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Boccaccio e il Decameron

22/3/2023

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Boccaccio nacque nel 1313 a Certaldo o a Firenze (il luogo esatto è ignoto) come figlio illegittimo di Boccaccino di Chellino.
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Vita Boccaccio nacque nel 1313 a Certaldo o a Firenze (il luogo esatto è ignoto) come figlio illegittimo di Boccaccino di Chellino. Egli era un socio della filiale bancaria dei Bardi, che in quel periodo stata elargendo finanziamenti al regno di Napoli degli Angioini. Per questa ragione Boccaccino si dovette recare nel 1327 nella città campana e in questo viaggio portò con sé il figlio nella speranza che imparasse l'arte del mercante. DUE LIVELLI DIFFERENTI DI ESPERIENZE Il viaggio a Napoli fu fondamentale per la formazione di Boccaccio in quanto gli permise di fare moltissime esperienze concrete di realtà lavorando al banco della filiale napoletana dei banchieri; in particolare queste esperienze consistevano in: BOCCACCIO Incontrare persone diverse e quindi: Culture differenti Idee differenti Personaggi differenti Sviluppare capacità di osservazione Avere conoscenza di caratteri e costumi differenti da quelli della terra d'origine Egli tuttavia essendo figlio di un ricco banchiere e praticando inizialmente un lavoro che gli permetteva ingenti entrate, poté partecipare alla vita della ricca borghesia napoletana e avere accesso anche agli strati aristocratici della società. DUPLICE MENTALITÀ In questo modo la mentalità di Boccaccio si differenzia secondo due direttrici: L'aspetto borghese costituito dall'osservazione e dalla sperimentazione della realtà considerata come fonte di ispirazione fondamentale L'aspetto cortese costituito dalla tendenza all'arricchimento e alla frequentazione dei ricchi salotti borghesi LA VOCAZIONE LETTERARIA Ben presto al...

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Didascalia alternativa:

desiderio del padre che il figlio diventasse un mercante, subentrò la vocazione letteraria che da quel momento caratterizzò l'animo di Boccaccio. Nel processo di apprendimento della letteratura e della poesia come autodidatta egli fu ispirato sia dalla tradizione letteraria precedente alla sua epoca, sia da quella a lui contemporanea. Le diverse influenze, unite all'insaziabile desiderio di sperimentare e conoscere, portarono il poeta a raggiungere una formazione estremamente variegata e a sperimentare vari generi e forme ISPIRAZIONI PRECEDENTI La partecipazione ai salotti aristocratici lo portò ad essere influenzato da: Letteratura CORTESE O poemi cavallereschi O poesie d'amore Classici LATINI ISPIRAZIONI CONTEMPORANEE Per quanto riguarda invece le ispirazioni contemporanee egli fu particolarmente colpito da DANTE e PETRARCA. Questi tre poeti sono considerati i principali esponenti in ambito letterario, del periodo tardo-medievale, tanto da essere definiti i pilastri della letteratura italiana e le tre corone fiorentine. IL RITORNO A FIRENZE A seguito del fallimento della banca dei Bardi nel 1340 Boccaccio è costretto a tornare in patria, a Firenze, dove però lo aspettano una serie di delusioni e tristezze. Ad opporsi alla vita felice napoletana lo aspettano infatti una serie di problemi: Ristrettezza economica Necessità di una sistemazione → desidera tornare a Napoli ma non può LA PESTE L'arrivo della peste nel 1348 è un momento fondamentale per Boccaccio in quanto oltre a colpirlo negativamente in quanto causa la morte del padre la peste rappresenterà la cornice narrativa attorno alla quale si svolgeranno tutte le vicende del Decameron L'INCONTRO CON PETRARCA Fondamentale per la maturazione di Boccaccio è anche l'incontro con Petrarca con il quale, a seguito di alcuni incontri di persona, mantiene una fitta corrispondenza epistolare. Questo incontro lo influenzerà moltissimo dal punto di vista letterario in quanto lo porterà a: Avere una maggiore considerazione dei classici Concepire le lettere e la poesia non come funzionali al diletto personale ma con un preciso DOVERE MORALE Inoltre come Petrarca anche Boccaccio per fronteggiare le limitazioni economiche deciderà di diventare chierico. IL RITIRO A seguito di una delusione politica (egli era stato accusato di aver preso parte ad una congiura), nel 1362 si ritira a Certaldo dove si dedica ad un otium letterario. Successivamente riprende le cariche pubbliche e ospita nella sua casa molti dei futuri esponenti dell'umanesimo italiano. Infine in questo periodo riprende anche il culto dei classici nuovi tra cui ad esempio la Commedia di Dante Alighieri, della quale è chiamato a fare un commento pubblico e che definirà Divina. IL DECAMERON L'opera appartiene al genere della novella in prosa. Esso viene composto a seguito del 1348 anno importante a causa dello scoppio dell'epidemia di peste a Firenze. Per quanto riguarda la datazione non ci sono fonti certe, probabilmente è stata composta tra 1348 e 1353 anche se ci sono ipotesi differenti. L'opera, come dice il titolo, è costituita da 100 novelle. La cornice L'opera presenta una cornice, ossia l'incipit storico in questo caso, che consiste nella peste in quanto l'incipit della composizione è un fatto storico ossia l'epidemia di peste che ha devastato l'Italia. In questo contesto si ha uno scenario dominato dalla morte e dalla sofferenza che nel componimento viene descritto nella prima giornata. A livello sociale si assiste alla disgregazione della società in quanto tutte le persone vengono viste come possibili fonti di contagio (possibili untori) e quindi si ha una perdita delle regole civili e di convivenza da sempre in vigore. Per sfuggire alla diffusione della peste ci sono 10 giovani di cui 7 ragazze e 3 ragazzi che formano la brigata, che si allontanano da Firenze per ritirarsi in campagna. Qui vanno a formare una piccola comunità con delle regole e delle abitudini precise. Il filo conduttore di questa nuova piccola società è il racconto di novelle. Queste vengono raccontate in 10 giorni una ogni giorno. Per i ragazzi la salvezza è stato: L'isolamente La parola ossia il racconto delle novelle come forma di consolazione. Tutto ciò fa parte della cornice e del contesto dell'opera. I ragazzi organizzano una loro vita separata e scelgono un luogo ameno, ossia una villa meravigliosa al di fuori della città. Le loro giornate vengono scandite dal racconto di novelle, ogni giorno con un tema diverso. Inoltre alla fine di ogni giorno viene eletto il re o la regina che dovrà gestire il gruppo per il giorno successivo, nonché scegliere il tema di tale giornata. STRUTTURA DEL RACCONTO I ragazzi iniziano la loro permanenza di mercoledì e stanno lì per 14 giorni; tuttavia le novelle sono 10 perché non vengono raccontate il venerdì e il sabato per motivi religiosi. All'inizio di ogni giornata viene fatta una rubrica ossia una sorta di introduzione in cui viene indicato il tema delle novelle e le caratteristiche che devono seguire e viene fatta una descrizione della vita gioiosa e idilliaca della brigata. Tra ogni novella ci sono i commenti degli uditori e ogni giornata presenta una conclusione composta da una ballata cantata a turno da un giovane diverso ogni giorno. LA LIBERTÀ Per un giorno di racconto ogni settimana c'è il tema libero; Questo è importante perché rappresenta l'espressione della libertà. Inoltre il fatto che ci sia la libertà avrebbe potuto turbare l'ordine e l'equilibrio sociale in quanto il fatto che si siano dati delle regole esprime proprio il desiderio di opporsi al caos sociale. Quindi queste due giornate dimostrano il rapporto dialettico tra ordine e disordine ossia il rapporto tra due concetti e due forme di conoscenza. I PERSONAGGI I personaggi, richiamano: Dioneo, non nulla caratterizzati, bensì' rappresentano delle figure indefinite e vaghe. I loro nomi Personaggi letterari (Lauretta → Petrarca) La mitologia Opere o personaggi di Boccaccio stesso IL TITOLO Il titolo ci fa capire quanto Boccaccio apprezzasse le opere greche, aspetto già dimostrato dalle opere Filocolo e Filostrato. Il messaggio Il messaggio che i ragazzi vogliono dare è quindi un inno alla vita senza pensare alla peste continuamente facendosi opprimere e schiacciare dalla disperazione per la crescente infezione. I ragazzi incarnano rappresentano quindi un modello positivo di vita in comune in quanto riescono a riaggregare la società che la peste ha diviso. Questo rappresenta quindi una sorta di UTOPIA in cui nonostante le difficoltà si cerca di andare avanti e essere positivi. Inoltre è una società perfetta in quanto tutti rispettano i loro compiti e le imposizioni fatte dal re/regina formando ciò che i greci chiamavano kosmos. I giovani creano armonia contro il disordine e il caos creato dalla peste che invece porta disordini sociali, rottura di relazioni, odio sociale. LA PESTE COME OCCASIONE POSITIVA La peste diventa quindi una sorta di occasione positiva e curativa in quanto costringe i ragazzi a ingegnarsi per ricostruire ciò che la peste stessa gli ha portato via. Il messaggio che ci lasciano è: per combattere questa crisi etico-civile il rimedio è l'istinto guidato dalla ragione. Infatti la loro stessa invenzione è un'invenzione d'istinto, nata dalla necessità di porre rimedio alla situazione, ma allo stesso tempo è stata elaborata sfruttando l'ingegno senza lasciare nulla al caso. LA PAROLA SALVIFICA La parola diventa quindi parola salvifica in quanto gli ha permesso di salvarsi dal senso di isolamento e distacco. È importante sottolineare come questo isolamento non sia un tentativo di scaricare le responsabilità sugli altri in quanto poi i ragazzi ritornano in città. Architettura del libro Nell'opera sono importanti i numeri; in particolare: 10 è il numero di giornate di racconto, il numero di ragazzi e il numero di novelle raccontate ogni giorno. 7 sono le ragazze così come i giorni della settimana Quindi Boccaccio anche se è un uomo nuovo, ha profonde radici nella cultura medievale (significati simbolici di determinati numeri) in quanto è un profondo conoscitore di Dante e Petrarca che però ad un certo punto supererà. Comunque a causa di queste radici egli riprende numerosi elementi tipici dei suoi predecessori. I VALORI DEI MERCANTI Boccaccio presenta una vastissima gamma di personaggi, cosa molto insolita per la letteratura del tempo, tutti reali. Tra di essi si distinguono proprio i mercanti di cui Boccaccio mette in evidenza le virtù e i valori: 1. Classe sociale molto viva 2. Nascono nei comuni ma si espandono oltre essi, spostandosi per le loro attività commerciali 3. Devono fronteggiare O Imprevedibilità della vita O Casualità della Fortuna → diversa da provvidenza divina e provvida sventura tipiche del Medioevo Per affrontare l'imprevedibilità e la casualità, i mercanti utilizzano l'ingegno e l'industria (la capacità imprenditoriale). In questo senso ci si avvicina al concetto di homo faber ossia "uomo che fa" e che si oppone al semplice destino dettato da Dio; per questa ragione essi possono essere considerati come i massimi rappresentanti dell'umanesimo. Nonostante la visione positiva e ottimistica che ci viene data nel Decamerone di questi personaggi, essi presentano anche degli aspetti negativi come: Eccessivo attaccamento al profitto Estrema proiezione sull'imprenditorialità → privi di limiti ma costantemente alla ricerca di più SINTESI DI DUE CULTURE Con la crisi della società comunale entrano in crisi anche gli ideali della società cortese che verranno appunto sostituiti dagli ideali mercantili. Quando Boccaccio scrive il Decamerone, dal punto di vista storico, il comune è in decadenza e crisi irreversibili, e si appresta a lasciare spazio alle signorie. Valori associati alla civiltà comunale, tipici della società cortese e cavalleresca vengono ripresi nel Decameron come: Liberalità Nobiltà d'animo Amore per le donne A questi però si unisce anche una minore fede in Dio, sostituita nella maggior parte dei casi da una maggiore fede nelle capacità umane, identificabile appunto nella suddetta figura del mercante. Boccaccio fa quindi una sintesi ideale tra la civiltà cortese e la nuova civiltà signorile. LA CONCLUSIONE PESSIMISTICA Questa struttura utopica è un microcosmo in quanto funziona solo con un ristretto numero di persone. Altro problema di questo sistema è il fatto che la parola non può essere sempre la soluzione e quindi l'opera si conclude con un'amara consolazione. I ragazzi infatti capiscono che il loro tentativo di portare ordine e di creare un modello utopico, non ha funzionato e in ciò si manifesta anche il pessimismo di Boccaccio. Egli infatti anche se solitamente fa un inno alla vita e alla positività in questo caso si mostra in modo estremamente positivo. IL RUOLO DELLE DONNE Nel proemio Boccaccio dedica la sua opera alle DONNE, ed in particolare alle donne che amano, che diventano delle interlocutrici privilegiate dei racconti. La donna infatti incarna un nuovo ideale letterario e poetico tanto che a Boccaccio viene rinfacciato di preferire loro alle muse; a queste accuse egli risponde che le muse stesse sono donne ma che queste ultime ispirano ancora meglio delle muse stesse. Cambia quindi il destinatario dell'opera: non si tratta più di un pubblico colto che ha dedicato la vita agli studi, come poteva avvenire nella realtà cortese. AMMENDA AL PECCATO DELLA FORTUNA La motivazione per la quale Boccaccio decide di dedicare il poema alle donne è dato dal desiderio di fare ammenda al peccato della Fortuna. Infatti alle donne sono precluse molte delle attività concesse invece agli uomini, che gli permettono di distrarsi dalle pene d'amore (caccia, pesca, cavalcate ecc...). Di conseguenza Boccaccio scrive queste novelle affinché leggendone il contenuto le donne possano trovare diletto e suggerimenti per alleviare le loro sofferenze. Questo è proprio il tema del Decamerone: la capacità di superare le avversità e i colpi dettati dalla Fortuna. LE FORZE DEL MONDO Alla Fortuna Boccaccio dedica la seconda giornata del libro. Altra forza del Decamerone è la forza della natura, indicata come l'insieme di pulsioni e istinti; essa reclama i propri diritti, ma spesso viene soffocata da: Pregiudizi Convenzioni Ipocrisie sociali Boccaccio in particolare affronta il tema dell'ipocrisia nella sua analisi delle figure clericali; egli infatti restituisce una visione laica della civiltà nonostante egli non sia effettivamente laico. Egli ha una visione negativa delle cariche e gerarchia ecclesiastiche d cui appunto mette in evidenza l'ipocrisia in alcune novelle. Egli infatti affrontando l'amore in tutte le sue forme e dimensioni, compresa anche quella passionale che in alcune novelle rivolge direttamente a figure religiose. La FORTUNA e la NATURA vengono considerate le due ministre del mondo che possono andare nella stessa direzione o in direzioni differenti entrando così in confitto tra loro. Una terza forza che influenza l'uomo e la vita è l'INDUSTRIA ossia la capacità di ingegno e di iniziativa; essa si oppone e Fortuna e natura e ad essa è dedicata la terza giornata. La scaltrezza d'ingegno e l'iniziativa sono infatti gli strumenti che permettono alle persone di fare successo e farsi riconoscere, permettendo così all'uomo di riscattarsi dalle convenzioni e dalla Fortuna senza farsi travolgere da esse. Il tema dell'amore rappresenta lo sfondo di tutto il componimento, in cui la natura agisce. Egli vi dedica due giornate, ossia la quarta e la quinta; nella quarta dedica il tema degli amori che hanno esito tragico, mentre nella quinta gli amori a lieto fine. Importante è anche l'aspetto dell'amore erotico ossia dell'eros, particolarmente descritto da Boccaccio. Nonostante ciò esso ritorna in varie giornate come la terza, la settima e l'ottava; infatti l'eros è una forza umana e istintiva e per queste ragioni Boccaccio non si censura bensì lo racconta in tutte le sue sfaccettature, dando così una visione più democratica e disinteressata dalle differenze sociali. Altro aspetto fondamentale nel racconto è la PAROLA, tema trasversale in tutto il romanzo in quanto rappresenta lo strumento con cui i giovani cercano di evadere e mettere ordine al caos in cui la società si trova. Ciò ci fa capire l'importanza nell'uso del linguaggio e della ragione. Proemio L'incipit del libro, ossia la frase introduttiva è: "comincia il libro chiamato Decameron, cognominato principe Galeotto, nel quale si contengono cento novelle in diece dí dette da sette donne e da tre giovani uomini". Questa frase funge da presentazione nonché da riassunto del libro. Il termine Galeotto ricorda l'episodio di Paolo e Francesca del canto V dell'Inferno. Inoltre ricorda l'amore cortese e cavalleresco in quanto Galeotto era un personaggio del romanzo di Lancillotto. Inoltre ci si ricollega ai romanzi cavallereschi e provenzali che venivano appunto raccontati anche per dilettare le donne stesse, un po' come avviene nel Decamerone. Viene inoltre quindi ribadito il collegamento con la cultura precedente. Umana cosa è l'avere compassione degli afflitti, e come che a ciascuna persona stea bene, a coloro è massimamente richesto li quali giá hanno di conforto avuto mestiere ed hannol trovato in alcuni; tra li quali, se alcuno mai n'ebbe bisogno o gli fu caro o giá ne ricevette piacere, io sono un di quegli. Per ciò che, dalla mia prima giovanezza infino a questo tempo oltre modo essendo stato acceso d'altissimo e nobile amore, forse piú assai che alla mia bassa condizione non parrebbe, narrandolo io, si richiedesse, quantunque appo coloro che discreti erano ed alla cui notizia pervenne io ne fossi lodato e da molto piú reputato, nondimeno mit fu egli di grandissima fatica a sofferire: certo non per crudeltà della donna amata, ma per soperchio fuoco nella mente concetto da poco regolato appetito, il quale, per ciò che a niun convenevole termine mi lasciava contento stare, piú di noia che bisogno non m'era spesse volte sentir mi facea. È cosa umana avere compassione di coloro che soffrono e così coloro che stanno bene, è soprattutto richiesto i quali hanno già ricevuto conforto o hanno trovato conforto negli altri. lo sono uno di coloro ai quali, avendo ricevuto conforto è richiesto di provare pietà verso gli altri. Per ciò che dalla mia giovinezza, infino a questo tempo, essendo stato acceso da un altissimo e nobile amore, forse maggiore rispetto a ciò che per la mia umile condizione sarebbe lecito, essendo io stesso a raccontarlo, Egli soffrì per una passione altissima concepita nella mente, da un desiderio non tenuto a freno dalla ragione. Nella qual noia tanto refrigerio giá mi porsero i piacevoli ragionamenti d'alcuno amico e le sue laudevoli consolazioni, che io porto fermissima oppinione, per quello essere addivenuto che io non sia morto. Ma sí come a Colui piacque il quale, essendo egli infinito, diede per legge incommutabile a tutte le cose mondane aver fine, il mio amore, oltre ad ogni altro fervente ed il quale niuna forza di proponimento o di consiglio o di vergogna evidente, o pericolo che seguirne potesse, aveva potuto né rompere né piegare, per se medesimo in processo di tempo si diminuí in guisa, che sol di sé nella mente m'ha al presente lasciato quel piacere che egli è usato di porgere a chi troppo non si mette ne' suoi piú cupi pelaghi navigando; per che, dove faticoso esser solea, ogni affanno togliendo via, dilettevole il sento esser rimaso. Ma quantunque cessata sia la pena, non per ciò è la memoria fuggita de' benefici giá ricevuti, datimi da coloro a' quali per benivolenza da loro a me portata erano gravi le mie fatiche; né passerá mai, sí come io credo, se non per morte. E per ciò che la gratitudine, secondo che io credo, tra l'altre vertú è sommamente da commendare ed il contrario da biasimare, per non parere ingrato, ho meco stesso proposto di volere, in quel poco che per me si può, in cambio di ciò che io ricevetti, ora che libero dirmi posso, e se non a coloro che me aiutarono, alli quali per avventura per lo lor senno o per la loro buona ventura non abbisogna, a quegli almeno a' quali fa luogo, alcuno alleggiamento prestare. E quantunque il mio sostenimento, o conforto che vogliam dire, possa essere e sia a' bisognosi assai poco, nondimeno parmi, quello doversi piú tosto porgere dove il bisogno apparisce maggiore, sí perché piú utilitá vi fará e sí ancora perché piú vi fia caro avuto. E chi negherá, questo, quantunque egli si sia, non molto piú alle vaghe donne che agli uomini convenirsi donare? Esse dentro a' dilicati petti, temendo e vergognando, tengono l'amorose fiamme nascose, le quali quanto piú di forza abbian che le palesi, coloro il sanno che l'hanno provato e pruovano: ed oltre a ciò, ristrette da' voleri, da' piaceri, da' comandamenti de' padri, delle madri, de' fratelli e de' mariti, il piú del tempo nel piccolo circúito delle loro camere racchiuse dimorano, e quasi oziose sedendosi, volendo e non volendo in una medesima ora, seco rivolgono diversi pensieri, li quali non Poiché questo amore non mi lasciava vivere felice in nessun modo, più Si trovava in questa condizione di noia, e ha trovato tanto conforto nei piacevoli ragionamenti e lodevoli consolazioni di un amico, e sostiene fortemente di non essere morto proprio per questo La gratitudine è una virtù molto importante in quanto e se il suo aiuto non sarà rivolto a quelli che l'hanno aiutato ma a qualcun altro significa che i primi saranno già a posto. Il termine vago, riferito alle donne, fa riferimento ad una dimensione mutevole e incostante. Egli dice: chi potrà negare che questo aiuto debba andare alle donne piuttosto che agli uomini. è possibile che sempre sieno allegri. E se per quegli, mossa amorose: da focoso disio, alcuna malinconia sopravviene nelle lor Spesso le donne devono tenere nascose le loro pulsioni menti, in quelle conviene che con grave noia si dimori, se da nuovi ragionamenti non è rimossa: senza che, elle sono molto men forti che gli uomini a sostenere; il che degl'innamorati uomini non avviene, sí come noi possiamo apertamente vedere. Essi, se alcuna malinconia o gravezza di pensieri gli affligge, hanno molti modi da alleggiare o da passar quello, per ciò che a loro, volendo essi, non manca l'andare [p. 5 modifica] attorno, udire e veder molte cose, uccellare, cacciare o pescare, cavalcare, giucare e mercatare, de' quali modi ciascuno ha forza di trarre, o in tutto o in parte, l'animo a sé e dal noioso pensiero rimuoverlo almeno per alcuno spazio di tempo, appresso il ● Per educazione impartitagli dalla famiglia Per volere della famiglia Ecc... Esse sono costrette a rimanere chiuse nelle loro camere e soffocare le loro pulsioni d'amore. Egli afferma che le donne sono meno forti degli uomini a sopportare i dolori ed inoltre se i cattivi pensieri non vengono rimossi rischiano di rimanere nella loro mente quale, o in un modo o in uno altro, o consolazion sopravviene o diventa la noia minore. Adunque, acciò che per me in parte s'ammendi il peccato della Fortuna, la quale dove meno era di forza, sí come noi nelle dilicate donne veggiamo, quivi piú avara fu di sostegno; in soccorso e rifugio di quelle che amano, per ciò che all'altre è assai l'ago, il fuso e l'arcolaio; io intendo di raccontare cento novelle, o favole o parabole o istorie che dire le vogliamo, raccontate in diece giorni da una onesta brigata di sette donne e di tre giovani nel pistilenzioso tempo della passata mortalitá fatta, ed alcune canzonette dalle predette donne cantate al lor diletto. Nelle quali novelle, piacevoli ed aspri casi d'amore ed altri fortunosi avvenimenti si vedranno cosí ne' moderni tempi avvenuti come negli antichi; delle quali le giá dette donne che quelle leggeranno, parimente diletto delle sollazzevoli cose in quelle mostrate ed utile consiglio potranno pigliare, e conoscere quello che sia da fuggire e che sia similmente da seguitare: le quali cose senza passamento di noia non credo che possano intervenire. Il che se avviene, che voglia Iddio che cosí sia, ad Amore ne rendano grazie, il quale liberandomi da' suoi legami m'ha conceduto di potere attendere a' loro piaceri. causando ulteriori dolori. Inoltre gli uomini è più facile che riescano a superare quelle difficoltà per tutte le cose che possono fare e che sono proibite alle donne. una Boccaccio fa una DICHIARAZIONE D'INTENTI e presentazione di ciò che racconterà all'interno del Decameron. Il fatto che egli possa raccontare tutto ciò è merito di amore che gli ha permesso di non soffrire più delle pene d'amore. e di dedicarsi ai piaceri delle donne, liberandolo dalle catene. Analisi IL PUBBLICO Nel proemio viene esplicitato il pubblico a cui tutta l'opera è dedicata; in particolare si tratta delle donne, che per vari fattori elencati dall'autore, soffrono molto più rispetto agli uomini le pene d'amore e per questa ragione l'opera serve per farle divertire e fargli trovare risposte ai loro dubbi amorosi. La donna medievale tuttavia era completamente priva di cultura in quanto esclusa dalle attività intellettuali. Si capisce quindi come il Decameron è un'opera che ha funzione di divertimento ed evasione, e non di insegnamento o diffusione dottrinale. Infine però, le donne a cui l'autore si rivolge sono le donne che amano, dove all'amore, nella civiltà medievale, era associata la nobiltà. Di conseguenza egli si rifà a donne prive di cultura, ma appartenenti all'aristocrazia cittadina o borghese. I TEMI LA NOIA Nel '300 la noia aveva un significato molto differente da quello che assume attualmente, in quanto indicava un senso di angoscia e dolore; verso questa sensazione spesso provata dalle donne a causa delle pene d'amore, Boccaccio vuole porre una soluzione con il suo componimento. Ciò dopo che lo stesso autore ha ricevuto consolazione da parte di alcuni amici che gli ha permesso di non morire. FUGACITÀ DELLE COSE TERRENE Tutte le cose terrene, per legge voluta da Dio, sono fugaci e tendenti alla morte. PAROLA SALVIFICA La parola ossia i racconti presenti all'interno del Decamerone servono per portare felicità negli animi delle donne che soffrono per le pene d'amore e da cui non riescono a scampare perché hanno molte meno possibilità rispetto agli uomini. Per questo la parola con cui i racconti sono narrati, ha effetto di salvare le donne. LA FORTUNA Il tema della Fortuna è un tema fondamentale in tutto il componimento, che nel proemio può essere interpretato in due modi differenti: Donne vittime della Fortuna → soprusi e maltrattamenti famigliari analizzati nel proemio e nelle novelle Contrasto alla Fortuna e le virtù → in tutte le novelle ci sono degli imprevisti dovuti alla Fortuna; l'uomo superando tali imprevisti mostra le proprie virtù e la propria intelligenza. O Già nell'introduzione alla I giornata, si trova il tema del superamento delle avversità della Fortuna, in quanto i 3 ragazzi e le 7 ragazze costituiscono la brigata e si impartiscono delle regole, proprio per poter superare quella situazione difficile. RIASSUNTO Nel testo Boccaccio descrive le conseguenze che l'epidemia di peste del 1348 ebbe a Firenze, principalmente dal punto di vista sociale. La peste è di estrema importanza per il Decameron in quanto rappresenta la cornice narrativa dell'intera opera; essa infatti rappresenta il pretesto per il quale si forma la brigata che racconta le varie storie. ● La peste In questo contesto la maggior parte della popolazione cercava una via di mezzo tra il cibarsi ed il bere in modo incontrollato e la completa rinuncia alle vivande. Molti si portavano al naso erbe odorifere per contrastare la puzza dei corpi putrefatti e nella speranza che tali erbe potessero avere effetti curativi. Per prima cosa viene descritto il fatto che nessuno rispettava più le regole dell'epoca in quanto tutti i legislatori erano morti o privi di sottoposti (in quanto morti) che gli permettessero di far rispettare le leggi. ● Il fatto che nessun medico riuscisse a trovare una medicina per contrastare la pestilenza, fece sì che moltissime persone decidessero di fuggire dalle città per rifugiarsi in campagna O Quest'affermazione è accompagnata da un commento dell'autore in cui, ironizza sul fatto che queste persone pensavano che la malattia avrebbe colpito solo le città (e nella fattispecie, Firenze), lasciando indenni le campagne I cittadini si evitavano a vicenda per paura di contrarre la malattia; le persone rifiutano di entrare in contatto e di aiutare membri della loro stessa famiglia per paura di contagiarsi. Le persone ricevono quindi aiuti da: O Amici caritatevoli (molto raro) Servi Le stesse donne dovevano accettare di farsi curare da uomini di qualunque età, pur di poter ricevere qualche aiuto. Nonostante ciò, con la fuga di moltissime persone e il terrore di quelle che rimanevano in città di aiutare gli altri, molte persone che con le dovute cure si sarebbero potute salvare, morirono. Si facevano pagare moltissimo Aspettavano la morte del padrone per potergli rubare i soldi Spesso morivano contagiati NUOVI COSTUMI Successivamente, nell'ambito dei cambiamenti sociali che la peste ha portato, Boccaccio descrive come sono cambiati i costumi delle persone rispetto al passato. ● Mentre in precedenza alla morte di una persona, i suoi più prossimi e cari famigliari si riunivano a casa sua, e trasportavano la sua bara fino alla chiesa da lui designata, seguiti da degli ecclesiastici che celebravano preghiere e funzioni religiose, ora la "procedura" è completamente cambiata: Non si riuniscono più i famigliari O Molte persone morivano in solitudine O Sostituiti da dei BECCHINI →gente povera che si faceva pagare per trasportare la bara fino alla chiesa più vicina Pochissimi ecclesiastici e in alcuni casi neanche uno Le persone che morivano in casa o per strada in altri casi, venivano messi in delle bare che potevano arrivare a contenere fino a 7 o 8 cadaveri. CAMPAGNE La stessa situazione descritta nelle città, si verificò anche nelle campagne in cui i contadini morivano per strada, senza medici e senza alcun tipo di aiuto. Quelli che sopravvivevano non facevano altro che aspettare la morte, tralasciando tutte le funzioni legate al loro mestiere di contadini; per questa ragione tutti i campi erano incolti e maltenuti. CONCLUSIONE Infine l'autore riporta l'attenzione alla città di Firenze, dove afferma che, tra marzo e luglio del 1348 ci sono stati oltre 100.000 morti, lasciando così grandissime eredità, molti luoghi disabitati (palazzi, case ecc...) e causando una complessiva perdita culturale (molti medici come Ippocrate e Galeno, morirono). Analisi Boccaccio afferma che tutte le autorità, sia quelle politiche sia quelle religiose, erano decadute e quindi le leggi non venivano più rispettate. Si nota l'ironia di Boccaccio (considerabile autoironia in quanto rivolta anche ai personaggi della sua opera), in quanto afferma che alcuni fuggono credendo che l'ira di Dio colpisse solo gli uomini della città e non quelli delle campagne. Loro sostenevano quindi che la pestilenza non si potesse diffondere al di fuori di Firenze. La descrizione della peste rappresenta la cornice storica del Decamerone. L'altra cornice è l'insieme di regole che la brigata di giovani si è data. La peste, è sia causa sia effetto della disgregazione sociale: Causa → provoca la disgregazione sociale in quanto tutti temono di contagiarsi aiutando le altre persone Effetto è probabile che gli effetti della peste si sarebbero potuti limitare se ci fosse stato un aiuto reciproco da parte delle persone ● ● LA FUNZIONE DELLA PESTE La peste ricopre varie funzioni all'interno del Decameron, alcune delle quali proposte da Giovanni Getto: FUNZIONE GIUSTIFICATRICE La funzione giustificatrice della peste è data dal fatto che essa rappresenta un evento straordinario che sconvolge la realtà, giustificando varie scelte narrative dell'autore: O Lo stesso Boccaccio afferma che molte vite si sarebbero potute salvare se non fossero state isolate da famigliari e amici (ne seguio la morte di molti che per avventura, se stati fossero atati, campati sarieno). Ripetersi continuo degli stessi narratori delle novelle ● Distacco delle novelle dalla realtà (non trattano di temi di contemporaneità) → essendo la realtà esterna triste, è giustificato il desiderio di volersene estraniare Stile spinto e acceso di alcune novelle, in cui l'autore supera ogni limite della vergogna e del pudore ● RISPETTO DELLA VERITÀ STORICA Altra ragione è sicuramente il desiderio dimostrato da Boccaccio di collocare i fatti in un periodo storico determinato e di attenersi alla verità storica legata a quel periodo. Per questa ragione egli fa numerosi riferimenti storici nelle sue novelle. AMMENDA AL PECCATO DELLA FORTUNA La peste ha causato la totale perdita dei valori e dei costumi sociali, causando la disgregazione della società. Il tentativo dei dieci giovani di creare una realtà positiva e pacifica, opposta a quella negativa esterna, mostra un tentativo di superare le difficoltà della Fortuna utilizzando la virtù umana dell'ingegno. Ciò è importante perché tutto il Decameron è dedicato al tema dell'ammenda al peccato della Fortuna, già visto nel proemio e ripreso in tutte le novelle. ASPETTI DELLA PESTE La peste porta con sé varie conseguenze; le principali sono: ● ● Distruzione di tutti i legami sociali e di tutti i vincoli civili, a causa di: O Coloro che si chiudono in casa O Coloro che si abbandonano ai piaceri Perdita della PROPRIETÀ → le case abbandonate diventano di proprietà comune a tutti ● Si perde l'autorità della legge e di chi dovrebbe farla rispettare Cadono legami e vincoli importanti come: O Fratellanza O Amicizia O Parentela Si perde il PUDORE → donne senza vergogna Si perdono i rituali delle onoranze funebri Si perde il valore del LAVORO in particolare nel caso delle campagne la maggior parte dei cui campi sono abbandonati ed incolti. Landolfo rufolo - Il giornata - IV novella RIASSUNTO Landolfo Rufolo è un ricchissimo mercante che abita nel paese di Ravello. Egli, nel tentativo di raddoppiare le sue ricchezze, rischio di perderle tutte e di perdere anche sé stesso. Landolfo quindi comprò tantissimi prodotti e ne riempì una nave mercantile molto grande, il tutto a sue spese, per poi recarsi a Cipro per tentare di venderle e diventare ancora più ricco. Arrivato sull'isola tuttavia vi trovò moltissimi altri mercanti venuti in quel luogo per arricchirsi mediante la vendita delle stesse merci da lui comprate. Per questa ragione l'unica cosa che gli era possibile fare, per poter guadagnare almeno qualcosa, era di venderle a prezzo bassissimo. A questo punto, persi moltissimi soldi, per non tornare in patria da povero, decise di acquistare una barchetta piccola e veloce e darsi alla pirateria contro le navi turche. In un anno egli riuscì ad ottenere una quantità di denaro pari al doppio di quella con cui era partito per Cipro, e quindi, per non incappare nella stessa sventura che lo aveva colpito all'inizio del viaggio, decise di accontentarsi e tornare a casa. Sulla via del ritorno tuttavia, fu costretto a fermarsi in un'insenatura del mare, per evitare la forte tempesta sopraggiunta. In quello stesso luogo però, si erano rifugiati dei mercanti genovesi di ritorno da Costantinopoli, che riconosciuto Landolfo (che era famoso per le proprie ricchezze), lo derubarono e lo rapirono. Il giorno seguente le navi genovesi ripartirono, ma verso sera vennero quella su cui si trovava Landolfo, venne colpita da una tempesta che la fece entrare in una secca che ne causò la completa distruzione. Landolfo quindi, per salvarsi si aggrappò ad un asse, ma poco tempo dopo venne sbalzato via dall'urto con una cassa. Egli allora si aggrappò a quest'ultima e il giorno seguente arrivò, sospinto dai venti, all'isola di Corfù. Qui una giovane donna lo salvò, portandolo a casa sua e badando a lui per qualche giorno. Giunto il momento di ripartire, Landolfo scoprì che nella cassa si trovavano delle pietre di un valore elevatissimo; egli quindi decise di portarle con sé e una volta tornato in patria e riscattata la somma corrispondente al valore delle pietre, ne mandò una parte alla donna, e una parte a dei mercanti di tessuti che lo avevano aiutato (rivestito e dato un cavallo) durante il viaggio di ritorno. Il restante tenne per sé e lo utilizzò per vivere. ANALISI LA FIGURA DEL MERCANTE Nella novella, Landolfo Rufolo incarna perfettamente i valori e le caratteristiche del mercante. In particolare, mediante questo personaggio, Boccaccio ci espone i 3 tratti distintivi di questa nuova classe sociale: 1. INTRAPRENDENZA e DINAMISMO: Landolfo cerca in ogni momento di ottenere più denaro possibile, facendo fruttare le sue ricchezze (infatti all'inizio voleva raddoppiare i suoi averi). Questa mentalità è tipica dell'economia capitalistica in cui il denaro guadagnato viene immediatamente investito per aumentare il proprio capitale. Questa mentalità si oppone invece a quella statica, tipica delle corti feudali in cui si consumava esclusivamente, sperperando il denaro senza un metodo per riottenere il denaro speso. 2. CALCOLO ACCORTO: Prima di fare i suoi investimenti, Landolfo ragiona sui fattori in gioco e sulle possibilità di guadagno che vi può trarre, non agendo mai di impulso o in modo sconsiderato (fatti i suoi avvisi r.10) 3. MANCANZA DI SCRUPOLI: Pur di arricchirsi Landolfo è disposto a fare ogni cosa, come ad esempio diventare un corsaro e darsi alla pirateria, senza badare ad alcuna legge morale. Inoltre lui stesso afferma che preferisce morire piuttosto che tornare a casa povero, il che mostra quanto importante era l'arricchimento e il denaro per il mercante. LA FORTUNA Altro elemento fondamentale nella novella è la Fortuna, anch'essa estremamente legata alla civiltà mercantile. Infatti la Fortuna, ossia il caso, è causa di tutti gli imprevisti che sconvolgono i piani calcolati minuziosamente dai mercanti. Essa infatti può favorire o sconvolgere i piani dei mercanti essendo quindi favorevole o sfavorevole. Nel mondo mercantile, e così anche nel Decameron di Boccaccio, si ha una visione LAICA della Fortuna. Mentre nel mondo medievale si pensava che fosse Dio a determinare tutti gli eventi umani appartenenti al reale, secondo la mentalità dei mercanti la Fortuna è un insieme casuale di eventi non regolati da alcuna forza superiore o volontà. Essi si manifestano mediante la natura (mare e tempeste) o la società (mercanti genovesi, donna che aiuta ecc...) Importante è il legame tra la Fortuna e la METAFORA del MARE caratterizzato da mutamenti improvvisi proprio come gli eventi. IL PREVALERE DELLA FORTUNA Mentre nella novella di Andreuccio da Perugia, si nota come la Fortuna sia sempre accompagnata dall'ingegno e dalla virtù umana (Andreuccio approfitta del coperchio aperto del sepolcro, ma intelligentemente tocca la gamba del prete facendolo spaventare), in questa novella si nota come spesso la Fortuna è più forte della virtù e l'uomo si trova inerme contro di essa. L'industria è sconfitta dalla Fortuna due volte: 1. Arrivo a Cipro e perdita di tutto il denaro 2. Furto e rapimento da parte dei mercanti genovesi Inoltre anche in situazioni positive come quella finale, l'arricchimento è dato esclusivamente dalla Fortuna. Infatti Landolfo inizialmente aveva respinto la cassa, senza sapere che all'interno di erano le gemme preziose che lo avrebbero reso nuovamente ricco. In altri casi, come la decisione di diventare pirata per riprendere i soldi perduti a Cipro, si ha un arricchimento positivo dato principalmente dall'industria ossia dall'ingegno. Per sottrarsi a questo ciclo infinito di imprevisti positivi e negativi, alla fine, Landolfo cede alla Fortuna ritirandosi dalla sua attività mercantile. COSTRUZIONE NARRATIVA Le tre sequenze in cui la storia è divisibile sono: 1. Cipro e la pirateria Fortunata → TD <<< TS 2. La tempesta e il rapimento dai genovesi → TD <TS 3. Il naufragio, la salvezza e la nuova ricchezza → TD=TS Quest'ultima sequenza presenta un narratore esterno (eterodiegetico) e onnisciente con una focalizzazione sull'interiorità di Landolfo il che rende la storia più avventurosa, ma d'altro canto permette di percepire un senso di paura e angoscia dato dall'imprevedibilità della Fortuna. Infatti c'è un senso di sospensione fino al momento dell'apertura della cassa. SPAZI Vi è uno spazio narrativo molto ampio il che è in accordo col tema della Fortuna: il mutare di scenario asseconda il mutare delle vicende del poeta a causa della Fortuna stessa. Andreuccio da Perugia - II giornata - V novella Il tema della giornata è quello di chi colpito dalla sventura e dalla Fortuna, riesce ad arrivare ad un lieto fine. ROMANZO DI FORMAZIONE Nonostante l'ingegno e l'industria, ossia la capacità di vincere il caso e la Fortuna mediante l'intelligenza, siano tratti tipici dei personaggi boccacciani, inizialmente Andreuccio ne è sprovvisto. Egli infatti, non essendo mai uscito da Perugia (non essendo mai più fuori di casa stato), non è un uomo di mondo ma al contrario si presenta come piuttosto INGENUO. Tutta la vicenda si costituisce quindi su un processo di formazione durante il quale, grazie all'esperienza acquisita, Andreuccio diventa scaltro e intelligente. Notiamo queste caratteristiche nel momento in cui va a depredare la tomba dell'arcivescovo con i ladri, ultima delle avventure della novella. In questa situazione egli dimostra di saper vivere e di essere maturato quando: ● Analisi si rifiuta di entrare nella tomba sapendo che lo avrebbero rinchiuso Prende con sé l'anello per evitare che i ladri lo lascassero lì Afferra la gamba del prete per spaventarlo Questa formazione e maturazione, alla fine, gli permettono di riparare i danni dovuti alla sua iniziale ingenuità, recuperando tutto il denaro perduto. LA FORTUNA Anche in questa novella, come in quella di Landolfo Rufolo, si trova la Fortuna, intesa come insieme di circostante casuali che incidono sul protagonista in modo positivo o negativo. Nella novella tuttavia, l'aziona umana ha un ruolo preponderante sulla Fortuna, che non decide in modo esclusivo gli eventi: Gli eventi negativi sono dati dalla Fortuna ma soprattutto dall'ingenuità di Andreuccio ● Gli eventi positivi sono dati dalla Fortuna ma soprattutto dall'ottenuta intelligenza di Andreuccio Questa grande importanza dell'ingegno è completamente opposta a quella dimostrata nella novella di Landolfo Rufolo, in cui invece ad avere la meglio era la Fortuna. I LUOGHI E IL TEMPO SPAZI Il luogo principale è quello della città di Napoli, uno spazio nuovo, nato nello stesso periodo in cui vive Boccaccio (o poco prima) caratterizzato da continui scambi culturali, di merci ecc.... La città, come il mare nella novella di Landolfo Rufolo, presenta una serie di strade intricate e labirintiche, che permettono di fare incontri ed esperienze, dettati dalla Fortuna. Lo spazio è quindi perfettamente adatto ad assecondare il tema della Fortuna. Tuttavia la città di Napoli non viene affatto descritta nei suoi particolari, ma piuttosto Boccaccio si concentra principalmente sulle vicende umane ossia sulle azioni, sui pensieri e sulle parole dei personaggi. Gli unici elementi del paesaggio che vengono descritti sono quelli funzionali alle azioni dell'uomo, come il buco in cui Andreuccio cade nella casa della prostituta siciliana, e il vicolo in cui atterra. Ciò mostra un netto interesse di Boccaccio nei confronti delle azioni dell'uomo che vede chiaramente come centro della realtà, considerando tutto il resto come marginale. Dal punto di vista narrativo ciò, permette di concentrarsi maggiormente sullo svolgimento della vicenda, e seguire meglio le azioni dei personaggi. I luoghi reali della città di Napoli citati nella novella sono: ● Porto ● Piazza del mercato ● Malpertugio Duomo Ruga catalana La storia ci permette di ottenere informazioni sulle città nel Medioevo: Pacifica all'apparenza ma piena di insidie Luogo del commercio dove vince il più ricco (Andreuccio mostra la sua ricchezza per convincere i mercanti). Si può studiare una vera e propria geografia nel Decamerone visti i diversi luoghi citati. SIMBOLISMI NEI LUOGHI Durante tutto lo svolgimento della novella, si trova l'alternanza di due dimensioni spaziali: ● Interno/esterno Alto/basso In generale quindi anche gli spazi si possono intendere metaforicamente come elementi che indicano il processo di evoluzione mentale e di crescita del personaggio: ● Interno - basso → momenti di difficoltà, prigionia (sarcofago, pozzo, fogna/vicolo) Esterno - alto → momenti di felicità, salvezza, libertà (piazza, porto, salita verso la città alta) Un possibile collegamento tra altezza e salvezza è il fatto che egli proprio mentre si sta recando nella parte alta della città, vede la luce dei due ladri che rappresenta appunto una fonte di salvezza e di aiuto in un momento di difficoltà. L'alternanza dei luoghi, mostra anche si riflette sullo stato di libertà del personaggio. TEMPO Importante è anche l'alternanza del giorno e della notte in quanto durante la notte avvengono le azioni negative mentre durante il giorno prevalentemente azioni positive. Le azioni negative che avvengono di notte sono: Caduta nella trappola della prostituta Discorso con i ladri ● Caduta nel pozzo ● Spavento delle guardie Profanazione della tomba Fuga dalla bara CRESCITA E FORMAZIONE La continua alternanza tra luoghi e momenti del giorno (esterno/interno, alto/basso, luce/buio, giorno/notte) rappresenta metaforicamente la crescita personale di Andreuccio che passa dall'ingenuità, ad una maggiore consapevolezza delle situazioni e di come comportarsi, raggiunta mediante la crescita e l'esperienza. Infatti spesso nei riti di iniziazione (delle tribù arcaiche), il venire calati in basso per poi risalire aveva il significato della rinascita: la trasformazione da bambino immaturo a giovane maturo. Il fatto che Boccaccio si concentri sulla crescita umana mostra il suo distacco dal Medioevo e dal teocentrismo, e il fatto che abbia una mentalità laica, slegata dalla chiesa: l'uomo può crescere con le sue sole forze, senza bisogno di fare affidamento in Dio, e Andreuccio è simbolo di ciò. FABULA E INTRECCIO La storia può essere divisa in tre sequenze: 1. Incontro con la prostituta siciliana 2. Vagabondaggio nelle vie notturne della città con vari incontri 3. Furto nella cattedrale Ciascuna delle sequenze prevede un momento critico rappresentato dalla discesa dall'alto verso il basso, e da una risoluzione rappresentata dalla salita dall'alto verso il basso. LA PROSTITUTA E LA CAPTATIO BENEVOLENTIA La prostituta sfrutta l'ingenuità di Andreuccio nonché la sua bellezza, per ammaliarlo ed incantarlo. Ciò tuttavia è reso possibile principalmente grazie all'uso della retorica; la siciliana infatti fa una vera e propria ORAZIONE, per convincere Andreuccio di essere un suo parente e per spiegargli in modo convincente come sono legati. La parola quindi, assume ancora una volta un ruolo centrale (come poi nella beffa di Calandrino). Lo stile retorico usato dalla prostituta prende il nome di captatio benevolentia ossia la parte del discorso retorico in cui ci si pone in modo positivo nei confronti dell'interlocutore. Il discorso della prostituta è come una novella nella novella e rappresenta l'unico momento della storia in cui la fabula non coincide con l'intreccio (dato che la Prostituta racconta del suo passato). LADRI: AMICI SBEFFEGGIATORI Iladri inizialmente si pongono come amici di Andreuccio anche se sembrano farsi continuamente beffe di lui tanto da complimentarsi dopo averlo visto uscire dal pozzo. Alla fine infatti lo tradiscono cercando di rinchiuderlo all'interno del sarcofago. CRITICA ALLA CHIESA Inoltre, nonostante Boccaccio non sia laico e non metta mai in discussione l'aspetto teologico e dogmatico della religione, critica aspramente la corruzione della chiesa come istituzione. In alcune novelle egli la ridicolizza e la critica in modo molto spinto e sagace, come fa nella stessa novella di Andreuccio da Perugia; infatti colui che entra nel sarcofago in cui era rinchiuso Andreuccio, era proprio un prete, il quale in questo modo sconsacra completamente quel luogo. LA NARRAZIONE Il narratore della novella è ETERODIEGETICO (esterno) e ONNISCENTE; esso si esprime spesso in giudizi nei confronti delle azioni e dei pensieri del protagonista, spesso in modo ironico. Questi interventi, fanno capire quanto Andreuccio sia lontano dal modello di uomo dotato di ingegno e di saper vivere di Boccaccio; infatti nella parte finale della novella, a seguito della crescita e della maturazione del personaggio, i commenti cessano. FOCALIZZAZIONE In generale tutta la novella è esposta utilizzando la tecnica della FOCALIZZAZIONE sul protagonista, tanto che la maggior parte delle vicende (tranne quando la siciliana si fa raccontare dalla vecchia della famiglia di Andreuccio), sono raccontate dal suo punto di vista. La mancanza di una visione dall'alto e di una possibilità di prevedere i futuri svolgimenti della vicenda, permette di avere una maggiore sospensione che si ricollega all'imprevedibilità della Fortuna. Lisabetta da Messina - IV giornata - V novella I mercanti LEGAME CON LA CORNICE La figura del mercante che ritroviamo nella novella, rappresenta il collegamento di quest'ultima con la cornice narrativa del Decameron. In questo caso Boccaccio evidenzia una delle caratteristiche negative del mercante, ossia l'esagerato attaccamento al denaro e il superamento delle regole morali a causa di quest'ultimo; infatti i tre fratelli mercanti, piuttosto che perdere la loro fama e il loro onore e conseguentemente i loro guadagni, decidono di uccidere Lorenzo il cui amore per Laura avrebbe potuto danneggiare la famiglia. Altro collegamento è il tema dall'amore che vi è tra Lisabetta e Lorenzo che porta al tema della condizione della donna, legata alla cornice e all'introduzione in quanto Boccaccio stesso afferma che l'opera nasce con l'intento di rallegrare le donne dalle loro pene d'amore e dal fatto che dovendo sottostare al volere dei famigliari (dei fratelli in questo caso), non possono mostrare il loro amore. Ciò si ritrova appunto in Lisabetta da Messina il cui amore è limitato e impedito dal volere dei fratelli. Le leggi dell'amore e dell'onore infatti, valgono per tutte le classi sociali, compresa quella dei mercatanti e le vittime di queste regole, in tutte le classi sociali, sono sempre le donne che quando si ribellano alla componente maschile sono destinate ad una sorte tragica. L'ISTINTO OMICIDA Vi è quindi il tema del delitto d'onore compiuto dai due fratelli che uccisono e sotterrarono Lorenzo proprio per difendere l'onore e quindi i guadagni mercantili della famiglia. Il fatto che l'omicidio sia fatto per difendere l'onore della famiglia, lo si capisce anche dal fatto che alla fine della novella, i tre fratelli decidono di cambiare città in quanto ormai tutto il vicinato ha scoperto delle vicende della famiglia. I due fratelli sempre sfruttando la LOGICA DELL'UTILE (compiere un'azione solo se porta ad un utile ossia ad un guadagno), sfruttano la migliore opportunità per uccidere Lorenzo; la scena viene descritta in modo molto rapido e sbrigativo. Anche Lisabetta compie un'azione simile quando con un coltello il meglio che poté gli spicco dallo 'mbusto la testa; in questo modo dimostra: 4. Emancipazione dai fratelli 5. Sangue freddo, lucidità e distacco inusuali per donne del Medioevo che spesso erano sottomesse dal volere maschile O questi sono tratti che Lisabetta mostra di avere in comune con i fratelli LA CRITICA AI MERCANTI In questa novella viene sottolineata la negazione dei diritti naturali in favore del mantenimento dell'onore e dei profitti della famiglia. I fratelli rappresentano infatti l'autorità famigliare, che a causa della professione si impone sul libero arbitrio della sorella; in questo modo Boccaccio critica il troppo attaccamento al denaro dei mercanti, e in generale di tutta la società dell'epoca. ANALISI DI LISABETTA L'ANALISI PSICOLOGICA Lisabetta dimostra una sorta di dissociazione dell'io ossia un distacco, un estraniamento dalla realtà che la induce a fare l'atto che effettivamente compie; ciò dimostra come Boccaccio analizzi in profondità la psicologia umana (ance se la disciplina dell'analisi psicologica nasce solo nel '900). Questa analisi profonda, rimarca come il Decameron sia una commedia umana (in contrapposizione con la Commedia Divina di Dante) e quindi Boccaccio descrive le varie sfaccettature dell'animo umano e come questo reagisce nelle più disparate situazioni. LA SPERANZA DELLA RINASCITA Alla fine della novella si trova tutta la tristezza di Lisabetta, che con le sue lacrime fa crescere il basilico sotto il quale si trova la testa dell'amato. Il pianto rappresenta il simbolo dell'amore ed è in contrapposizione con la freddezza dimostrata precedentemente. Il vaso viene quasi identificato con l'innamorato tanto che Lisabetta sembra quasi sperare di farlo rivivere facendo crescere la pianta di basilico, e sottraendosi al volere dei fratelli. Questi al contrario appena scoprono la situazione si impongono nuovamente su Lisabetta, sottraendole un'altra volta l'amato un'altra volta. LA GEOGRAFIA DEL DECAMERONE Con tutte le novelle Boccaccio permette di compiere una sorta di viaggio per l'Italia in quanto ciascuna di esse è ambientata in luogo specifico e diverso dagli altri. IL TRIANGOLO AMOROSO Nella novella troviamo il tema dell'amore contrastato, descrivibile mediante un TRIANGOLO AMOROSO ossia uno schema triangolare con Donna amante - oggetto dell'amore - Antagonista: FAMIGLIA LISABETTA DIVERSE INTERPRETAZIONI Alla novella sono state date molte interpretazioni e letture differenti: LORENZO LETTURA SOCIOLOGICA Secondo la lettura sociologica di Mario Baratto, nella novella sono presenti due forze, in netto contrasto tra di loro ossia: 6. amore Lisabetta 7. ragion di mercatura → fratelli → contrastano l'amore perché potrebbe danneggiare gli affari della famiglia Queste due forze non possono scontrarsi perché completamente opposte e da ciò deriva l'impossibilità al dialogo nella famiglia. Nonostante all'inizio sembra che i fratelli, e quindi la ragion di mercatura, possano avere la meglio e vincere lo scontro, alla fine è l'amore a prendere il sopravvento. Infatti alla fine il nucleo famigliare che i fratelli volevano tenere unito si sfalda (in quanto i fratelli scappano da Messina) e l'onore della famiglia viene macchiato, limitando anche gli affari, in quanto la notizia si diffonde mediante la storia popolare del cantore. Ciò mostra chiaramente il naturalismo di Boccaccio ossia la concezione secondo la quale la natura vinca e superi la società e l'industria. Con la novella Boccaccio cerca di dare un messaggio positivo di apertura morale delle famiglie affinché i suoi componenti abbiano una maggior libertà e siano meno limitati da leggi sociali. LETTURA PSICOANALITICA La lettura psicoanalitica, portata avanti da Alessandro Serpieri, indaga due elementi diversi: 8. Il motivo per cui i fratelli decidono di uccidere Lorenzo, che l'autore lascia implicito, senza dare una chiara spiegazione. L'interpretazione data dal critico è che essi, con l'amore della sorella, sentano una vergogna e un'oppressione personali. 9. L'apparizione di Lorenzo in sogno è una proiezione dei desideri di Lisabetta nel suo immaginario; tali proiezioni sono stimolate dalla presenza della testa dell'amato. Essa rappresenta come un seme che "piantato" nella terra, che ne rappresenta un po' il grembo, farà rinascere Lorenzo. Questa rinascita è simboleggiata dalla crescita della pianta di basilico e a renderla possibile sono le lacrime, ossia l'amore di Lisabetta. LA COSTRUZIONE NARRATIVA Dal punto di vista narrativo si nota come LISABETTA NON PARLA MAI. Il silenzio è utilizzato per rappresentare lo stato di repressione e soggezione attuato dai fratelli nei suoi confronti. Anche i fratelli non parlano, ma per una ragione diversa; essi hanno il potere di reprimere Lisabetta, tuttavia non lo fanno con le parole bensì con i gesti e le azioni, uccidendo Lorenzo. Per questo non hanno necessità di parlare. Federigo degli Alberighi V giornata IX novella Novella della quinta giornata, dedicata agli amori felici. Con questa novella assistiamo al passaggio di un'epoca e vediamo che l'uomo liberale e cortese, esponente della tradizione cortese che sta lentamente sfumando, dovrà trasformarsi in massaio. La novella è raccontata da Fiammetta. Riassunto La novella racconta di Federigo degli Alberighi, un membro di una ricca famiglia aristocratica di Firenze, che dilapida il patrimonio per ottenere l'amore di una donna, Giovanna, che però non ricambia. Egli la corteggia secondo il metodo dell'AMORE CORTESE, per cui egli sperpera tutti i suoi averi in favore dell'amore stesso; sempre secondo questo metodo amoroso la donna continua a rifiutarlo. Giovanna tuttavia, ad un certo punto rimane vedova e poco tempo dopo il figlio si ammala. Per stare meglio il figlio desidera il falcone di Federigo, ultimo segno di nobiltà e di appartenenza ad una classe aristocratica dell'uomo, nonché animale prezioso e splendido. Egli però lo cucina in onore di Giovanna, portando il figlio di quest'ultima alla morte. La donna, colpita dal gesto di Federigo, il quale ha rinunciato ad un bene così prezioso per amore, decide di sposarlo. Analisi La novella viene attribuita a Coppo di Borghese Domenichi, personaggio politico molto in vista all'epoca di Boccaccio. Il fatto che sia attribuita ad un personaggio vivente della classe dirigente, serve a rafforzare la cornice storica e a dare realismo alla novella. Tuttavia con l'introduzione di questo personaggio, e l'accostamento alla figura di Federigo degli Alberighi, si mostra la contrapposizione tra nobiltà rispettivamente di toga e di sangue. Gli Alberighi erano una antica e nobile famiglia di Firenze e per questo Federigo doveva essere molto noto. L'AMORE CORTESE Il termine gentil viene ripreso più volte, il che richiama l'idea, tipica dell'amore cortese, secondo cui l'amore nasce per la nobiltà d'animo e di cuore dell'amata anche se non sempre viene ricambiato da quest'ultima. Dalla riga 65 alla 67 abbiamo un chiaro prototipo dell'amore cortese che viene dichiarato direttamente: egli sostiene che non ha mai avuto nessun pregio proprio e se ne ha mai avuti è stato solo grazie all'amore per la sua donna. Viene ripreso il tema della donna che migliora l'uomo con la sua perfezione, facendo passare la sua nobiltà da potenza ad atto. L'espressione il fe ravedere (lo fece ravvedere - r. 77) è un brusco passaggio al passato remoto e indica che Federigo si rende improvvisamente conto di ciò che ha fatto per amore e di tutto ciò che ha sacrificato per il sentimento provato per Giovanna. Egli da la colpa di tutte queste decisioni alla Fortuna. L'espressione somma fede (r. 89) ossia "massima riverenza" si rifà ancora una volta alla tradizione cortese in cui l'uomo onora in tutti i modi possibili la donna. Il termine dono introduce il tema del dono (riga 100), fondamentale per l'analisi della novella. NOBILTÀ D'ANIMO INDIPENDENTE DALLA RICCHEZZA Verso la fine troviamo il tema della donna sottomessa alla volontà dei fratelli, i quali costringono Giovanna a risposarsi, nonostante lei non lo desideri. Ella alla fine, cede al volere dei fratelli, ma solo a condizione di sposare Federigo degli Alberighi; per convincergli di questa scelta, egli si esprime con un'argomentazione esposta nelle righe 150-152: "Fratelli miei, io so bene che così è come voi dite, ma io voglio avanti uomo che abbia bisogno di ricchezza che ricchezza che abbia bisogno d'uomo". Ciò dimostra come la nobiltà d'animo sia indipendente dalla ricchezza materiale e non può essere acquisita in alcun modo con est'ultima. Quella espressa da Giovanna è una formula antica, di ine classica, associata a Temistocle (filosofo greco). Con la citazione, i fratelli si convincono e concedono a Giovanna di sposare Federigo. TEMA DEL DONO Il tema del dono continua per tutta la novella, ed è uno dei fili conduttori della storia. 1. prima parte: doni di Federigo alla donna, senza desiderare nulla in cambio Questo rappresenta liberalità e animo magnanimo ma lo porta alla povertà e alla mancanza di beni da poter donare e quindi a vivere in condizioni di sussistenza. 2. seconda parte: sacrificio del falcone Questo viene sacrificato come testimonianza dell'amore cortese e porta ad un risvolto positivo nella vicenda. Infatti gli stessi ideali di dono e di liberalità che inizialmente lo hanno portato alla povertà, ora gli permettono di riscattarsi agli occhi della donna. Egli dimostra di essere in grado di rinunciare all'unico bene che ha pur di soddisfare il suo desiderio. 3. terza parte: dono da parte dei fratelli delle ricchezze e concessione al matrimonio Le ricchezze prendono il nome di guiderdoni ossia la dote che la donna porta al futuro marito durante la cerimonia del matrimonio. La tradizione cortese non prevedeva il matrimonio, anzi considerava come vero amore solo quello adultero; ciò mostra l'integrazione di Boccaccio delle due culture, ossia quella cortese e quella mercantile. Si nota anche il miglioramento che avviene in Federigo dopo il matrimonio (amore che permette di migliorarsi → tradizione cortese) in quanto diventa il miglior massaio esistente. GLI IDEALI CORTESI E FEDERIGO Federigo all'inizio incarna perfettamente gli ideali cortesi di: 10. LIBERALITÀ 11. AMOR FINO Infatti egli sperpera tutti i suoi averi per il cosiddetto servizio d'amore ossia per servire nel miglior modo possibile la donna che però non darà nulla in cambio a Federigo. Boccaccio, nonostante apprezzi le virtù cortesi e cavalleresche, pone ad esse delle profonde critiche. Infatti egli conosce perfettamente il valore del denaro nella realtà in quanto è figlio di un mercante e ha svolto la professione del banchiere; quindi egli non idealizza la realtà, ma piuttosto mette in evidenza come per adempiere alle virtù cavalleresche serva una grande quantità di denaro che comunque non è infinito e ad un certo punto si esaurisce. IL LIMITE DELLA CORTESIA Egli infatti mette in evidenza il principale limite e paradosso dell'aristocrazia cortese: essa avendo come base i beni materiali e come virtù la liberalità nello spenderli, arriva ad AUTODISTRUGGERSI. Infatti spendendo in maniera incontrollata, si va a minare le basi materiali possedute, che rappresentano le condizioni di esistenza della civiltà cortese stessa. Ciò è dato da fatto che gli aristocratici cortesi, spendono in maniera incontrollata a illimitata, ma non lavorando, non producono ricchezza, facendo esaurire il denaro. IL VICOLO CIECO DI FEDERIGO La liberalità che ha sempre caratterizzato Federigo in quanto appartenente alla classe sociale cortese, rappresenta proprio l'elemento che lo ha condotto in un vicolo cieco. Infatti, l'aver speso tutti i suoi averi per soddisfare la donna quando questa non lo aveva chiesto, ha impedito di onorarla quando questa è venuta di sua spontanea volontà da lui. Ciò lo costringe a sacrificare il suo falcone, compiendo un atto di sacrificio. È proprio questo gesto sublime ad impedirgli di compiere il vero gesto sublime ossia quello di donare il falcone. LIBERALITÀ E MASSERIZIA Boccaccio concilia due mondi completamente diversi, in quanto caratterizzati da mentalità diverse: 12. Mondo cortese → liberalità e magnanimità 13. Mondo mercantile → masserizia (scrupolosa amministrazione del patrimonio) Questi due mondi non presentano caratteristiche in comune, ma risultano essere complementari. Infatti la caratteristica che costituisce ciascuna delle due mentalità, è fondamentale per l'altra: 14. Per l'ideale cortese e la cortesia (ossia lo spendere liberamente il proprio patrimonio) è necessario possedere un ingente patrimonio che può essere ottenuto e mantenuto solo grazie alla masserizia 15. La liberalità e la magnanimità cortesi contrastano l'avidità e la meschinità che una masserizia troppo estrema può portare con sé UNA NUOVA ARISTOCRAZIA Boccaccio quindi ambisce a creare una nuova aristocrazia, basata sulla fusione dei valori delle due suddette forme aristocratiche, ossia un'aristocrazia basata sul denaro che però condivide i valori della mentalità cortese. Federigo rappresenta il perfetto esempio di questa fusione, in quanto mentre all'inizio presentava solo le virtù cortesi, a seguito delle esperienze negative sperimentate, diventa a tutti gli effetti massaio, senza però perdere la sua liberalità. Egli diventa quindi il massimo rappresentante della nuova aristocrazia boccacciana. La sintesi di due culture e forme aristocratiche, si evince anche dal fatto che alla fine della storia Federigo si sposa, nonostante il codice cortese prevedesse un amore adultero. Il massaio Il massaio o massaro, è propriamente definito come colui che coltiva una massa ossia che coltiva una terra o un fondo agricolo. Il termine viene spesso confuso con quello di mezzadro, anche se questo indica un contadino che coltiva una terra che non possiede, dividendone il raccolto con il padrone. Al contrario, dal punto di vista dello statuto, ossia delle regole a cui è sottoposto, il massaio non è propriamente definito, ossia può: Non possedere la terra che coltiva → massaro-bracciante Possedere la terra che coltiva → massaro-proprietario IDEALI DEL MASSAIO Uno degli elementi che caratterizza il massaio, indipendentemente dalla sua condizione economica, è l'essere parsimonioso, avveduto e oculato nell'amministrare le proprie finanze; questo perché quasi tutti i massai avevano sperimentato, direttamente o indirettamente, la povertà e quindi conoscevano il valore del denaro. Fino al Rinascimento, quelle del massaio, saranno le virtù più apprezzate dagli intellettuali (ad esempio l'Alberti); la masserizia si caratterizzava non tanto in serbare le cose quanto in usarle a' bisogni (Alberti) e quindi era una via di mezzo apprezzata tra: ● Avarizia Dissipazione e liberalità DONNE E UOMINI A poter essere definiti "massai", possono essere sia le donne sia gli uomini; le prime perché in alcuni contesti oltre alla gestione della casa si dedicavano anche alla gestione dei fondi e delle finanze. Un esempio di uomo-massaio invece, è quello di Renzo o quello di Federigo degli Alberighi, entrambi divenuti tale dopo il matrimonio. Nastagio degli Onesti - V giornata - VIII novella Analisi Dal verso 5 al verso 9 troviamo un collegamento con la cornice narrativa del Decameron che funge da introduzione alla novella. Dalla riga 6 alla 9 inoltre, si capisce che il testo ha come scopo quello di exemplum, ossia di testo letterario che serviva ad educare i lettori. Nella novella sono inoltre presenti le dimensioni di liberalità e magnanimità, che però vengono tenute a freno dalla masserizia rappresentata dagli amici di Nastagio che gli impediscono di sperperare tutti i suoi soldi in cose futili. Il termine pie davanti pie si può collegare a Solo e pensoso i più deserti campi dal quale viene ripreso il legame tra interiorità ed esteriorità; Infatti i pensieri dolci della donna amata lo fanno distrarre tanto da non rendersi conto di che strada stesse percorrendo e dove stesse andando. LEGAME CON DANTE L'exemplum della caccia infernale si collega a Dante il quale nella Seconda apparizione di Beatrice della Vita Nuova, descrive le sofferenze d'amore, e quest'ultimo che lo uccide, così come il cavaliere uccide la donna per le sofferenze che gli ha causato. Inoltre la scena si collega con la Divina Commedia e con le pene dell'inferno, direttamente citato al verso 70. Troviamo la pena del contrappasso: come la donna ha portato il cavaliere al suicidio rifiutando il suo amore, allo stesso modo ora viene continuamente uccisa da lui. Inoltre, come nell'Inferno, troviamo la ripetitività delle pene, che una volta concluse ricominciano da capi. La donna viene vista come una fiera crudele, immagine che si collega ad una canzone di Petrarca. LA CACCIA INFERNALE: PASSAVANTI E BOCCACCIO lacopo Passavanti è uno scrittore medievale nonché monaco domenicano, contemporaneo di Boccaccio. Egli scrisse lo Specchio di vera penitenza, nel quale inserì, tra i vari exempla di descrizione delle pene a cui i peccatori sarebbero andati incontro dopo la morte, anche il racconto di una caccia infernale. Questa tuttavia differisce totalmente dalla caccia infernale descritta da Boccaccio nella novella: MOTIVO DELLA PUNIZIONE FINALITÀ DELL'EXEMPLUM CONCEZIONE DELL'AMORE SCELTE NARRATIVE NELL'EXEMPLUM PESO DELL'EXEMPLUM NELLA PASSAVANTI Donna e uomo sono puniti per aver ceduto alle passioni e aver commesso adulterio, uccidendo il marito della donna Incutere timore nei lettori per spingerli a non peccare Tradizionale concezione medievale del desiderio amoroso e delle passione come peccati mortali da condannare La vicenda viene narrata in modo estremamente cruento e dettagliato, per incutere ancora più timore nei lettori La caccia infernale ricopre la totalità della narrazione BOCCACCIO La donna è punita per la sua crudeltà nei confronti dell'uomo, per la quale quest'ultimo è arrivato al suicidio Creare un pretesto per l'ingegno mostrato da Nastagio Visione laica e naturalistica: passione amorosa vista come qualcosa di naturale, da incoraggiare e da incentivare La vicenda viene descritta in modo leggero, senza voler spaventare il lettore La caccia infernale ricopre solo una piccola parte dell'episodio, per poi essere sfruttata da Nastagio NARRAZIONE Con Boccaccio si assiste al rovesciamento dell'exemplum medievale, a causa della mentalità di una società più libera, urbanizzata e vicina a quella rinascimentale. RACCONTO NEL RACCONTO Quello della caccia infernale è un vero e proprio racconto nel racconto, e presenta vari aspetti in comune con la vicenda di Nastagio: 16. Uomini che amano ma non vengono amati e per questo soffrono e tendono al suicidio 17. Donne crudeli O O La Traversari è indifferente di fronte alle sofferenze di Nastagio e si identifica con la donna nel momento in cui vede la visione La donna gode alla morte dell'amante Il fatto che la storia nella storia venga esattamente introdotta nel momento in cui Nastagio sta pensando da solo nel bosco, la fa sembrare come la concretizzazione dei suoi pensieri e quindi rappresenta uno dei possibili sviluppi (quello negativo) della vicenda amorosa del protagonista. Grazie alla sua VIRTÙ tuttavia, Nastagio riesce a evitare questo risvolto negativo. Infatti mentre la storia nella storia è simmetrica alla vicenda di Nastagio per la prima parte, il finale è completamente diversa; nella prima l'amore rimane non ricambiato, e porta all'odio tra amante e amata, mentre nella seconda si ha un lieto fine in cui l'amore viene ricambiato. Confronto con Federigo degli Alberighi Un elemento di relazione è il motivo per cui la donna si innamora. LA CONDIZIONE SOCIALE SENTIMENTO D'AMORE INIZIALMENTE NON CORRISPOSTO LIBERALITÀ E RAPPORTO CON IL DENARO CONCLUSIONE DELLA VICENDA SIMBOLO DELLA CAVALLERIA DIVERSO TONO DELLE NOVELLE FEDERIGO DEGLI ALBERIGHI NASTAGIO DEGLI ONESTI Entrambi i personaggi sono ricchi e nobili e inizialmente sono legati alle virtù della tradizione cortese, e per questo sperperano le loro ricchezze Amore non corrisposto con Giovanna Amore non corrisposto con la figlia di Paolo Traversaro Entrambi i personaggi sperperano le loro ricchezze per riuscire a conquistare la donna. Federigo va in banca rotta. Egli lo trova grazie al consiglio di amici e famigliari cosa che invece Federico non riceve. Grazie al consiglio degli amici e dei famigliari trova una soluzione per non andare in banca rotta, andando via dal paesino in cui abitava In entrambi i casi, come vuole il tema della giornata, il finale è a lieto fine; ossia mediante l'ingegno o la Fortuna, i due riescono a ricevere l'amore della donna amata. In entrambi i casi viene esaltata la dimensione cavalleresca rappresentata: 18. In Nastagio dal cavallo e dal cavaliere presenti nella Caccia infernale 19. In Federigo degli Alberighi dal falcone Vicenda con un tono più malinconico e pessimistico, dato che il protagonista si rende conto di non poter soddisfare l'unico desiderio della donna a causa. della mancanza di altro denaro. Vicenda con un tono generalmente più felice e spensierato (tranne all'inizio nella descrizione delle sofferenze d'amore), anche nelle parti più cruente come la Caccia infernale. Calandrino e l'elitropia Terza novella dell'ottava giornata, avente come tema la beffa, ossia l'inganno. La novella è raccontata da Elissa. RIASSUNTO Egli si fa ingannare dai compagni Bruno e Buffalmacco che gli parlano di una pietra magica, l'elitropia, che rende invisibili. Viene ingannato dai due amici e pensa di aver trovato la pietra di cui parlano; successivamente torna a casa e la moglie gli fa scoprire che lo sta vedendo e che la pietra non ha funzionato. Egli quindi se la prende con la moglie pensando che siano le donne a far prendere il potere magico delle pietre. ANALISI Maso prende spesso in giro Calandrino senza fargli capire delle sue beffe. Vengono citati i lapidari che sono i libri nei quali erano descritti gli effetti delle varie pietre. L'AVIDITÀ E LE SUE CONSEGUENZE La ripetizione del verbo cercare tra le righe 60 e 65 indica l'ansia e il desiderio irrefrenabile di ottenere la pietra il che mostra l'avidità di Calandrino che teme che l'opportunità di arricchirsi gli venga sottratta da altri. Calandrino infatti, oltre a rappresentare la figura dell'ingenuo credulone, incarna ance l'avidità, una delle caratteristiche negative della figura del mercante. In questo modo Boccaccio rappresenta la nuova società mettendone in evidenza luci ed ombre, pregi e difetti. Infatti oltre che beffato, Calandrino rappresenta anche un beffatore, nel momento in cui se ne va dai compagni per tenere per sé la pietra trovata, la quale gli avrebbe garantito grandi ricchezze. Ovviamente i due amici potevano vederlo, ma resta comunque il fatto che egli cerca di ingannarli per tenere per sé il bottino. LA BEFFA Calandrino diventa da beffato, poi passa ad essere beffatore ed infine torna alla sua condizione di beffato, quando gli amici gli dicono che è colpa sua per il fatto che non aveva avvertito la moglie che aveva trovato la pietra dell'invisibilità. La novella è interamente costruita sulla beffa e su una struttura ripetitiva, il tutto basato sull'efficacia e sulla forza della parola che in questo caso è l'elemento che permette lo svolgersi dei fatti e quindi l'esistenza stessa della novella. Infatti è mediante la parola che Calandrino viene ripetutamente ingannato. MOTTO vs BEFFA Il moto e la beffa sono due tecniche comunicative, entrambe basate sull'uso della parola, ma con funzioni differenti: 1. Motto → improntato sulla rapidità della parola che in poco tempo riesce a rovesciare le situazioni più difficili 2. Beffa improntato su una maggiore organizzazione e costruzione del discorso, che prevalgono sul risultato La novella di Calandrino e l'Elitropia si basa proprio sulla beffa. Tappe della beffa La beffa ha delle tappe precise: 1. OCCASIONE: offerta dal beffato con la sua ingenuità e vanità a. Bruno e Buffalmacco sono beffatori perché hanno fatto credere a Calandrino di non vederlo continuando a lanciargli dei sassi. Agiscono completamente come se Calandrino non ci fosse 2. IDEAZIONE: creazione di una strategia basata sulle aspettative e sulle debolezze del beffato 3. STRUMENTO: persone che mettono in atto la beffa a. In questo caso la piccola brigata formata da Bruno e Buffalmacco 4. SVOLGIMENTO: viene applicata la strategia ideata dai beffatori a. i componenti della brigata, così come i gabellieri alle porte della città, che fingono di non vedere Calandrino, facendogli credere di essere effettivamente invisibile. 5. CONCLUSIONE a. In questo caso consiste nell'annichilimento (annientamento psicologico) Questa divisione viene individuata dallo scrittore Alberto Asor Rosa. MESSAGGIO FINALE Alla fine il messaggio è che ognuno è causa dei propri mali; gli amici infatti alla fine, dicono che dato che le donne tolgono tutti i poteri magici alle pietre, avrebbe dovuto avvertire la moglie che aveva trovato l'elitropia in modo che ella gli stesse lontano. Le sequenze Dal punto di vista narrativo, la novella può essere divisa in 3 sequenze distinte: 1. Preliminari della beffa O Architettata da Maso del Saggio O Si svolge nel paesino di San Giovanni Prevale il dialogo 2. Svolgimento della beffa ricerca della pietra magica O In presenza dei beffatori Bruno e Buffalmacco Si svolge lungo il corso del fiume Mugnone Prevalgono azione e movimento O O 3. Conclusione della beffa → Calandrino ritorna a casa e scopre la falsità della pietra che aveva trovato O In presenza della moglie e dei due amici O Si svolge lungo il percorso che egli compie per ritornare a casa O Prevalgono l'azione e il movimento quando egli torna a casa e picchia la moglie, mentre il dialogo quando i due amici arrivano a casa e spiegano la situazione a Calandrino PRIMA SEQUENZA In questa sequenza troviamo Maso il Saggio che inventa la beffa nei confronti di Calandrino, inventando una realtà inverosimile e prendendosi altamente gioco di lui. Compare quindi il tema della PAROLA ILLUSIONISTICA che permette di creare una realtà parallela a quella effettuale. Questa realtà parallela si nota ad esempio dall'utilizzo di un'espressione che fa riferimento al paese di Bengodi, un paesino dell'immaginario comune caratterizzato da abbondanza e felicità (anche noto infatti come paese dell'abbondanza o paese della Cuccagna → Promessi Sposi). SECONDA SEQUENZA Nella seconda sequenza viene effettivamente messa in atto la beffa, precedentemente architettata. La beffa all'interno del Decameron assume un significato simbolico molto importante, in quanto rappresenta la massima manifestazione della virtù dell'INDUSTRIA tipica dei mercanti. Infatti affinché la beffa funzioni è necessaria: Intelligenza →valore centrale della civiltà mercantile Preparazione pratica Studio e calcolo accorto dell'inganno Abilità e prontezza Tutti valori che caratterizzano la nuova civiltà mercantile. INTELLIGENZA SENZA FINE A differenza dei mercanti tuttavia, i beffatori in questo caso utilizzano l'intelligenza non per un fine preciso, non per superare un ostacolo o una difficoltà ecc.... Essi utilizzano l'intelligenza come fine a sé stessa, in modo completamente gratuito e puro. LA CAPACITÀ DEMIURGICA DELL'UOMO Mediante la beffa l'uomo quindi è in grado di creare una realtà parallela a quella effettuale, in cui ha il completo controllo e dimostra un'onnipotenza divina. In questo senso egli diventa demiurgo ovvero fautore e regolatore di una realtà. Il tema dell'uomo come demiurgo nei confronti della realtà, sarà l'ideale centrale nel Rinascimento in cui appunto si vedrà l'uomo come centro assoluto del mondo. Quello della beffa non è quindi un topos comico e superficiale, ma risulta fondamentale per la visione del mondo degli uomini del Rinascimento. TERZA SEQUENZA Nella terza sequenza, ossia nella conclusione della beffa, si scoprono nuovi aspetti e caratteristiche di Calandrino. Egli infatti si mostra estremamente violento nel momento in cui picchia la moglie; questo atteggiamento tuttavia, si può intuire anche per il comportamento meschino che egli più di una volta dimostra nei confronti dei compagni. LA CONDANNA DI CALANDRINO Oltre al lato violento, si aggiunge anche la sua mentalità MISOGINA, che si scorge nel momento in cui afferma che le donne fanno perdere la virtù magica alle pietre. Essendo il Decameron dedicato proprio alle donne e alla loro felicità, con il personaggio di Calandrino, Boccaccio vuole fare una profonda critica a questi comportamenti. Il protagonista della novella diventa quindi un antieroe in quanto incarna in sé tutte le caratteristiche negative oggetto di critica dell'autore.