Cultura, Scuola e Intellettuali nell'Italia Unita
Con l'unificazione, il mercato culturale assume dimensioni nazionali: libri e giornali possono finalmente circolare liberamente senza dogane e censure. L'industria editoriale cresce rapidamente, anche se solo il 12% degli italiani sa leggere. La pubblicità diventa fondamentale e molti editori comprano giornali per promuovere i propri libri.
La scuola elementare diventa obbligatoria con la Legge Casati (1859) per due anni, poi con la Legge Coppino (1877) fino ai nove anni. Il problema è che i comuni non hanno fondi sufficienti e molti maestri non sanno nemmeno l'italiano! La scuola deve insegnare a leggere e scrivere, ma soprattutto creare una coscienza nazionale in un Paese diviso da dialetti e tradizioni diverse.
Gli intellettuali perdono il loro ruolo di guida della società e si crea un conflitto tra loro e la nuova società borghese industriale. Molti scrittori si sentono emarginati dal progresso e temono che la tecnica meccanizzi la vita umana. Anche i libri diventano "merci" da vendere, creando due tipi di scrittori: chi rifiuta il mercato (come Verga) e chi si adatta al pubblico per avere successo (come D'Annunzio).
La posizione sociale degli scrittori cambia radicalmente: solo il 20% può vivere di rendita, il 70% deve insegnare o lavorare per lo Stato, e solo il 10% riesce a sostentarsi con l'editoria. Nasce la figura dell'intellettuale specialista (medico, ingegnere, economista) che mette in crisi il letterato tradizionale.
💡 Curiosità: Il bilinguismo tra italiano e dialetto che nasce in questo periodo caratterizza ancora oggi la nostra società!