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Divina commedia

7/9/2022

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LA DIVINA COMMEDIA
La Divina commedia è un poema formato da cento canti, suddivisi in tre cantiche (Inferno, Purgatorio e Pa-
radiso), ciasc

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LA DIVINA COMMEDIA La Divina commedia è un poema formato da cento canti, suddivisi in tre cantiche (Inferno, Purgatorio e Pa- radiso), ciascuna composta da 33 canti, tranne lInferno, che ne ha 34, in quanto il primo canto svolge la funzione di proemio dell'intera opera. Ogni canto è costituito da un numero variabile di endecasillabi, per un totale di 14.223 versi. Il poema fu composto in un arco di tempo che va dal 1307 alla morte del suo autore, avvenuta nel 1321. Il titolo originale dell'opera è Commedia, e solo a partire dal Cinquecento (1555) si cominciò a chiamarla Divina commedia, secondo la fortunata formula tradizionalmente attribuita a Boccaccio. Oggi l'opera dantesca è considerata uno dei capolavori assoluti della letteratura di tutti i tempi. LA CRONOLOGIA DEL VIAGGIO Il percorso di Dante nei tre regni dell'oltretomba è descritto e narrato come fosse reale e non come un sogno o una visione. Ha quindi anche un preciso inquadramento cronologico, ovvero la settimana santa del 1300, in aprile. Dante si smarrisce nella selva nella notte del giovedì 7 e venerdi 8, attraversa l'Interno in due giorni e ne esce nella notte fra sabato 9 e domenica 10. All'alba del 10 aprile, la domenica di Pasqua, comincia la salita sul monte del Purgatorio, finché, a mezzogiorno di mercoledi 13,...

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Didascalia alternativa:

spicca il volo attraverso i cieli del Paradiso: lì, fuori dalla dimensione spazio-temporale ha la visione di Dio. SENSO LETTERALE ED ALLEGORICO Per capire meglio questo 'doppio binario' fondato su senso letterale e senso allegorico occorre considerare la visione del mondo tipica dell' uomo medievale, che guardava la realtà in una prospettiva religiosa e trascen- dente: la realtà è una creazione di Dio e ogni sua componente Oggettiva va considerata in sé, ma anche in relazione al disegno provvidenziale divino, al centro del quale sono collocate l'Incarnazione di Cristo e la Rivelazione. Perquesto ogni dato di realtà è anche un 'segno' di qualcos'altro. Nel corso dei secoli, critici e lettori hanno avuto la tendenza a sottovalutare ora il senso letterale, ora il senso simbolico-allegorico. IL NUMERO 3 La Commedia è scritta in terzine incatenate, ossia in strofe di tre endecasillabi che rimano secondo lo sche- ma, potenzialmente intinito, ABA BCB CDC DED ecc. Tutto il poema è allinsegna del numero tre (o dei suoi multipli), il numero della santa Trinità, cioè di Dio uno e trino (Padre, Figlio e Spirito Santo), e delle virtù teologali (Fede, Speranzae Carità). Tre sono le cantiche, corrispondenti ai tre regni dell'oltretomba, ognuna formata da trentatré canti. Tre sono le donne che intercedono per Dante (Beatrice, Santa Lucia e la Vergine Maria), tre sono le sue guide (Virgilio, Beatrice e san Bernardo) e persino, in una sorta di grottesca parodia della Trinità, tre sono le bocche di Lucifero, re dell'Interno. Intine nove, cioè tre elevato alla potenza, sono i cerchi dell'Inferno, le cornici del Purgatorio ei cieli del Paradiso. LA VICENDA ED IL PROTAGONISTA La Commedia è la narrazione di un viaggio ultraterreno che inizia con l'improvviso smarrimento di Dante in una <<selva oscura». Egli non sa come uscire da quella situazione soprattutto dopo che il suo tentativo di sali- re su un colle rischiarato dal sole è interrotto dalla comparsa di tre fiere, una lonza, un leone e una lupa, che ostacolano il suo cammino. In M soccorso giunge, però, l'anima del poeta latino Virgilio, che convince Dante a seguirlo attraverso l'Inferno e il Purgatorio, per giungere infine al Paradiso. Ha cosi inizio la discesa dei due poeti nell'immensa voragine del regno della dannazione. Nella finzione letteraria, Dante racconta in prima persona il proprio viaggio, dopo che questo si è concluso; possiamo pertanto distinguere fra un Dante personaggio (colui che agisce) e un Dante narratore (colui che racconta e commenta). Il secondo è quindi forte di una esperienza già conclusa, mentre il primo la vive nel suo farsi, con tutte le esitazioni, le emozioni e le paure che ne derivano. Entrambe queste figure sono interne all'opera e non vanno confuse col Dante Alighieri in carne e ossa, vissuto realmente il XIII e il XIV secolo, che chiameremo Dante autore. LA LEGGE DEL CONTRAPPASSO Le pene che affliggono i dannati dell'Inferno e i penitenti del Purgatoriosono assegnate in base alle colpe commesse in vita. La corrispondenza tra colpe e pene, fra peccato e punizione, è spesso regolata dalla cosid- detta legge del contrappasso, declinata in due modalità: per analogia o per antitesi. La prima modalità consiste nella perpetua ripetizione del peccato commesso, la seconda nella perpetua ripetizione di un comportamento opposto a quello peccaminoso. Tale ripetizione può assumere aspetti iperbolici, metatorici, grotteschi, parodistici e così via. Va però chiarito che tale 'regola' non viene sempre applicata da Dante e che quindi è sbagliato, oltre che inu- tile, accanirsi a ricercarla laddove non esiste. PRIMA TAPPA: L'INFERNO Prima tappa del viaggio: l'inferno. Esso ha la forma di un'enorme voragine a forma di imbuto che si apre sotto Gerusalemme, nel mezzo delle terre emerse, e scende fino al centro della Terra, dove si tro- va conficcato Lucifero, l'angelo che osò ribellarsi contro Dio. Tale cavità è scandita da gradoni circolari di raggio decrescente man mano che si scende verso il fondo. In alto sta l'Antinferno, dove scontano la propria pena gli ignavi, poi, oltre il fiume Acheronte, si trova l'Inferno vero e proprio, formato da nove cerchi. 1 primo cerchio è occupato dal Limbo, in cui risplende il «<nobile castello» sede degli «<spiriti maligni», sa- pienti e grandi figure dell'antichità, vissute prima del Cristianesimo. Alle soglie del secondo cerchio si trova Minosse, che ha il compito di assegnare la pena appropriata a ogni dannato; poi, tormentati da una bufera infernale, si mostrano a Dante i lussuriosi. Seguono nel terzo cerchio i golosi, battuti dalla pioggia eterna, nel quarto gli avari ed i prodighi, costretti a far rotolare grandi pietre pesantissime, nel quinto gli iracondi, che si azzuffano tra di loro nell'acqua paludosa dello Stige, e gli accidiosi che invece sono sommersi nella medesima acqua infernale. I due pellegrini raggiungono poi la città di Dite (il basso Inferno), custodita da una moltitudine di diavoli, dove sono puniti i peccati più gravi, commessi non tanto per il prevalere delle forze istintuali, quanto per l'uso deviante delle capacità razionali. Nel sesto cerchio, entro sepolcri infuocati, si trovano coloro che hanno aderito alle idee di Epicuro e i soste- nitori di dottrine eretiche; il settimo, diviso in tre fasce chiamate «gironi», è la sede dei violenti: quelli contro il prossimo sono immersi nel sangue bollente; i violenti contro se stessi (i suicidi) sono trasformati in alberi e quelli contro le proprie cose (gli scialacquatori) sono inseguiti da cagne fameliche; infine i violenti contro Dio (i bestemmiatori), contro la natura (i sodomiti) e contro l'arte (gli usurai) sono flagellati da un'ininterrotta pioggia di fuoco. Una ripa scoscesa che i due poeti superano volando sulle spalle del mostro Gerione dà inizio all'ottavo cer- chio detto «<Malebolge», immenso regno della frode in tutte le sue forme. Tra gli altri dannati vi si trovano i simoniaci, infilati a capo in giù entro fori nella pietra e con i piedi arsi dal fuoco, i barattieri, immersi nella pece bollente, i ladri, sottoposti a mostruose trasformazioni prodotte da morsi di serpenti, i consiglieri frau- dolenti, interamente avvolti dalle fiamme. Da Malebolge, attraverso il pozzo dei giganti, Dante giunge nel nono cerchio diviso in quattro zone (Caina, Antenora, Tolomeae Giudecca), nel cui ghiaccio eterno sono immersi in posizioni diverse i traditori dei pa- renti, patria, degli ospiti e dei benefattori. L'Inferno termina al centro della Terra, in cui sta infissa l'enorme mole di Lucifero, il quale con tre bocche stritola i traditori per eccellenza: Giuda, traditore di Cristo, Bruto e Cassio, traditori di Cesare. IL PURGATORIO Finalmente, dopo un faticoso cammino attraverso uno stretto condotto naturale, Dante Virgilio escono dal- l'Inferno «<a riveder le stelle»>. Nel Purgatorio La luce dell'alba accoglie Dante e Virgilio, che usciti dal buio dell'Inferno si ritrovano sulla spiaggia dell'isola su cui sorge la montagna del Purgatorio. Essa sorge in mezzo all'emisfero opposto al nostro. STILE E FORMA Ritroviamo la filosofia, la religione, la narrativa volgare, la lirica. Infatti anche il lessico cambia, troviamo termini latini, della lirica provenzale, di uso popolare, latinismi e grecismi, parole che giravano dall'arabo o anche dialettici. Lui usa parole che conia lui stesso anche. Utilizza per tutte e tre le cantiche il volgare fiorentino (che considera una lingua pura), che però nell'inferno è un pò più semplice. LA STRUTTURA DEL PURGATORIO È una montagna, ed agli antipodi c'è Gerusalemme, che riflette la cava della voragine infernale. Sopra di essa, all'apice della montagna c'è il paradiso terrestre, e l'obiettivo di Dante è arrivare lì. Il purgatorio è visto come il regno dove si possono espiare i propri peccati. Il purgatorio è sorvegliato da Catone l'Uticense, il suo guardiano. Le anime che arriveranno in purgatorio verranno poi suddivise nelle varie cornici da un angelo nocchiero, che le traghetta, attraverso il Tevere, nelle varie cornici. Alla base dell'isola c'è una spiaggia, cioè l'Antipurgatorio. Esso comprende le tre schiere, che bisogna salire prima di entrare nella porta del purgatorio. Nell'antipurgatorio troviamo: i negligenti (quei peccatori che si pentono dei loro peccati solo negli ultimi istanti della loro vita) e gli scomunicati (destinati all'antipurgatorio per un tempo pari a 30 volte di quello che vissero fuori dalla chiesa, quindi sono coloro che non si sono mai avvicinati al mondo della chiesa). In seguito abbiamo al secondo balzo: i pigri, i morti di morte violenta ed i principi ineglicenti, tutti loro sono esclusi dal purgatorio tanto il tempo che hanno vissuto. Poi le anime si purificheranno attraverso 7 cornici, i sette peccati capitali: superbia, invidia, ira, accidia, ava- rizia, gola, lussuria. Nella prima cornice ci sono i superbi che sono costretti a camminare curvi sotto pesanti macigni; nella seconda cornice abbiamo gli invidiosi che hanno le palpebre cucite con un filo di ferro, ed intorno a loro ci sono le voci che esortano all'amore ed alla carità; alla terza cornice invece ci sono gli ira- condi, che si muovono in una cortina di fumo denso che gli acceca ed affanna, ed assistono ad episodi di ira furiosa. Nella quarta cornice ci sono gli accidiosi, che corrono incessantemente ascoltando la sollecitudine e la pigrizia punita; nel quinto abbiamo gli avari (coloro che non hanno bontà verso gli altri) ed i prodighi, get- tati a terra con mani e piedi legati. Nella sesta cornice abbiamo i golosi, che sono pallidi e magrissimi, sof- frono la fame la sete e vedono in lontananza acqua e frutta e da alberi con frutta profumati, ma non possono avvicinarsi. La settima cornice, che si trova in mezzo alle fiamme ardenti, ci sono i lussuriosi. Ogni cornice avrà un angelo, che rappresenta la virtù opposta al peccato che viene espiato. L'ordine è crescente, in base alla gravità del peccato, dal basso verso l'alto, in modo inverso rispetto all'in- ferno. I peccatori devono scontare tutti gli errori commessi in vita, finché giungono all'Eden, il paradiso terrestre. La permanenza dei peccatori nel purgatorio può essere abbreviato dalla preghiera dei vivi, anche se nella religione cattolica non viene scritto da nessuna parte del purgatorio. Questo discorso è molto legato al fattore religioso, presente in tutte e 3 le cantiche. Tutti i peccatori devono poi oltrepassare un giardino bellissimo e fiorito (in antitesi con la selva oscura) crea- to da dio per Adamo ed Eva, attraverserà i due fiumi, per arrivare nella divina foresta. Dove poi Dante cam- bierà la guida, dove Virgilio verrà sostituito da Beatrice, perché Virgilio non è stato battezzato. Beatrice non arriverà all'eden, perché poi da lì Dante incontrerà San Bernardo. L'AMBIENTAZIONE Nel Purgatorio Dante riprende un pò il paesaggio terrestre, di quella che è la sua esperienza terrena, rappre- senta lui stesso tutta l'umanità nel suo viaggio. Infatti la prima cantica del purgatorio si apre con un'alba limpida, descritta con colori tenui, che invita noi lettori al ricordo. Rispetto all'inferno il paesaggio cambia completamente, perché nel purgatorio ci sarà un ambiente più accogliente, un atmosfera serena e spirituale che viene fuori anche dai personaggi che incontrerà. Ci saranno anche apparizioni angeliche che anticiperan- no ciò che ci sarà in paradiso. C'è sia l'angelo custode, che aprirà le porte del paradiso, che l'angelo nocchiere, che traghetterà le anime pentite nel loro viaggio. Durante questo viaggio per Dante è quasi una maturazione, letteraria, biografica e spirituale, attraverso anche l'incontro con Forese Donati (un poeta del 300, da cui Dante riprende la poesia comico-realista). Poi incon- trerà Bonagiunta Orbicciani e Guido Guinizzelli (autore dello stilnovismo, sempre del 300). STILI Qui si hanno una grande varietà di stili, nell'inferno abbiamo uno stile più aspro, duro e forte, invece nel purgatorio troviamo un linguaggio più elegante e soave, tanto che nel paradiso diventerà complesso. Nel purgatorio ritroviamo anche degli elementi dello stilnovismo, dal punto di vista stilistico e lessicale. Ma non mancheranno anche espressioni della poesia comico, di un registro anche basso, delle citazioni latine, dei versi di lingua doc ecc... TEMI Qui ritroveremo i temi della solidarietà, della presa di coscienza da parte di Dante, di dove si trova. Nell'in- ferno fa un percorso molto forte, che lo rende molto debole dal punto di vista comportamentale e psicologi- co, anche alla vista di tutte quelle pene. Invece nel purgatorio c'è un riferimento anche alla letteratura di quel tempo, perché ritroverà dei personaggi che ha veramente incontrato nella sua vita. LETTURA Apre con un alba la cantica, che ci anticipa ciò che troveremo nel purgatorio, ed i personaggi, che sono già pronti per il paradiso, perché nel purgatorio si purificheranno le anime del purgatorio. Infatti le anime del purgatorio sono felici e serene, grazie anche all'ambiente del purgatorio che ha solidarietà, esaltazione dei sentimenti, affetti gentili, in contrapposizione all'inferno (che erano sopraffatti dalla loro pena, e non si sono pentiti del loro peccato). Qui ci saranno anche delle apparizioni angeliche, che anticipano l'ambiente del paradiso, è una presenza che porta luminosità l'angelo, e ci sarà l'angelo nocchiero che targhetta le anime dei penitenti nelle varie cornici. Poi ci sarà anche l'angelo custode della porta del purgatorio, ed i 7 angeli alla guardia delle 7 cornici (che rappresentano i 7 peccati capitali,superbia, invidia, ira, accidia, avarizia, gola, lussuria), infatti è presente un contenuto religioso. Nel purgatorio dante si sente più matto, perché c'è un nuovo modo per fare poesia. IL PRIMO CANTO La cantica si apre facendo riferimento alla cosiddetta retorica classica che si apre con un proemio che anti- cipa gli argomenti di cui parlerà. Qui dirà che nel purgatorio le anime si purificano, e anticipa lo stile che ci sarà, che è più innalzato rispetto all'inferno, perché racconterà una situazione più elevata rispetto all'inferno (cambia il registro stilistico). Secondo i canoni della tradizione poetica-classica, invoca le muse (nella mito- logia classica erano le protettrici delle arti umane), che saranno da sostegno al suo canto. Dante non credeva nelle divinità pagane, ma fa comunque riferimento alla poesia di Virgilio, l'Eneide, in cui Virgilio invoca Calliope, musa della poesia (che nel mito greco sconfigge con il suo canto 9 sorelle, le Piche, che la sfidaro- no nel canto e le trasforma in gazze, con la voce stridula). Qui siamo nella spiaggia dell'antipurgatorio, nel 1300. Quando le anime dei penitenti muoiono, si trovano sulle foci del Tevere da dove vengono raccolte da un angelo nocchiere, che le traghetta con la barca fino al- l'isola del purgatorio, ed arrivano sulla spiaggia. Dante si ritrova in questo ambiente aperto, e quella luce lo rinfranca da quelle torture viste nell'inferno. I termini "dolce color", "zaffiro", "sereno", "puro", "diletto", sono tutti termini dolci e legati alla delicatezza e dolcezza del contesto in cui si trovava Dante, completamente in contrasto col luogo dell'inferno, per cui usa- va ad esempio i termini "aura morta" o "contristati", aggettivi solo negativi. ALLEGORIA SIGNIFICA DIRE ALTRO. Dal verso 22 al 27 Dante afferma che si trova nell'emisfero boreale e che può osservare le 4 stelle che nessu- no aveva visto. Si può dire che questi versi hanno un valore allegorico e simboleggiano le 4 virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. Sono quelle virtù che hanno illuminato Adamo, il primo uomo creato da Dio. Però ad un certo punto queste stelle diventeranno invisibili agli uomini perché saranno allon- tanate dall'emisfero boreale. All'improvviso incontra un nuovo personaggio che è Marco Porcio Catone detto Luticense. Dante lo rappresenta come un uomo con la barba e con i capelli bianchi. Lui visse durante le guerre civili romane e difendeva le istituzioni repubblicane romane del tempo. Catone interviene nello scon- tro tra Cesare e Pompeo e si schiera contro Cesare perché lui era un sovrano abbastanza rigido. Quindi per limitare il potere di Cesare, sostiene Pompeo. Però Pompeo verrà sconfitto da Cesare e Catone preferisce il suicidio piuttosto che essere sottomesso da Cesare. In quel periodo coloro che si suicidavano venivano messi nell'Inferno però Catone viene messo nel Purgatorio. Ci sono molte teorie su questo avvenimento; Tommaso d'Acquino coloro che si suicidano, non si uccidono per non affrontare le sofferenze ma per dare un esempio, come Catone, contro un tiranno (colui che impone con la forza il proprio potere e non lascia libertà ai citta- dini). Ciò vuol dire che il suo suicidio è stato approvato da Dio in quanto causato dalla voglia di libertà. Vir- gilio spinge Dante a sé stesso e gli dice di abbassare la testa e gli occhi in segno di riverenza nei confronti di Catone in quanto Virgilio prova un enorme rispetto per Catone. Virgilio spiega a Catone la funzione di Dante e che quindi è ancora vivo anche se è molto vicino alla morte spirituale e che è lì per volontà di Dio. Inoltre Virgilio fa riferimento alla moglie di Catone, Marzia, per addolcirlo in quanto era molto serio e non voleva farli passare tra i vari cerchi; infatti porse a loro una serie di domande. Catone ordina a Virgilio di avvolgere Dante con un ramo di giunco e soprattutto di lavarlo dalla sporcizia dell'inferno. Così pulisce il volto di Dan- te con la rugiada (acqua) che trova su un'erbetta e qui c'è il vero passaggio dall'Inferno al Purgatorio Qui inizia il concetto dell'acqua che è purificazione e cancellazione degli effetti del mare. Il motivo centrale del primo canto del Purgatorio è la rinascita e la purificazione. Durante il viaggio Infernale Dante è un pellegrino che si muove in grotte scure e piene di fumo. Ora finalmente giunge all'aper- to e, quando arriva sulla spiaggia, è il momento dell'alba, il più bel momento della giornata. Il cielo si colora di azzurro, c'è il pianeta Venere ancora visibile, le 4 stelle, il mare che brilla e la luce del sole che riflette. Questa è anche una rinascita spirituale per Dante. Da un punto di vista linguistico c'è un'innovazione soprattutto del lessico. Mentre l'inferno era descritto con Parole aspre e dire, nel Purgatorio le parole sono più delicate e il tono è elevato e soave come le parole 'dol- ce, color, puro, rugiada, soavemente'. CANTO V Saranno presenti delle anime che devono purificarsi ovvero le anime negligenti per morta violenta come Buonconte di Montefeltro, Pia de' Tolomei (donna nobile della famiglia dei Tolomei di Siena che sarà la spo- sa di un podestà che ha ordinato ai suoi servi di uccidere la moglie per potersi risposare oppure pulirla di un tradimento. È stata gettata da un balcone tanto che viene chiamato il salto della contessa). CANTO V DEL PURGATORIO IL TEMA PRINCIPALE È IL SERENO DISTACCO DALLA VITA TERRENA. Viene fuori anche il concetto di amore fraterno, perchè tutte queste anime hanno lo stesso obiettivo quindi sono come una grande famiglia. Il linguaggio è semplice e colloquiale, con varie interezioni verso 85 de, se quel disio, verso 130 de quando tu sarai tornato al mondo (una parte del discorso che esprime un particolare atteggiamento emotivo del parlante), la perifrasi nel verso 102 (usate nel linguaggio di tutti i giorni per evita- re una ripetizione ravvicinata dello stesso termine), ed espressioni quotidiane (verso 87 buona pietate, verso 89 non han di me cura, 90 con bassa fronte). Invece Pia de Tolomei sintetizza la I vita con una sin- tassi chiastica, una costruzione di frase complessa e riassunta in un verso. Nei primi 80 versi Dante e Virgilio si trovano nella schiera dei negligenti ed alcune anime quando vedono dante si accorgono che il corpo di Dante proietta un'ombra sul terreno, che sono un essere vivente può pro- iettare. Allora Dante si ferma davanti a loro, e Virgilio lo rimprovera e gli dice di non fermarsi e di essere una torre ferma di volontà e di proseguire senza distrarsi (e lo riprende spesso perché appunto dante si comporta come un essere vivente e non come un'anima). Ad un certo punto i due poeti un gruppo di anime che lentamente camminano cantando ogniserere, con cui loro esprimono il pentimento per i peccati commessi, anche loro si accorgono che Dante è vivo, tanto che interrompono il loro canto e due di loro di avvicinano a Virgilio e Dante per chiedere spiegazioni. Virgilio dice alle anime che Dante è vivo e che può essere utile per loro una volta tornato sulla terra, perché potrà raccontare ciò che Dante ha visto. Le anime parlano poi della loro morte, di aver subito una morte violenta e di essersi pentite in punto di morte, e chiedono anche a Dante di parlare con i loro parenti affinché loro pre- ghino per quelle anime (perchè solo con le pregheiere sarà possibile arrivare prima al paradiso). Dante non conosce nessuno di quelle anime, ma le vuole vedere, è curioso, e questo è una caratteristica dei viventi. Ad un certo punto tra queste anime si presenta un guelfo Jacopo del Cassero (assassinato da dei sicari), di un importante famiglia, e vincitore della battaglia di Campaldino, a cui parteciperà anche dante, lui chiede a dante che la famiglia si ricordi di lui. Dal verso 85 c'è un nuovo personaggio, Bonconte da Montefeltro, un valoroso condottiero militare che af- fronterà anche lui la battaglia di Campaldino, e parteciperà a molte lotte interne tra guelfi (dalla parte del Papa) e ghibellini (dalla parte del re), come ad Arezzo. Bonconte morì in questa battaglia ed il suo cadavere non fu mai ritrovato. Giovanna è sua moglie, ed appare nel testo. Bonconte si lamenta che nessuno prega per lui, e per questa angoscia e amarezza cammina a fronte bassa. E chiede a dante di dire ai suoi parenti di pre- gare per lui, per Bonconte. Dante gli chiede che fine abbia fatto il suo corpo, che non è mai stato trovato. E lui gli spiega com'è stato ucciso, e spiega che fuggi ferito su questa pianura vicino ad Arezzo in Toscana, ed arriva sulla eremo di camaldoli (un monastero), situato sull'Appennino, e lì perse la vista e la voce e svenne, quando poi si pente dei suoi peccati e nomina Maria la madonna, pentendosi dei suoi peccati, e morì solo. L'anima di Bonconte è contesa tra un diavolo e un angelo, come accadde anche a suo padre Guido di Monte- feltro, che però rimase nell'inferno perché il diavolo lo riesce a prendere perché non si era pentito. Il diavolo dice che basta solo una lacrima per rendere l'anima beata, anche se lo dice molto sarcasmo. Dante e Bonconte sulla terra erano di due fazioni diverse, ma nel purgatorio non esiste l'ODIO, infatti viene fuori un amore fraterno, per quello dante si rivolge a Bonconte con benevolenza. Dante descrive un fenomeno delle precipitazioni atmosferiche secondo una teoria aristotelica, che è molto legata all'analisi dei fenomeni piovosi, dice che il vapore acqueo torna allo stato liquido quando sale nello strato più freddo dell'atmosfera. Nella termina 112 - 114 fa riferimento a San Tommaso, che dice che sia gli angeli buoni che cattivi possono influire sugli elementi naturali, e per questo possono condensare le nubi in pioggia. Quindi questo demone manipola le forse della natura trasformandole in temporale (fa riferimento alla teoria di San Tommaso). Il cielo si oscura, coprendo tutta la zona della battaglia, questa zona montuosa vicino ad Arezzo, tanto che iniziò a piovere, e l'acqua che riempiva i fiumi reali (che sfociano direttamente nel mare), cioè l'Arno. E in esso viene trascinato il corpo di Bonconte, che pone le braccia a mo di croce (segno di pentimento), e viene trasportato via e non verrà più trovato. Qui troviamo un altro spirito molto importante nelle ultime 7 terzine, Pia de Tolomei, una donna che prende la parola nelle ultime terzine del canto, che però molti scrittori hanno associato ad una donna della famiglia dei Tolomei di Siena, che era stata promessa in sposa a Nello dei Pannocchieschi. Egli aveva ordinato ai suoi servi, di uccidere la moglie, che viene gettata dal balcone del castello della Pietra in Maremma, tanto che in esso viene definito "il salto della contessa". Pia non ha rancore però nei confronti del suo assassino, ricordandolo con tristezza e malinconia ma lei è molto dolce, perché lui era comunque suo marito. Lei chiede a Dante di ricordarsi di lei una volta che torna sulla terra, e di chiedere di pregare per lui, dopo che si è riposato dal suo viaggio.