponde che è innamorato di lui; il padre sconvolto si allontana e nel mentre Mirra prende la spada e si suicida. • Differenze tra il mito raccontato da Ovidio e quello di Alfieri Vi sono alcune differenze tra il mito raccontato nelle Metamorfosi di Ovidio e il mito raccontato da Alfieri: in quello di Ovidio Mirra è consapevole di ciò che le sta capitando e percepisce l'orrore di questo amore e cerca di allontanarlo; mentre nel mito di Alfieri, Mirra non confida a nessuno i suoi sentimenti se non alla fine. (→ Il dramma di Mirra è interiorizzato a discapito dell'azione). Il fatto che Mirra cerchi di nascondere il suo segreto la fa precipitare nel delirio e nel suicidio. Il modo in cui Alfieri presenta Mirra fa nascere una paradossale pietà venendoci presentata come una vittima di questo sentimento. → Ella non viene presentata nello stesso modo nella Metamorfosi di Ovidio: Il suicidio nelle Metamorfosi è visto come un atto di protesta un atto eroico, dato che manca il senso etico-morale e lo sguardo psicologico.