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Giovanni Verga Pensiero E Opere |RIASSUNTO|

3/11/2022

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Tecniche narrative: IMPERSONALITÀ E
Lo scrittore deve:
-evitare di esprimere giudizi
-"mettersi nella pelle dei suoi
personaggi"
-raccontare

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Tecniche narrative: IMPERSONALITÀ E Lo scrittore deve: -evitare di esprimere giudizi -"mettersi nella pelle dei suoi personaggi" -raccontare le vicende in modo scarno ed essenziale -evitare di fornire indicazioni sugli antefatti,sui luoghi e sui personaggi -dare al lettore "l'illusione completa della realtà" REGRESSIONE Per descrivere un mondo come quello siciliano, fisso nei propri valori, Verga sceglie di adottare un tipo di scrittura oggettiva, priva dei sentimenti e delle opinioni dell'autore. Questo tipo di scrittura rientra all'interno della poetica dell'impersonalità, che vuole guardare il mondo dei contadini e dei pescatori da una certa distanza, al fine di restituirne la verità, usando le parole della narrazione popolare e mettendo al centro il fatto nudo e crudo. In questo senso si parla di regressione dell'autore. Lo scrittore mette da parte sé stesso, le sue conoscenze, il suo mondo, e regredisce fino a calarsi all'interno del contadino o del pescatore, parla con le sue parole e vede il mondo dai suoi occhi. È come se a raccontare fosse uno di loro,che però non compare direttamente nella vicenda: narratore eterodiegetico. "il soggetto deve essere inerente al soggetto" Visione del mondo: la fiumana del progresso e i vinti Centrale nella svolta verista e nella scelta del mondo da rappresentare è la visione della modernità di Verga. Per lui il PROGRESSO e la modernità sono come un fiume in piena che scorre a grande velocità trasportando...

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Didascalia alternativa:

il mondo verso nuovi traguardi ma che allo stesso tempo travolge e distrugge le vite di coloro che non riescono ad adattarsi in tempo alle novità, alla velocità che il progresso impone, tutti coloro che insomma non riescono a stare al passo. È così che il progresso e la modernità lasciano dietro di sé una scia di vittime, i VINTI. Di questi personaggi Verga decide di parlare nei suoi romanzi e nelle sue novelle veriste e per ripagare in qualche modo questa loro sconfitta sul campo di battaglia della storia decide di proporci le loro stesse parole, di darci il loro punto di vista. Differenze dal Naturalismo francese Alla base del Verismo verghiano c'è il Naturalismo francese, a cui Verga si avvicinò grazie all'amico e scrittore Capuana. I romanzi naturalisti pongono al centro della narrazione la rappresentazione della realtà popolare. Il principale esponente del Naturalismo fu Emile Zola, autore molto letto da Verga. Tuttavia occorre precisare che il Naturalismo non si identifica con il Verismo. Il narratore dei romanzi di Zola riproduce il punto di vista dell'autore, del borghese colto, ed esprime giudizi sui fatti narrati. Zola risulta insomma abbastanza estraneo alla tecnica verghiana della regressione, per lui l'impersonalità è piuttosto il distacco dello scienziato, che guarda l'oggetto da fuori e dall'alto. Questo si lega a due visioni del mondo diverse: Zola giudica e commenta i fatti perché crede che la letteratura possa cambiare la realtà, mentre Verga è pessimista e crede che la realtà sia immodificabile. Verga è autore di moltissime novelle in cui si esprime la poetica del Verismo. Tecnica della regressione: la voce narrante adotta lo stesso modo di pensare,giudicare e parlare dei personaggi Vita dei campi (1880), raccoglie novelle in cui è descritto il mondo della campagna siciliana e la sua vitalità originaria. I personaggi di questi racconti sono estranei alle situazioni artificiali della vita cittadina e risultano dominati da passioni elementari. È un mondo fuori dalla storia, fondato sulla ripetizione di ritmi sempre uguali, fatto di lavoro, miseria, violenza, gerarchie, egoismi e codici di comportamento immutabili. La voce popolare narrante spesso descrive i personaggi con sarcasmo e aggressività, creando un contrasto con la tragicità delle vicende narrate. Novelle rusticane (1882), ripropongono ambienti e personaggi della campagna siciliana, ma in prospettiva più amara e pessimista, portando in primo piano la miseria e la fame. Il mondo descritto in queste novelle si basa sul possesso della "roba", sulla ricerca della ricchezza, di fronte alla quale gli uomini perdono principi e valori. Il mondo rurale non è idealizzato, ma rappresentato in tutti i suoi aspetti, sia positivi che negativi. Rosso malpelo, trama La novella inizia con la presentazione del personaggio di Malpelo, un giovane che lavora in una cava di sabbia siciliana e che è ritenuto da tutti essere malvagio a causa dei suoi capelli rossi. Per questo motivo il giovane è malvoluto dalla sua famiglia, che si vergogna di lui, e maltrattato dai suoi compagni di lavoro. In risposta a questo Malpelo vive completamente isolato. Nel racconto si dice che lo tenevano a lavorare lì solo perché il padre era morto nella cava in seguito al crollo di una parete. Viene descritta la morte del padre, a cui Malpelo è presente. Tutti gli uomini giunti in soccorso rinunciano subito a salvarlo, giudicando l'impresa impossibile, e solo Malpelo continua a scavare inutilmente per tirarlo fuori dalle macerie. Rosso Malpelo può essere considerata la prima novella verista perché utilizza per la prima volta la tecnica dell'impersonalità. Il narratore popolare Il narratore di Rosso Malpelo è un narratore popolare, che ci racconta i fatti già conclusi. Non dobbiamo però pensare che il narratore popolare corrisponda alla voce di un solo personaggio, in quanto esso rappresenta piuttosto la voce di tutto il popolo, un coro, il punto di vista della comunità. Questo è evidente già nell'incipit della novella: «Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo». Appare chiaro che questo non è il punto di vista di Verga, ma quello della gente del popolo e in particolare degli abitanti del paese in cui Malpelo vive e lavora. Verga in quanto persona è completamente assente e l'autore regredisce adottando un punto di vista che non è il suo. Tornato a lavoro dopo la morte del genitore, Malpelo è ancora più solitario e i compagni si accaniscono di più su di lui. Gli vengono affidati tutti i lavori più duri e pericolosi e il ragazzo sfoga la sua rabbia contro un vecchio asino. A questo punto entra in scena un altro personaggio, il giovane Ranocchio, momentaneamente zoppo dopo un incidente. Malpelo inizia a tormentare il ragazzo, ma in questo comportamento si cela il suo modo di essergli amico e di prepararlo per il mondo. Viene descritto anche un ritorno a casa del protagonista, che si reca dalla madre e la sorella. Le due donne però si vergognano di lui e non vedono l'ora che torni alla cava a lavorare. In questo momento viene ritrovato il cadavere del padre, evento che sconvolge moltissimo Malpelo. Il ragazzo prende i vestiti del genitore e inizia a custodirli con gelosia. La scia di morti, però, non è finita: anche l'asino che Malpelo usava picchiare viene trovato morto e il suo cadavere viene mangiato dalle bestie. Il protagonista porta Ranocchio a vedere la scena per dargli una lezione sulla vita, ma il ragazzino non vivrà mai la vita a cui Malpelo lo sta preparando: Ranocchio, infatti, si ammala e Malpelo fa appena in tempo ad andare a trovarlo prima che muoia. Dopo la morte di Ranocchio arriva alla cava un uomo evaso di prigione che si sta rifugiando per sfuggire alla cattura, ma che alla fine decide di andar via, preferendo il carcere alla vita sottoterra. Nel finale Malpelo viene mandato in esplorazione in una zona pericolosa della cava e non fa più ritorno, presumibilmente morto nel labirinto dei cunicoli. Lo straniamento Per il lettore è chiaro che Malpelo ha dei valori autentici, come la pietà verso il padre, il senso della giustizia, l'amicizia e la solidarietà. Il punto di vista del narratore, con i suoi pregiudizi e le sue incomprensioni, crea su questi valori un effetto di straniamento. Questo accade perché il narratore è portatore di un punto di vista disumano, che ignora i valori e conosce solo gli interessi privati e la logica del più forte Il pessimismo Verghiano Per Malpelo la vita si configura come un'eterna lotta per la sopravvivenza dominata dalla legge del più forte. La concezione della vita di Malpelo è priva di speranza. In questo pessimismo assoluto e senza uscita, che porta Malpelo ad affermare che «se non fosse mai nato sarebbe stato meglio», vediamo lo stesso pessimismo di Verga. Il procedimento narrativo dello straniamento consiste nell'adottare,per narrare un fatto o descrivere una persona, un punto di vista completamente estraneo all'oggetto; in questo modo le cose più abituali e normali appaiono insolite,strane,incomprensibili Straniamento rovesciato: Ciò che dovrebbe essere strano,l'insensibilità totale ai valori,finisce per apparire normale I romanzi veristi di Verga ruotano intorno al progetto del Ciclo dei vinti, che si sarebbe dovuto comporre di cinque romanzi, in cui Verga voleva rappresentare la lotta per la vita nelle diverse classi sociali, il cammino fatale verso il progresso, quella fiumana che trascina via con sé i vinti, coloro che non riescono a stare al passo. Nella crisi creativa che lo colpisce negli ultimi anni, lo scrittore lascia incompiuto il progetto. Solo I Malavoglia e Mastro Don Gesualdo vengono pubblicati, mentre La duchessa di Leyra, che avrebbe dovuto rappresentare il mondo della nobiltà travolto dalla modernità, rimane allo stato di abbozzo. Gli ultimi due romanzi non saranno nemmeno iniziati. I Malavoglia: la trama Il romanzo narra la storia della famiglia Toscano, detta malignamente dal popolo "Malavoglia", una famiglia di pescatori del piccolo paese siciliano di Aci Trezza. Padron 'Ntoni è il capofamiglia e l'unità e l'economia familiare sono garantite dalla casa del nespolo e dal peschereccio, chiamato "La Provvidenza", ma una serie inarrestabile di disastri colpirà la famiglia. Crocefisso. Questo evento causa la rovina economica dei Malavoglia, che perdono anche la casa del nespolo. I Malavoglia è il romanzo più famoso di Giovanni Verga e quello in cui l'autore riesce a esprimere al meglio la poetica del Verismo. Il giovane 'Ntoni, nipote di Padron 'Ntoni, deve partire per il militare e la famiglia è costretta ad assumere un lavoratore. A ciò si aggiunge una cattiva annata per la pesca e il bisogno di una dote per Mena, la figlia maggiore, che si deve sposare. Padron 'Ntoni decide allora di tentare la via del commercio, ma la Provvidenza - la barca che serve al sostentamento di tutta la famiglia - naufraga e muore Bastianazzo, figlio di Padron 'Ntoni e futuro capofamiglia. La nave era carica di lupini comprati a credito dall'usuraio Zio Poco dopo il colera uccide la madre. La Provvidenza, che era stata riparata, naufraga di nuovo, i membri della famiglia rimangono senza lavoro e sono costretti ad arrangiarsi con lavoretti poco redditizi. Intanto il giovane 'Ntoni, partito per il militare, entra in contatto con il mondo esterno. Finito il servizio militare si rifiuta di tornare a casa per dedicarsi al duro lavoro che le difficoltà economiche della famiglia gli imporrebbero. Decide di dedicarsi al contrabbando e a una vita dissipata. Finisce in carcere dopo una rissa con la guardia che aveva tentato di sedurre la sorella Lia. Si tratta del racconto delle sventure di una famiglia di pescatori siciliani negli anni successivi all'Unità d'Italia. L'interruzione della storia I Malavoglia può essere considerato come la descrizione di una società arcaica rappresentata nel momento del cambiamento. Le sventure che colpiscono i personaggi derivano dall'irruzione della storia e della modernità all'interno del loro mondo immobile e fuori dal tempo. Questi eventi sono in particolare: -L'Unità d'Italia, che determina la chiamata al servizio militare per 'Ntoni e Luca. Il primo viene a contatto col mondo e non riesce più a tornare alle sue origini, mentre il secondo muore in battaglia. -La Rivoluzione Industriale, i cui effetti inducono i Malavoglia a tentare il commercio di lupini e a indebitarsi con Zio Crocefisso. Il romanzo rappresenta la fiumana del progresso che travolge i vinti, coloro che non riescono a stare al passo con la storia. Nella storia il mondo tradizionale, rappresentato dai Malavoglia, si oppone alla logica economica moderna, rappresentata dagli altri abitanti del villaggio. Il vecchio 'Ntoni e il giovane 'Ntoni rappresentano due modi diversi, entrambi estinati sconfitta, di confrontarsi con il mutamento: . Il vecchio 'Ntoni difende i valori antichi e la famiglia, ma tenta la strada del commercio che lo porta alla rovina. . Il giovane 'Ntoni a contatto con il mondo della città perde le proprie radici e non si riconosce più nei valori tradizionali, decidendo alla fine per una partenza senza ritorno. Impianto Corale Il romanzo ha un impianto "corale", poiché risulta fittamente popolato di personaggi,senza che spicchi un protagonista. Questo coro si divide nettamente in due: i Malavoglia (che sono caratterizzati dalla fedeltà ai valori puri; dall'altro la comunità del paese,mossa solo dall'interesse e insensibile sino alla disumanità L'altro nipote, Luca, muore durante la battaglia di Lissa del 1866. Lia, dopo l'episodio con la guardia, si sente disonorata e fugge a Catania, dove finisce per lavorare come prostituta. A causa di questo Mena non può più sposarsi. Il nucleo familiare è completamente distrutto e Padron 'Ntoni, ormai malato, si avvicina alla morte. Tuttavia, dopo tanti sacrifici, l'ultimo nipote, Alessi, riesce a ricomprare la casa del Nespolo e tenta di ricostruire il nucleo familiare senza però riuscirci: Padron 'Ntoni muore in ospedale, lontano dalla casa e dalla famiglia mentre il giovane 'Ntoni, uscito dal carcere, capisce di non poter più esser parte di quella vita e abbandona per sempre il paese natale. Costruzione bipolare La struttura narrativa del romanzo risulta caratterizzata da una costruzione bipolare,nella quale si alternano costantemente due punti di vista opposti, quello nobile e disinteressato dei Malavoglia e quello cinico e ottuso degli abitanti del villaggio La Roba La roba di Giovanni Verga è una breve ma famosa novella che fa parte della raccolta Novelle Rusticane. La novella ha come protagonista un contadino che, durante la sua vita, è riuscito ad accumulare un'immensa ricchezza. Per il contadino Mazzarò non contano i legami personali, gli affetti o la famiglia: ciò che conta veramente è "la roba", i beni materiali che riesce ad accumulare ma, proprio come succede a Mastro don Gesualdo, la sua ricchezza non lo aiuterà a morire meno solo. Mazzarò, infatti, ama accumulare "roba": più accumula, più si allontana da amici e famigliari e, negli ultimi anni della sua vita, Mazzarò è ricco di beni materiali ma estremamente solo. Il personaggio principale è il contadino Mazzarò, un uomo tirchio e avaro che preferisce accumulare "roba" piuttosto che dedicarsi ai rapporti interpersonali. La roba fa parte della raccolta Novelle rusticane di Giovanni Verga. In questa novella Verga rappresenta la Sicilia dell'Italia postunitaria. Mazzarò dedica la propria vita esclusivamente all'ascesa sociale: la passione per l'accumulazione e per il possesso di beni lo rendono una persona completamente sola. Il punto di vista utilizzato dall'autore è quello di un uomo che vive nella realtà raccontata. Mazzarò viene descritto prima attraverso un giudizio esterno e poi dal giudizio della gente. Verga usa principalmente due tecniche narrative: -Lo straniamento; -La regressione. MASTRO DON GESUALDO Mastro don Gesualdo, il quale punta all'elevazione sociale, vuole sposare una dei fratelli Trao: Bianca. Bianca era però stata sorpresa in camera da letto con il cugino Ninì Rubiera ma la madre di quest'ultimo si oppone al matrimonio riparatore. Mastro don Gesualdo sposa Bianca ma finisce per soffrire di una sorta di esclusione: si sente escluso da una parte dal mondo aristocratico, e dall'altra dal mondo dal quale veniva. Insomma: se per gli aristocratici era sempre rimasto un mastro, per il popolo era diventato un don. Uno dei dolori maggiori gli è però arrecato dalla moglie e dalla figlia, nata in verità dalla precedente relazione della moglie con il cugino Ninì Rubiera. Il nostro protagonista, infatti, non si sente amato dalla propria famiglia. Mastro don Gesualdo è però un escluso: inizia con il mestiere di muratore - ed è per questo che viene soprannominato Mastro - e finisce per sposare una nobildonna, dopo essersi arricchito, guadagnando l'appellativo di don. È quindi visto male sia dai paesani di basso ceto sia dai nobili a causa della sua ascesa sociale. Con il romanzo Mastro don Gesualdo, Giovanni Verga rappresenta la decadenza dell'aristocrazia e tratteggia le caratteristiche dell'ascesa della borghesia contemporanea del suo tempo. Una borghesia votata all'individualismo e al materialismo. Manda la figlia in un collegio per nobili e la vizia ma i due si allontanano quando la ragazza si innamora del cugino Corrado La Gurna. Mastro don Gesualdo però aveva altri programmi Per meglio descrivere questa complessa dinamica socio economica, Verga non usa solo la narrazione popolare - come aveva fatto ne I Malavoglia - ma utilizza altri punti di vista e altri piani narrativi. Il conflitto interiore Pur dedicando tutta la sua vita e tutte le sue energie alla conquista della roba,Gesualdo conserva un bisogno di relazioni umane autentiche: ha il culto della famiglia,rispetta il padre e aiuta i fratelli,ama la moglie e la figlia e vorrebbe essere amato da loro La focalizzazione del racconto sul protagonista Una particolarità che distingue i Malavoglia dal Mastro-don Gesualdo è che mentre il primo si può definire un romanzo "corale",il secondo ha al centro una figura di protagonista,che spicca nettamente rispetto alle altre figure. A questa centralità dell'eroe si adeguano i procedimenti narrativi: per gran parte la narrazione è focalizzata sul protagonista. Lo strumento per e eccellenza di questa focalizzazione è il discorso indiretto libero, mediante cui sono riportati i pensieri del protagonista per la figlia Isabella: darla in sposa a un nobile palermitano. Alla fine mastro don Gesualdo si ritrova vedovo, lascia il paese a causa dei moti del 1848 e di un cancro incurabile e si stabilisce a vivere a casa della figlia, dove assiste alla dilapidazione delle sue stesse ricchezze.