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CANTO 6 DEL PARADISO DIVINA COMMEDIA

26/9/2022

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GIUSTINIANO RIFICa "'impero duiso
da ConstantINO
redige corpus extis civilis
CAPITOLO SEI
PARADISO
-tono solenne ricco di perifrasi figura r

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GIUSTINIANO RIFICa "'impero duiso da ConstantINO redige corpus extis civilis CAPITOLO SEI PARADISO -tono solenne ricco di perifrasi figura retorica uguale aquila imperiale espansione dell'impero ↓ -Giustiniano domina il canto svolgendo un monologo simbolo deu Impero -simmetria canto sei canto politico -Inferno, Ciacco, Firenze 11 canto ha un cono pui solenne e autorevole degli aim -Purgatorio, Sordello, Italia, abbandonata dalle virtù -Paradiso, Giustiniano, impero 1-27 risposta alla prima domanda Giustiniano è l'unica anima a parlare in questo canto e con un lungo monologo risponde alle due domande di Dante poste nel quinto canto, svolgendo anche una digressione. Inizia il suo discorso introducendo Costantino il quale aveva portato la capitale da Roma a Bisanzio e dopo più di 200 anni l'uccello sacro passò nelle mani di Giustiniano. Successivamente si introduce affermando di aver raccolto le leggi romane nel Corpus luris Civilis, riformando la legislazione romana. Prima di dedicarsi a ciò egli aveva aderito all'eresia monofisita, credendo che Cristo avesse solo la natura divina e non anche quella umana, perché quest'ultima veniva annullata congiungendosi alla prima, ma vera fede e grazie al suo generale Belisario espanse grazie al papa Agapito si converti e si diresse verso anche il territorio dell'Impero. 28-36 funzione dell'Impero e digressione L'imperatore qui aggiunge una digressione per far capire a Dante quanto siano inutili le lotte di coloro che si oppongono al simbolo sacro, i Guelfi, e di...

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Didascalia alternativa:

coloro che se ne approfittano per i loro fini, ghibellini, poiché il simbolo imperiale è degno del massimo rispetto e tutto ciò è iniziato in cui Pallade morì per assicurare la vittoria a Enea. (Pallade caduto per il Tuono del futuro impers Romano) 37-54 fondazione Albalonga. + combattimento tra Orazi e Curazı + Supremazia Roma P Ripercorre le vicende storiche dell'aquila Imperiale partendo da quando rimase per 300 anni ad Albalonga, per poi passare ai romani con il periodo monarchico e repubblicano fino ad arrivare al periodo imperiale. contro Galli guudati do Brenno, H 55-96 contro Tarerain Nel periodo vicino alla nascita di Cristo, l'aquila venne presa in mano da Cesare, che realizzò straordinarie imprese in Gallia lungo i fiumi Reno, Loira, Senna, Rodano. Cesare passò poi il Rubicone e iniziò la guerra civile con Pompeo. Dopo una breve deviazione nella Troade, sconfisse Tolomeo in Egitto. Il suo successore Augusto sconfisse Bruto e Cassio, poi fece guerra a Modena e Perugia, infine sconfisse Cleopatra. Augusto portò l'aquila fino al Mar Rosso, garantendo a Roma la pace. Il terzo Cesare fu il periodo in cui Cristo fu crocefisso e successivamente con Tito punì la stessa vendetta, con la conquista di Gerusalemme; poi, quando la Chiesa di Roma fu minacciata dai Longobardi, fu soccorsa da Carlo Magno. 97-111 scontri tra guelfi e ghibellini Terminata la sua digressione, Giustiniano invita Dante a giudicare l'operato di Guelfi e Ghibellini che è causa dei mali del mondo: i primi si oppongono al simbolo imperiale dell'aquila appoggiandosi ai gigli d'oro della casa di Francia, i secondi se ne appropriano per i loro fini politici, per cui è arduo stabilire chi dei due sbagli di più; Carlo II d'Angiò, d'altronde, non creda di poterlo abbattere coi suoi Guelfi, dal momento che l'aquila coi suoi artigli ha scuoiato leoni più feroci di lui. I figli spesso pagano le colpe dei padri e Dio non cambierà certo il simbolo dell'aquila con quello dei gigli della monarchia francese. Guelfi (papa) (come Carlo d'Angiò)non vogliono l'impero ma il papa, quindi vogliono cacciare l'aquila per appoggiarsi alla monarchia francese ( vogliono i gigli d'oro di Francia) vs Ghibellini (impero) stemma per la fazione, ergersi come capi. Simbolo loro e non dell'impero 112-126 Giustiniano risponde alla seconda domanda di Dante e spiega che il Cielo di Mercurio ospita gli spiriti che in vita hanno perseguito onore e fama, per cui quando i desideri sono rivolti alla gloria terrena è inevitabile che si ricerchi in minor misura l'amor divino. Tuttavia, spiega Giustiniano, lui e gli altri beati sono lieti della loro condizione, in quanto i premi sono commisurati al loro merito e la giustizia divina è tale che non possono nutrire alcun pensiero negativo. Voci diverse producono dolci melodie, e così i vari gradi di beatitudine producono una dolcissima armonia nelle sfere celesti. 127-142 Giustiniano indica a Dante l'anima di Romeo di Villanova, che splende in questo stesso Cielo. Raimondo Berengario IV, conte di Provenza, ebbe quattro figlie e grazie all'opera dell'umile Romeo tutte furono regine; poi le parole invidiose degli altri cortigiani lo indussero a chiedere conto del suo operato a Romeo, che aveva accresciuto le rendite statali. Egli se n'era andato via, vecchio e povero, e se il mondo sapesse con quanta dignità si ridusse a chieder l'elemosina, lo loderebbe assai più di quanto già non faccia.