L'infinito di Leopardi
Leopardi descrive la sua esperienza su un colle solitario a lui familiare. Una siepe gli nasconde gran parte dell'orizzonte, ma questo limite fisico stimola la sua immaginazione. Il poeta riesce così a "crearsi" mentalmente spazi senza fine oltre quell'ostacolo.
La poesia è ricca di figure retoriche che amplificano la sensazione dell'infinito. Leopardi usa iperboli come "interminati spazi", "sovrumani silenzi" e "profondissima quiete" per esprimere l'immensità che immagina. Questi pensieri sono così potenti che quasi lo spaventano.
Il suono del vento tra le piante ("odo stormir tra queste piante") diventa per il poeta un elemento di confronto con il silenzio infinito. Questo paragone evoca pensieri sull'eternità e sul tempo che scorre, dalle "morte stagioni" a quella "presente e viva". Il componimento si conclude con la celebre immagine del naufragio dolce del pensiero nell'immensità.
💡 La struttura della poesia supporta il suo significato: i numerosi enjambement (ben dieci) creano un effetto di continuità che riflette l'idea dell'infinito, come se i versi stessi non volessero concludersi.
Dal punto di vista tecnico, il testo presenta quindici versi endecasillabi sciolti, con dieci enjambement, due polisindeti e cinque apocopi. La ripetizione di suoni e l'uso dell'onomatopea "stormir" arricchiscono il componimento, conferendogli una musicalità che complementa il senso di calma e tranquillità che Leopardi associa all'infinito.