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EUGENIO MONTALE

15/5/2023

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EUGENIO MONTALE
Eugenio Montale nasce a Genova il 12 ottobre 1896. Anche lui, come Svevo, si diploma in ragioneria nel
1915, per poi studiar

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EUGENIO MONTALE Eugenio Montale nasce a Genova il 12 ottobre 1896. Anche lui, come Svevo, si diploma in ragioneria nel 1915, per poi studiare per un breve periodo canto e poi la musica rimase la sua grande passione. Parteciperà poi alla prima guerra mondiale. Nel 1925 firmò il manifesto degli intellettuali antifascisti in risposta al manifesto degli intellettuali fascisti. Nello stesso anno Montale dedicherà un omaggio a Italo Svevo, da cui poi nascerà una forte amicizia; inoltre nel 1925 uscì la prima raccolta di poesia Ossa di seppia. All'inizio del 1927 si trasferì a Firenze, e l'anno dopo verrà assunto come direttore del Gabinetto, che vi rimase fino al 1938, quando perse l'incarico visto che non era iscritto al partito nazionale fascista. Durante la guerra si dedica all'attività giornalistica. Nel 1944 collabora con la resistenza e nel 1946 sostiene il referendum per la repubblica. Nel divenne core del Corriere sera. Nel riceve il premio Nobel per la letteratura e muore nel 1981 a Milano. → POETICA La poesia di Montale presenta una visione pessimistica della realtà, che nasce dal contrasto tra razionalità e irrazionalità: per quanto l'uomo tenti di ricercare il carco che unisce il mondo fisico con quello metafisico, è impossibile oltrepassarlo, in quanto è irraggiungibile. Con ciò l'uomo è destinato al dolore infinito Persino...

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Didascalia alternativa:

il linguaggio, che dovrebbe avvicinare all'essenza, si presenta come un muro che ci impedisce di andare in profondità. L'unico modo che ha l'uomo per avere momenti di pace è tramite un atteggiamento di totale indifferenza La poetica di Montale inaugura così un'antitesi tra vita e poesia, che diventa l'espressone della comune difficoltà della vita. Proprio a causa dell'incapacità delle parole di esprimere esattamente gli stati d'animo, la produzione di Montale è caratterizzata dalla POETICA DEGLI OGGETTI. Gli oggetti assumono un valore allegorico e metafisico, evocando sentimenti, stati d'animo e diventando un emblema del "male di vivere", che contraddistingue la condizione dell'uomo in questo periodo. Negli oggetti il poeta vede il destino dell'umanità, intessuto di inquietudini e angosce ineluttabili. Ciò fu utilizzato anche da un poeta francese, Eliot, un poeta più conosciuto. Molti dicono che Montale riprese ciò, ma in realtà fu Eliot che lo scrisse dopo. A livello poetico, Montale esprime ciò con espressione poetiche che sono contrapposte ad altri poeti, tipo d'Annunzio. Lui usa un lessico che non pone l'accento sulla poetica della parola, ma sull'oggetto, utilizzando un lessico duro, che richiami il dolore; andando alla ricerca di lemmi/parole, che rappresentino il male di vivere, con parole semplici. OSSA DI SEPPIA Ossa di seppia è il primo romanzo di Montale, che pubblicò nel 1925 (stesso anno di Pirandello Uno, nessuno e centomila e delle leggi fasciatissime). Il titolo rimanda all'immagine marina degli "ossi di seppia", i quali possono galleggiare facilmente nel mare oppure essere sbattuti sulla riva come inutili relitti. Essi perciò rappresentano un perfetto correlativo oggettivo dello stato d'animo dominante nella raccolta, in cui il poeta sostituisce all'idea dannunziana di una panica fusione tra l'individuo e la natura, un sentimento di aridità, disagio, solitudine. TEMI: i temi principali che si presentano in questo romanzo sono: Male di vivere, che è rappresentato dai muri, che impediscono il superamento del muro e ciò rende impossibile penetrare nella vita assoluta (si ricollega alla siepe di Leopardi) ● ● ● ● Aridità e Indifferenza come riparo dal dolore Meriggio, ovvero il momento di sospensione in cui la vita sembra arrestarsi e permettere un colloquio silenzioso tra uomo e cose (pausa dal male di vivere). Ciò è dato dall'estate, in cui si ha una luce fortissima che ti porta in uno spazio statico in cui non c'è il male di vivere Ricerca del varco, come fuga dalla regola ferrea dell'universo STILE: si presenta uno stile aspro e arido, con un ritmo quasi in prosa, che definiscono al meglio la sua visione di aridità della vita. Dal punto di vista lessicale, sono presenti termini comuni, quotidiani. È presente la metrica, che presenta il verso libero, che si riavvicina alla tradizione. Sono presenti poi rime ipermetre, ovvero rime che portano il secondo verso più lungo con una sillaba in più. NON CHIEDERCI LA PAROLA Non chiederci la parola è il primo componimento della sezione Ossi di seppia, che fu pubblicato nel 1925, ed ha una funzione di manifesto, per una nuova generazione di scrittori che si opposero ai poeti precedenti, come Carducci, Pascoli e soprattutto d'Annunzio, in cui espone il suo modo di intendere la poesia. Questa poesia è composta da 3 quartine diverse di lunghezza variabile: Nella prima quartina il poeta si rivolge al lettore, in cui riconosce ed ammette l'impossibilità da parte dei poeti, pensatori del tempo, di offrire una risposta dell'esistenza umana. Il componimento si apre con Non chiederci la parola che squadri da ogni lato l'animo nostro informe. Il Non è una negazione e fa riferimento al fatto che Montale voglia avvertire il lettore di non chiedere loro di pronunciare parole in grado di definire l'animo umano. Utilizza il NOI perché non è l'unico che si oppone a tutte quelle persone che gridano con sicurezza la parola che definisce chi siamo. Infatti con la parola squadri, Montale intende dire che non si può chiedere al poeta la parola che definisce ciò che si è, e ciò poi lo evidenzia ancora di più con lettere di fuoco. Tutto cambia negli ultimi due versi, perché Montale offre un'immagine di quello che potrebbe essere questa parola se la si trovasse, ovvero il croco, questo fiore giallissimo che rappresenta il nostro segreto, che si trova nascosto in un prato informe, con un verde spento, squadrato come l'animo nostro. Nella seconda quartina Montale attacca quegli uomini sicuri di sé, che affrontano la vita con fiducia, in pace con sé stessi e con gli altri, e non avvertono il lato oscuro. Ci mostra però quanto la loro ombra/interiorità sia malata. La canicola fa riferimento al momento in cui il sole è sul punto più alto, nel momento più caldo a mezzogiorno Nella terza quartina, Montale attacca gli scienziati, o coloro che credono che la scienza possa risolvere tutti i problemi dell'uomo (positivisti), in cui dice che non ci sono formule o simboli che svelano la realtà, che infondono fiducia al lettore. Tutto ciò che il poeta può fare per il lettore è mostrargli ciò che egli non è e non desidera, come per sottolineare la sua estraneità e contrarietà agli avvenimenti in corso ● ALLITTERAZIONI: le principali sono della s e della p (stampa, sopra, scalcinato, storta sillaba e secca) (perduto, polveroso prato) →MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTO Meriggiare pallido e assorto è una delle liriche più popolari di Montale, che fu scritta nel 1916. Questa lirica fa riferimento a un caldo pomeriggio estivo, in cui il poeta ascolta i pochi rumori della campagna, osserva le formiche sul terreno, spia il mare da lontano, cammina lungo un muro disseminato di vetri aguzzi. Le prime tre strofe di questa poesia sono realistiche e descrittive: descrivono un paesaggio ligure di un pomeriggio estivo, il cui caldo arriva anche nelle membra e nella mente dell'uomo. Le forme di vita che si presentano sono piccole creature: si sentono merli, serpi, cicale, formiche. Da lontano poi si vede il mare. L'ultima strofa di questa poesia abbandona l'elemento descrittivo-paesistico iniziale ed espone una riflessione etica e filosofica sull'esistenza umana. Per Montale, vivere è come camminare lungo una muraglia invalicabile, con in cima aguzzi di bottiglia. Quindi questa muraglia (che era già presente nel v.2 con muro, ma qui gli si allarga il significato) è una barriera che impedisce agli uomini di penetrare nel mistero che ci circonda (come Leopardi), e che indica il male di vivere. Da questo, si capisce che Montale descrive la natura, non come d'Annunzio, che raffigura la fusione dell'uomo con la natura, ma con una diversa sensibilità e partecipazione all'esistenza che ricorda quella di Leopardi. Questa natura traduce la visione di Montale della fatica e del dolore di vivere. Il titolo: Meriggiare rimanda ad un verbo all'infinito, che riporta al momento in cui il sole è al punto più alto ● Pallido rimanda al fatto che c'è troppa luce accecante Assorto rimanda al fatto che con tutto questo caldo e luce non si riesce più neanche a pensare OSSIMORO: v.14 triste meraviglia ● ONOMATOPEA: v.4 schiocchi e frusci. Per descrivere la natura, come simbolo del dolore, Montale utilizza molto spesso suoni duri e aspri → SPESSO IL MALE DI VIVERE HO INCONTRATO Spesso il male di vivere ho incontrato è anche questa una lirica di Ossi di seppia, in cui Montale descrive maggiormente il male di vivere. ● La prima quartina illustra il concetto del male di vivere, che è emblematicamente rappresentato in 3 immagini di vita interrotta, che coinvolgono ogni aspetto della natura, ovvero le cose inanimate, ovvero il ruscello ostacolato nel suo corso, le piante, ovvero la foglia accartocciata, gli animali, ovvero il cavallo sfinito dalle fatiche e disteso al suolo La seconda quartina presenta invece il bene, che incontra raramente rispetto al male e che viene rappresentato dalla divina indifferenza. I simboli del bene sono espressi in altrettante immagini di silenzio, staticità e indifferenza, ovvero la statua nell'ora silenziosa del meriggio, la nuvola sospesa nell'azzurro del cielo, il falco in volo nello spazio lontano e indefinito. Dal testo si capisce che come unico rimedio nella vita è lo stato d'animo dell'indifferenza, perché permette di guardare al male e alle difficoltà della vita con impassibilità e superiore distacco. Si nota inoltre che i primi tre elementi che rappresentano il male, costringono ad abbassare lo sguardo verso la terra, portando ad un senso di oppressione e soffocamento. Mentre i tre termini che rappresentano il bene, comportano ad un progressivo innalzamento della prospettiva, che si schiude su orizzonti più ampi.